Il 2023 festeggia il 60° anniversario del marchio Lamborghini Automobili, dalla sua fondazione il 7 maggio 1963. A Sant’Agata Bolognese vide la luce la prima GT di Ferruccio, o quasi: perché la capostipite chiamata Lamborghini 350 GTV rimase un futuristico, e spesso dimenticato, prototipo.
Mentre si costruisce lo stabilimento di Sant’Agata Bolognese (1962) inizia lo sviluppo della vettura reclutando per parte meccanica e telaio gli ingegneri Giampaolo Dallara come direttore tecnico, Paolo Stanzani in qualità di suo brillante assistente e per il poderoso motore rigorosamente V12, Giotto Bizzarrini. Interessante notare come Dallara e Bizzarrini fossero entrambi validissimi ingegneri ex Ferrari.
Per il design della carrozzeria venne chiamato l’astro nascente Franco Scaglione, autentico fuoriclasse con un recente passato in Bertone (tra le tante la famiglia Alfa Romeo BAT, Giulietta Sprint e ATS 2500 GT) a coronamento di una squadra che deve progettare qualcosa di “spettacolare e originale”, ma anche raffinato, cosa che per il talentuoso Scaglione è un’invito a nozze.
Fra le poche indicazioni tecniche anche relative all’ingombro del motore, Ferruccio Lamborghini espresse il desiderio che la nuova nata evocasse le recenti Aston Martin DB4, Jaguar E-Type e Chevrolet Corvette Stingray, con l’idea di dare un respiro immediatamente moderno e internazionale alla sua idea di granturismo; lo stesso si incaricò di seguirne personalmente il disegno come assiduo supervisore, ma senza mai intervenire direttamente, lasciando fiducia e tutto lo spazio necessario al giovane Scaglione. È chiaro come quel primo passo nel mondo dell’auto fosse per lui importante ben oltre l’impegno economico.
Il tempo per lo sviluppo è davvero breve, Lamborghini vuole immediatamente presentarsi con la sua proposta all’immancabile Salone dell’Automobile di Torino del 1963.
Di li a poco viene definito un modello e successivamente un prototipo; questo sfoggia forme davvero mai viste, modellate non solo dalle richieste di Ferruccio ma sopratutto da quell’estrema cura per l’aerodinamica tipica delle vetture firmate Scaglione.
L’impostazione generale pur essendo quella tipica delle “berlinette”, ovvero con cofano lungo, abitacolo arretrato e sedili immediatamente davanti le ruote posteriori, è ricco di spunti assolutamente inediti: l’anteriore si presenta molto basso e tipicamente “picchiante”, con una presa d’aria inferiore a tutta larghezza solcata da una modanatura che percorre il curvo cofano. Quest’ultimo, alzandosi sul parafango, genera due “creste” che incorniciano i fari a scomparsa; creste che vengono accompagnate sul parafango dalla particolare curva a gomito che imposta i passaruota anteriori e da carattere alle fiancate. Il padiglione utilizza il profilo a goccia, con montanti anteriori ricurvi alla rovescia, e un parabrezza avvolgente che termina con un’ampio lunotto che poggia sulla parte più spiazzante della vettura, la coda: questa si presenta particolarmente squadrata al punto che ad un primo sguardo sembra quasi mal conciliarsi con le forme morbide che modellano il resto della vettura. Interessante notare come in un primo schizzo Franco Scaglione tratteggi una coda più morbida tra due piccole pinne.
La modifica verso una soluzione più ardita sarebbe da imputarsi alla richiesta di Ferruccio di spingersi ancora più avanti. Lo scolpito disegno prosegue con l’adozione di due parafanghi cromati angolari che si allungano sulle fiancate, mediante modanature che tagliano gli archi passaruota posteriori (semi carenati). Originali anche i sottili fanali a filo carrozzeria.
Il prototipo viene presentato in anteprima il 26 ottobre a Sant’Agata Bolognese in corrispondenza della presentazione alla stampa nazionale dello stabilimento produttivo, e qualche giorno prima del bagno di folla torinese (il 30 ottobre).
Chiamata Lamborghini 350 GTV era stata terminata da pochi giorni, al punto che arrivò in stabilimento la stessa mattina con il vano motore vuoto: non c’era stato il tempo di inserirlo all’interno della vettura confermandone gli ingombri (difatti i carburatori verticali si rivelarono troppo alti per il rastremato cofano). La macchina non fu affidata alla stampa per il primo test, che dunque fece affidamento al solo sguardo “da fermo” del motore, posizionato di fianco alla vettura su un secondo telaio. Questo è un V12 a 60° da 3.464 cc e 270 cv a 7.000 giri/min sistemato in posizione longitudinale con albero a camme in testa, 6 carburatori Weber doppio corpo, 24 valvole e lubrificazione a carter secco, abbinato ad un cambio manuale a 5 marce sincronizzate. In più quattro freni a disco e sospensioni indipendenti. È bene ricordare che inizialmente questo aveva una cilindrata di 3.497 cc per 360 cv a 8.000 giri/min che avrebbero assicurato una velocità massima di 280 km/h; specifiche troppo corsaiole per Ferruccio che desiderava una potente ma sfruttabile GT.
L’auto riscuote molto interesse e curiosità che però si trasforma ben presto in perplessità. L’avveniristica carrozzeria assemblata dalla Neri e Bonacini di Modena (che si occupò anche del telaio a tubi quadri) e tratteggiata da Franco Scaglione, spiazza per le sue caratteristiche. Non spaventato da questo primo impatto del pubblico, Lamborghini va avanti verso la messa in produzione compiendo un “passo di lato” facendo ritoccare la vettura dalla Carrozzeria Touring di Milano che ci regalerà la Lamborghini 350 GT nel 1964. Nonostante il sempre bellissimo disegno, si perderanno però gran parte di quegli elementi critici ma avveniristici che resero il prototipo un concentrato futuristico e radicale pieno di fascino e contraddizioni in uno spiazzante equilibrio. Il prototipo è oggi in perfette condizioni, e presso il Museo Ferruccio Lamborghini è conservato anche il prezioso modello che lo anticipò.
Autore: Federico Signorelli
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