Ci sono personaggi nella storia che vengono capiti appieno ed osannati solo molto tempo dopo aver abbandonato i contemporanei.
Portano con sé un’eredità troppo pesante, che necessita di un inventario lento, di una ponderazione collettiva, di un tempo sociale di elaborazione del lutto e del lascito. Sono i cosiddetti incompresi, quelli di cui si dice “erano troppo avanti rispetto ai tempi”. E poi ci sono personaggi, persone, protagonisti che il loro tempo lo fanno, lo determinano, lo plasmano a propria immagine e somiglianza. Eroi in vita, belli e buoni nel senso classico del termine, ma dal destino incerto una volta dipartiti. Spesso, dimenticati in tutta fretta.
Gianni Agnelli è stato uno di questi ultimi. Ai tempi della sua reggenza (la sua non era una semplice presidenza o proprietà, Agnelli per la Fabbrica Italiana Automobili Torino era un monarca, un padre, una guida, un simbolo) si diceva che “la Renault appartiene alla Francia, la Volkswagen non si sa di chi sia, l’Italia appartiene alla Fiat”. E dunque, per proprietà transitiva, a Gianni Agnelli. L‘Avvocato, chiamato così pur non essendo mai stato tale, ha rappresentato per decenni il nostro Paese all’estero: prima come icona di stile, protagonista del jet set internazionale, chiacchierato tombeur de femmes, con una vita da copertina tra feste, panfili, vetture sportive e gente che conta. Poi all’alba dei 45 anni come capitano d’industria, alla guida del più grande gruppo italiano a seguito del ventennale interregno di Vittorio Valletta.
Quando dieci anni fa, nella sua Villa Frescot, se ne andò una mattina di gennaio, aveva 81 anni e un’azienda di famiglia in profonda crisi. La camera ardente al Lingotto venne tenuta aperta un giorno in più, per permettere a tutti coloro che volevano porgere l’estremo saluto all’Avvocato di sfilargli davanti, in un infinito corteo di volti giunti là per i motivi più diversi. Il funerale nel Duomo di Torino, celebrato dall’allora Cardinale Severino Poletto, fu trasmesso in diretta televisiva e vide Cesare Romiti in piedi per tutta la durata della cerimonia, mesto e immobile al centro della chiesa, ritto come un soldato che rende omaggio al proprio capitano. Il clamore durò qualche mese, poi un silenzio lungo dieci anni, se si ignorano le tristi beghe relative all’eredità.
Il ritratto più delicato e forse più autentico di Gianni Agnelli è contenuto nel libro di Enzo Biagi “Il Signor Fiat. Una biografia”, uscito per la prima volta nel 1976 e poi aggiornato con le interviste successive che l’imprenditore concesse sino all’alba degli anni 2000. Lasciamo al celebre giornalista e scrittore la memoria dell’uomo, consci che non è questo il luogo per raccontare una figura così complessa. In questi giorni poi le rievocazioni si sprecano, così come gli omaggi e le critiche. Autoappassionati.it vuole invece raccontare l’Avvocato attraverso le sue automobili, perché la passione per le quattro ruote è al centro del nostro lavoro e perché questa passione di certo non mancava al padrone della Fiat.
Storie, mostre e un tour alla ricerca del vero Avvocato
Nel corso dei prossimi mesi vi racconteremo delle vetture appartenute a Gianni Agnelli, dei pezzi unici commissionati a Pininfarina o a Zagato, delle sue avventure motoristiche, delle stravaganze e dei gusti automobilistici del Signor Fiat. Vi porteremo dentro al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, che allestirà una mostra monografica dedicata all’Avvocato, con documenti, cimeli, immagini e automobili di proprietà del Gruppo Fiat e della famiglia. E infine, a bordo di una vettura del Reparto Storiche Fiat, percorreremo i luoghi più importanti nella storia della Fiat e di Gianni Agnelli in persona. Il Lingotto, Mirafiori, la prima casa in Corso Matteotti raccontata dalla sorella Susanna nel libro “Vestivamo alla marinara”, Villa Frescot, Villar Perosa e tanti altri nomi ricorrenti nelle cronache del passato. L’Avvocato visto dal finestrino di una sua vettura. Un omaggio rombante e vitale ad un uomo che ha vissuto al massimo, anche la sua passione per le automobili.