La recente dipartita del manager globale, epiteto con il quale noi e il resto della stampa specializzata abbiamo voluto ricordarlo nel giorno della sua morte, ha segnato e continua a segnare un grosso interrogativo per quello che sarà il futuro del Gruppo FCA sia dal punto di vista economico, dopo il positivo azzeramento del debito annunciato nella sua penultima apparizione pubblica e, sportivamente, sia per quanto riguarda il futuro che attenderà la Ferrari stessa da lui condotta e la creatura della quale andava tanto orgoglioso, il team Alfa Romeo Sauber.
Sebbene la Sauber esista già da molti anni, è stato proprio il manager italo-canadese scomparso all’età di 66 anni a volere fortemente il ritorno di Alfa Romeo alle corse, quelle vere, per onorare un passato glorioso. È vero anche che di Alfa Romeo è tornato in sostanza non più di un adesivo, come hanno amato ripetere in tanti e come amiamo ripetere anche noi, ma la suggestione a volte supera la realtà e l’effetto di rivedere il biscione così coinvolto nella massima serie dell’automobilismo si è rivelata una grandissima mossa di marketing, almeno in questa prima fase.
Sì perchè lo stesso Marchionne, il quale definì “una figata” il ritorno di Alfa Romeo in F1 nel dicembre scorso durante la presentazione della partnership in quel di Arese, aveva ben chiaro in mente, da visionario qual era, che cosa sarebbe successo nei prossimi anni di questa fortunata partnership. Forse, in cuor suo, sapeva anche di essere condannato a una vita breve, specie dopo le dichiarazioni dell’ospedale di Zurigo circa una malattia dalla quale ha cercato invano di curarsi per un anno.
L’effetto voluto da quella che abbiamo chiamato “prima fase” è stato pienamente ricompensato dall’attenzione mediatica che l’alleanza tra FCA e il team svizzero ha scatenato nell’ambiente, tanto che con una situazione finanziaria stabile e due piloti, specie Leclerc, sulla cresta dell’onda, sono arrivati i primi risultati importanti dopo anni bui e la relativa copertura mediatica con il grosso logo del Biscione sul cofano motore delle C37 bianco-rosse, sempre più riprese dalle telecamere di Liberty Media.
Dietro la precisa volontà di accrescere la sua influenza contro lo strapotere delle case inglesi (Mercedes, comparabile alla Ferrari per peso politico, corre con licenza tedesca ma è di stanza a Brackley, uno sputo da Silverstone) Marchionne voleva estendere la sua capacità persuasiva grazie alla partnership con i team satelliti della Ferrari, di cui era presidente prima dell’incarico conferito a John Elkann. Si vocifera che anche con Haas F1 Team, cliente della Casa di Maranello dal 2016, avrebbe voluto ripetere un’operazione simile, portando il tridente Maserati sul cofano delle vetture americane nonostante il proprietario Gene Haas non fosse troppo convinto dell’idea, che avrebbe così rubato spazio e glamour al suo marchio produttore di macchine a controllo numerico.
Una precisa mossa politica nei confronti di Liberty Media, neo proprietari dei diritti commerciali del grande Circus, contro la quale dichiarò più volte guerra aperta, affondando il colpo non più tardi dell’ultimo Salone di Ginevra dichiarando che quelli di Libery Media non capivano nulla di tecnica! Solo lui, dall’alto della sua carica, avrebbe potuto sferrare un attacco così, con quel linguaggio simbolo di uno stile unico che sarà difficile replicare in futuro.
Con il controllo di tre scuderie, tra le quali LA scuderia per eccellenza, il peso politico in fase decisionale, specie in vicinanza della scadenza del patto della Concordia sottoscritto con Ecclestone, nel 2020, sarebbe stato decisamente maggiore. Anche su questo fronte la Ferrari, nonostante nelle segrete stanze molto è già stato deciso sul futuro post 2020, si troverà isolata, sia perché il nuovo CEO Camilleri non è Marchionne sia perché il neo presidente Elkann…non è Marchionne.
Ora che il manager ex presidente della Ferrari ci ha lasciato un grosso punto interrogativo si staglia soprattutto sul futuro del team Alfa Romeo Sauber, essendo la Ferrari una realtà a sè. Un po’ perché il nuovo CEO Manley, proveniente da Jeep, potrebbe dirottare gli investimenti sul quanto mai necessario rinnovamento del parco auto di FCA tutta, non solo di Jeep e Alfa Romeo che corrono a doppia cifra sui mercati.
Un po’ perché Marchionne si stava veramente affezionando alla sua creatura, tanto che c’è chi sostiene, lui non l’ha mai ammesso, che finito il suo ruolo di presidente e A.D. di FCA nel 2019 si sarebbe dedicato anima e corpo sì alla Ferrari, come da lui timidamente annunciato ai collaboratori più stretti, ma anche alla Sauber. Frequenti erano le sue visite a Hinwill, distante appena 30 km dall’aeroporto di Zurigo, per controllare di persona il progresso del team a lui che era un preciso cronico.
Il rilancio del Marchio, dopo l’arrivo di Giulia e Stelvio, nella testa del manager passava di diritto dalla prima fila del motorsport, la Formula 1: solo così il Biscione avrebbe potuto avere il necessario risalto globale sulle piste di tutto il mondo, una bella mossa per vendere più Giulia, Stelvio e i futuri modelli su tutti i mercati grazie al risalto mondiale del campionato.
Inoltre è utile notare le sfumature future della partnership tra Ferrari e Sauber, dopo anni di collaborazione interrotti solo dall’esperienza con BMW sul finire del decennio scorso. Recentemente Simone Resta, ex capo progettista della rossa, ha preso servizio proprio a Hinwill per mettere mano al lavoro della C38 che vedremo il prossimo anno.
Sempre nelle idee del manager chietino la collaborazione si sarebbe dovuta trasformare in più di un mero adesivo appiccato sul cofano, come avviene d’altro canto da ben tre anni già sulla Ferrari. Il travaso di tecnici e tecnologia avrebbe davvero reso la Sauber il team satellite della rossa e allo stesso tempo la squadra B dove allevare piloti e sperimentare tecnologie, sull’esempio di Toro Rosso e Red Bull. Oggi sta avvenendo con Charles Leclerc, dato per molti come erede naturale di Raikkonen alla Ferrari, il domani avrebbe riservato sorprese.
Continuiamo a usare il condizionale perché il dubbio è lecito. La proprietà del team Alfa Romeo Sauber, in mano a una finanziaria riconducibile alla svedese Tetrapak (dalla quale deriva il coinvolgimento del pilota Marcus Ericsson), ha ora le carte in regola per sviluppare l’auto e investire sul team, quindi il futuro rimane promettente. Resta da capire se la nuova dirigenza FCA vorrà continuare così o dirottare le proprie rotte su altri lidi, mantenendo però “l’adesivo” sul cofano delle vetture svizzeri senza ulteriori sviluppi.
Noi crediamo che, così come per la Ferrari, anche Alfa Romeo, ora con un semplice sitcker, domani qualcosa in più, si meriti fermamente un posto, anzi due, su quella griglia di partenza così blasonata, così come d’altronde non possono mancare Mercedes, Renault, magari un giorno Maserati in partnership con Haas, come in cuor suo desiderava l’ex presidente scomparso il 25 luglio scorso. Insomma ci siamo capiti? Nomi che hanno fatto la storia della categoria. Sergio, da lassù, pensaci tu.
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