Correva l’anno 1983, era precisamente un freddo 19 gennaio, quando dall’altra parte del mondo, nella base NASA di Cape Canaveral venivano tolti i veli per la prima volta ai primi due di 9 milioni di esemplari di Fiat Uno venduti. Come suggerivano i razzi dietro alle vetture esposte nelle foto stampa, questo sarebbe stato il punto di partenza per un successo di proporzioni planetarie (ma non fu certo commercializzata in tutto il mondo).
La Fiat Uno nacque per sostituire la 127 dopo 12 anni di trionfo nelle classifiche di vendita per il mercato italiano. Da grandi poteri derivavano grandi responsabilità: la Uno era nata per diventare la best seller.
Oggi potrebbe far sorridere, ma all’epoca il Cx era invidiabile tra le berline due volumi, seppur gli argomenti di vendita nelle trattative si concentravano sulla possibilità di ordinarla con 5 porte e, nel 1984, sul fatto che fosse stata eletta auto dell’anno. 15 colori, 5 metallizzati e una gamma motori particolarmente gustosa per la maggior parte dei palati con il 900 cm3 da 45 CV (in dote alla 127), il 1.1 l da 55 CV e il 1.3 l da 68 della Uno S. Un anno più tardi la gamma si arricchì del 1.3 l diesel da 45 CV.
Le forme comunicavano semplicità e pragmatismo, due attributi cari agli acquirenti del tempo che cercavano auto spaziose e comode per andare da A a B senza spendere vagonate di lire.
Con il tempo si moltiplicarono le versioni in virtù delle variazioni nella gamma motori.
A partire dal suo secondo anno di vita, la Uno abbandonò il 900 della 127 in favore di un 1.0 l Fire di pari potenza, ma con rendimenti non paragonabili quanto a consumi ed elasticità. Insieme a questo venne introdotto il carburatore sulla Uno 55 che, grazie ai 3 CV guadagnati, divenne Uno 60. L’allestimento top di gamma, il Super Lusso (SL) prevedeva inoltre alzacristalli elettrici e chiusura centralizzata, dotazioni presto destinate a diventare di serie, lasciando agli allestimenti superiori il quadro strumenti digitale ed i rivestimenti in alcantara. Noblesse Oblige: a queste chicche si aggiunse la versione Turbo i.e., la più preformante Fiat Uno il cui 1.3 l faceva del sistema di iniezione elettronica, dell’intercooler e del nuovo turbocompressore i suoi assi nella manica per conquistare un’allegra gioventù amante dei suoi 105 CV, dello 0-100 km/h in poco più di 8 s e della velocità di punta che rasentava i 200 all’ora. Per gestire il tutto non mancava un impianto frenante opportunamente dimensionato, l’assetto irrigidito e la gommatura con spalla più bassa.
I risultati commerciali non si fecero certo attendere: in appena due anni vennero immatricolate 1 milione di Uno. La quota 3 milioni venne raggiunta nel 1988, anche grazie all’arrivo della Uno Turbo D (con il suo 1.4 l da 70 CV), della Fiat Uno 60 Selecta, la prima con trasmissione automatica (a variazione continua) e la D60, un’altra variante a gasolio equipaggiata con un nuovo propulsore da 1.7 l che venne per un primo periodo commercializzato solo all’estero.
A cavallo degli anni ’90 Fiat decise di regalare alla Fiat Uno un restyling di sostanza, un meritato regalo per il suo successo. Più aerodinamica e moderna, sposava un primo accenno di minimalismo con il quale la calandra venne ridotta nelle dimensioni, i fari resi più sottili, il paraurti irrobustiti, i cerchi e le coppe-ruota ridisegnate e l’aerodinamica affinata (e di parecchio, anche se le forme non sembrano testimoniarlo).
Venne confermato il cambio CVT che in pochi scelsero, affidando alla leva e al pedale le scalate per gestire i propulsori a gasolio e a benzina. In un primo momento la seconda generazione di Fiat Uno si poteva scegliere con il 1.100 Fire della Tipo (57 CV), il 1.000 alimentato a benzina senza piombo ed il 1.4 ad iniezione elettronica della 70 ie.
Venne aggiornato anche il propulsore della pepata Turbo i.e. in grado di sviluppare ben 116 CV finchè il depotenziamento dovuto all’installazione del catalizzatore non ne ridusse la potenza a 111. Non furono certo quei 5 CV di differenza a ridurre l’interesse degli appassionati della più iconica delle Uno. Il look affascinante dei cerchi racing, delle prese d’aria dell’intercooler e delle linee rosse a contrasto con la carrozzeria era irresistibile quanto le prestazioni abbinate alla leggerezza. Il tutto era manovrabile con uno sportivo volante il pelle a tre razze posizionato di fronte a dei sedili un po’ più profilati.
Dall’altra sponda dello stesso rio, c’era la Uno da lavoro, la più umile e spaziosa della gamma: la Fiat Uno Van, da subito equipaggiata con il 1.7 l diesel che venne introdotto in italia proprio con la seconda generazione di Uno, alla quale spettò il compito di importarlo nello Stivale dal Sudamerica (dove già veniva montato sulle vetture del 1988.
Fino al 1995 si aggiunsero e sostituirono versioni, allestimenti e motorizzazioni della Fiat Uno, presto destinata a sparire dai listini italiani passando il testimone alla neonata Punto, con la quale divise le pagine delle brochures per ben due anni prima dell’addio definitivo.
Passò un po’ in sordina quello che fu il destino della Fiat Uno, ormai confinata ai mercati dei paesi emergenti dopo la guerra fredda, dove le Fiat ebbero e tutt’ora hanno un notevole successo. Dopo aver rappresentato per oltre 10 anni la berlina due volumi compatta italiana, la Fiat Uno divenne una sorta di Crossover-Wagon rialzata (battezzata Mille) per il Sudamerica, il Sudafrica ed in misura minore in oriente (soprattutto in India).
Per quanto le logiche estetiche e commerciali non si discostassero molto da quelle europee, che la vedono di fatto simile alle varie Punto e Fiorino di quegli anni, la dotazione era più scarna e basilare, il che costò a questo longevo progetto la chiusura definitiva nel 2014 (con l’edizione speciale Grazie Mille), quando in Brasile divennero obbligatori alcuni indispensabili dispositivi di sicurezza come l’airbag e l’ABS.
Nemmeno il cambio di normative buttò giù la Fiat Uno, che anzi, rimase la star Italiana del Sudamerica con nuove versioni ispirate alla Panda europea, familiarità ben più percettibile sull’ultima generazione del 2016, poi rinnovata ulteriormente nel 2021 con la Uno Ciao (foto sopra), edizione limitata nonché capitolo conclusivo di una lunga storia che molti italiani (tra cui il sottoscritto che ci ha imparato a guidare) possono ancora ricordare con una notevole dose di romanticismo, soprattutto grazie ad un fitto elenco di versioni speciali.
Ripercorrendo la lunga carriera della Fiat Uno è facile imbattersi in numerose edizioni speciali realizzate da un sempre organizzatissimo reparto marketing della Casa. Partendo dalle Uno Turbo, su cui ci siamo già dilungati, possiamo spingerci verso la fuga offerta dal vento tra i capelli che passava dal tettuccio apribile della Uno Folk by Moretti, l’unica versione prodotta con la capote in tela.
Se invece desideriamo soffermarci su un poderoso passaggio dalla 3° alla 4° è bene considerare la Giannini Torino, un’elaborazione realizzata sulla base della Uno Turbo con un paraurti verniciato e sagomato ed una turbina Garrett che portava la potenza del motore originale a 148 CV, nulla se paragonato alla Uno Extreme by Langerberg, l’unica (ovviamente non ufficiale) ad aver toccato i 300 CV di potenza con la turbocompressione e un notevole alleggerimento che ha lasciato spazio solo a qualche vistosissimo spoiler rosso su una livrea rossa e gialla poco immortalata dai carspotter.
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