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Alfa Romeo Station Wagon: le più belle di sempre

Tempo di lettura: 4 minuti

In un mondo in cui la seduta si fa sempre più alta, il mercato delle station wagon è sempre più ristretto. A credere in un simile prodotto, dopo l’età dell’oro “ante Qashqai”, sembrano essere solo i costruttori tedeschi (oltre le affiliate del gruppo Volkswagen, le Volvo, la Toyota Corolla o Suzuki Swace a seconda del badge sul cofano e poche altre, tra cui Dacia Jogger e le varie Ford Focus, Kia Ceed e Subaru Outback), sempre pronti a sfornare berline con il baule di ogni tipo. C’è stato un tempo, però, in cui anche un altro costruttore guardava con interesse a questo tipo di carrozzeria…vediamo, e conosciamo, le più belle Alfa Romeo Station Wagon di sempre.

Partendo dalle station wagon vere e proprie (Passat, A4, A6, Serie 3 e serie 5 Touring, Mercedes Classe C e Classe E), passando alle più compatte derivate dalle segmento C (Golf Variant per rimanere in Germania), le edizioni “rialzate” (Allroad, All Terrain e Alltrack), le Shooting Brake e poi, dulcis in fundo, le station wagon sportive, rappresentate dalle famiglie RS, AMG e M. L’ultima ad essere prepotentemente rientrata in pista, o quanto meno sul mercato, è proprio la M3 Touring, quella che molti italiani avrebbero voluto veder competere con un’eventuale Alfa Romeo Giulia Sportwagon, destinata a non arrivare mai.

Ecco, nella galassia Stellantis di station wagon ne sono rimaste poche, derivate tutte dalle relative compatte (Fiat Tipo, Opel Astra e Peugeot 308), ma, prima che la gamma Alfa si riducesse a tre modelli, anche da Arese uscivano delle sportive degne di essere confrontate con le omologhe tedesche: ecco le più iconiche della storia di Alfa Romeo.

Post Scriptum: la Porsche Panamera fa storia a sé.

Alfasud Giardinetta

Era il 1975 e, sotto il caldo sole estivo, si viaggiava in famiglia sulla prima familiare “di massa” del Biscione, una compatta tre porte che un po’, all’epoca, ricordava un’auto da lavoro, quella che oggi chiameremmo “van” con quel suo pianale di carico in finto legno. Il suo successo commerciale fu scarso, ma d’altro canto era una pioniera in Italia, un paese in cui fino agli anni ’80 le station non venivano ancora capite, e l’Alfasud era vista solo come una coupé.

Alfa Romeo 33 Giardinetta

Ed è proprio negli anni ’80, precisamente nel 1983, che Alfa Romeo ci riprova e manda sul campo la 33 Giardinetta. La due volumi “e mezzo” era piaciuta agli italiani, e, questa volta, anche la Giardinetta. Che il suo successo fosse dovuto anche alla firma di Pininfarina è fuori di dubbio.

Il badge dell’atelier posto sul montante, infatti, le dava un tono, un carattere premium diremmo oggi, che conquistava anche i più “borghesi” e attenti allo stile, ma in generale la linea dell’auto era molto meno campagnola e più figlia dei suoi tempi, più modaiola, come testimoniava l’allestimento interno più raffinato.

Una curiosità: l’Alfa Romeo 33 Giardinetta è a suo modo una Allroad in erba: già nell’anno del debutto venne presentata anche una variante con trazione integrale (ad inserimento manuale) e i fascioni scuri a proteggere la parte inferiore della carrozzeria. Con questa vettura, chi fino ad allora era costretto ad affidarsi agli scomodi fuoristrada del tempo, aveva un’alternativa più maneggevole e comoda per affrontare la stagione sciistica, le nevicate e le strade troppo impegnative per le altre berline.

Nel 1990, l’Alfa Romeo 33 Giardinetta subisce un importante restyling che la battezzerà Sportwagon, il primo passo verso l’ultima breve era moderna.

Alfa Romeo 156 Sportwagon

Finisce nel 1996 la produzione della 33 Sportwagon e, dopo quattro anni d’assenza dai listini, nel 2000, torna un’Alfa con il baule. La prescelta questa volta è l’amatissima 156, il simbolo delle berline italiane del tempo, un’auto che, nella sua variante Sportwagon viene definita un gioiello dalla casa di Arese. A distinguerla dalle competitor d’Oltralpe, oltre al prestigio del Biscione, è anche il bagagliaio. Paradossalmente, infatti, la cubatura è inferiore a quanto dichiarato per la sua controparte berlina, ma l’accessibilità e la praticità non temono paragone. Il portellone integra anche una parte del tetto per agevolare il carico\scarico, mentre il divano posteriore frazionato abbattibile permette nuovi canoni di gestione degli spazi (specie per trasportare quei mobili impacchettati in Svezia dentro alle scatole piatte vendute nello Stivale a partire dal 1989).

Nel 2002 arriva un importante restyling per l’intera gamma 156. La plancia viene profondamente rinnovata e spunta il primo computer di bordo, mentre sotto il cofano ecco arrivare i primi motori JTS e JTD, ma soprattutto ecco la prima station wagon sportiva vera e propria di Alfa Romeo. Ecco la 156 GTA Sportwagon. La Gran Turismo Alleggerita torna a gamba tesa nelle concessionarie con l’amato V6 Busso da 3.2 l e 250 CV ed i cerchi da 17” a telefono.

L’anno dopo il progetto 156 incontra la matita di Giorgetto Giugiaro (che si firma con un badge “Design Giugiaro” come fecero i colleghi dell’Atelier Pininfarina), incaricato di ammodernarne la linea andando poi di fatto ad anticipare la sua prossima creatura: la 159. Con il suo nuovo 2.4 l 5 cilindri turbodiesel da 175 CV (affiancato in gamma da un più pacato 1.9 JTD da 150 CV) la 156 Sportwagon vede crescere la sua indole da passista, la quale culminerà con la variante Q4 Crosswagon, quella con trazione integrale, triplo differenziale (con centrale Torsen autobloccante) e, soprattutto, un assetto più alto da terra (chi non lo desiderò potè contare sulla presenza a listino di una semplice 156 Q4).

Alfa Romeo 159 Sportwagon

Prima della Giulia, della Stelvio e della Tonale, nel 2006, quando si diceva Alfa Romeo si pensava alla 159. Vuoi per il numero degli esemplari venduti e le numerosissime “Gazzelle” delle forze dell’ordine, la 159 diventa presto un simbolo di italianità che dà fastidio agli altri costruttori. La sua competitività passa anche per le dimensioni più generose della 156 Sportwagon: i 22 cm di lunghezza aggiuntivi (per un complessivo di 4.66 m) si sentono, si vedono e si vivono, soprattutto negli 80 l di bagagliaio in più.

Questa volta Alfa la propone subito anche con la trazione integrale Q4 e motorizzazioni all’altezza, tra le quali spiccano il 3.2 l JTS V6 da 260 CV e il 2.4 JTDm da 210 CV abbinati ad un assetto giusto per garantire la sportività degna del Biscione, un altro punto che la fece (e la fa) amare così tanto.

La produzione della 159 Sportwagon termina nel 2011. La carriera meno longeva ferma l’immatricolato al di sotto della “mamma” 156 a quota 247.661 (confronto ai 673.435 della 156) ma l’assenza di una vera e propria erede al trono di Sportwagon (che potremmo attribuire indegnamente alla Stelvio), oltre alla linea più accattivante e moderna, rendono la 159 la più ricercata delle station wagon di Arese, l’ultima delle familiari sportive italiane ad aver lottato contro le temute tedesche.

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