Va via definitivamente il P.R.A., il pubblico registro automobilistico, e al suo posto l’archivio dei beni mobili registrati (automobili, motocicli, ecc.) sarà gestito dalla Motorizzazione. Inoltre, sarà sufficiente la carta di circolazione ad attestare la proprietà del mezzo.
È questo l’effetto della riforma sulla pubblica amministrazione approvata quest’estate.
Dunque, per veicoli e rimorchi ci dovrebbe essere, finalmente, un archivio unico, al netto di quelli tenuti dalle Regioni per il bollo auto, destinati a restare.
L’accorpamento delle funzioni potrebbe comportare un grosso risparmio di spesa pubblica su personale e immobili.
La legge non dice molto altro e, sicuramente, ne sapremo di più solo quando usciranno i decreti legislativi che avranno il compito di attuare le nuove disposizioni: decreti che spetterà al Governo adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della riforma.
Cancellazione del P.R.A. e del certificato di proprietà
In verità, a cambiare è più che altro l’aspetto burocratico della tenuta della documentazione sui beni mobili registrati, ma non la loro qualità, che rimarrà la stessa: dunque, auto e moto saranno ugualmente soggette a ipoteca, al fermo di Equitalia, alla dichiarazione di vendita nel caso di veicoli nuovi e all’atto di vendita per quelli invece usati. In questi ultimi due casi, resta anche necessaria l’autentica della firma, che può fare un notaio, qualsiasi altro dipendente pubblico come il personale della Motorizzazione o degli uffici comunali, e persino un privato come i responsabili delle agenzie di pratiche auto.
Con l’abolizione del P.R.A. sparirà anche il documento che tale ente rilasciava, ossia il certificato di proprietà. Già dalla fine del 2013 si parlava di un documento unico.
Dal punto di vista pratico, però, cambia poco: la carta di circolazione (continuerà a dover essere tenuta a bordo) certificherà anche la proprietà del mezzo.
Quanto all’Ipt (Imposta Provinciale di Trascrizione), che attualmente paghiamo sulle nuove immatricolazioni e sui passaggi di proprietà dell’usato, già l’anno scorso il Governo ne aveva promesso l’abolizione, progetto poi abbandonato per mancanza di copertura economica.