Curiosità

7 auto che hanno salvato i loro marchi dalla bancarotta certa

Tempo di lettura: 4 minuti

La lunga storia dell’automobilismo mondiale ha visto tantissime case automobilistiche nascere e morire. Molte di loro sono state acquisite, molte altre sono semplicemente scomparse, un numero inferiore è stato smantellato e venduto a pezzi. Tuttavia, la storia non è stata clemente neanche con alcuni grandi marchi odierni, talmente diffusi da sembrare incrollabili. Esistono delle vetture che grazie a una serie di fortunate coincidenze, o iniezione di capitali, sono riuscite a rimettere in piedi un’intera casa automobilistica.

Scopriamo insieme 7 auto che hanno salvato i propri marchi.

Porsche Boxster

Se chiedete all’uomo della strada se esiste una vettura che abbia risollevato le sorti di Porsche, quest’ultimo vi risponderà senza ombra di dubbio: Cayenne. Certamente il primo SUV del marchio tedesco ha permesso di rimpolpare le casse e proiettare la casa nel nuovo millennio con la forza che conosciamo oggi. Tuttavia la Cayenne non avrebbe mai potuto ricevere i giusti finanziamenti se non fosse stata pensata prima l’intramontabile Boxster. Nel 1993 Porsche aveva venduto solo 14.000 vetture, troppo poche per un marchio del suo calibro. Così si inizio a guardare con meno sospetto vetture più piccole, leggere e meno costose sia da vendere che da produrre. Così venne pensata la prima Boxster, un successo immediato che prosegue ancora oggi.

Bentley Continental GT

Bentley nonostante le nobili origini fu a suo malgrado per tanti anni solo un marchio minore della casa madre Rolls-Royce, la quale come unico elemento riconoscibile rispetto alle sue vetture garantiva esclusivamente la tipica calandra arrotondata sormontata dal marchio della flying B. Una strategia del genere non poteva certamente essere reiterata all’infinito, cosi nel 1998 la casa fu integralmente acquisita dal gruppo Volkswagen. Con un investimento immediato di 2 miliardi di euro la nuova amministrazione progetto la Continental GT biturbo con il poderoso motore W12. Anche in questo caso il successo fu clamoroso, la fabbrica nonostante fosse stata aggiornata per produrre più velocemente le auto non riusciva a star dietro alla richiesta, così che la versione a quattro porte fu prodotta in Germania sulla stessa linea produttiva della poco apprezzata Volkswagen Pheaton.

Volvo XC90

Volvo XC90 B5

Senza se e senza ma, la XC90 è stata una vera salvatrice per Volvo per ben due volte nella storia del marchio Svedese. La prima volta accadde nel 2002 quando Volvo era sotto la proprietà americana di Ford. In quel periodo berline e wagon, da sempre core business del marchio, stavano perdendo appeal e serviva qualcosa di nuovo che stimolasse le vendite.

La XC90 ha salvato Volvo due volte. La prima volta era sotto la proprietà di Ford nel 2002. Il gruppo automobilistico di Volvo aveva solo berline e station wagon nel suo elenco e il Gruppo Volvo decise che doveva concentrarsi sui suoi veicoli commerciali. Le berline e i vagoni stavano cadendo in disgrazia e Ford sapeva che Volvo aveva bisogno di andare sul mercato esclusivo e produrre SUV. Appena uscita dal cancello, la XC90 ha vinto il premio North American Car of the Year, Sport / Utility of the Year 2003 della rivista Motor Trend e Jeremy Clarkson di Top Gear ha deciso che era così pratico avere figli che ne possedeva uno.

Lamborgini Gallardo

Nel 1994 Lamborghini vendette solo furono 248 vetture, l’anno successivo furono quaranta in meno, la situazione si rese presto insostenibile e nel 1998 la casa fu acquisita dall’Audi. Il primo progetto in cantiere fu quello della necessaria sostituta della Diablo, ovvero la bella e amata Murcielago presentata ne 2001. A salvare le sorti e il conto in banca dell’azienda fu però la Gallardo, la “piccola” con il motore V10. La Lamborghini Gallardo vide la luce nel 2003 ed è stata venduta in 35 versioni per oltre 10 anni vendendo 14.022 esemplari, senza se e senza ma la Lamborghini più di successo della storia. Da quel momento la storia del marchio emiliano è stata ricca di successi commerciali, le sinergie con il gruppo Audi e Volkswagen hanno permesso una sensibile riduzione dei costi senza mai perdere l’anima del Toro.

Aston Martin DB7

Negli anni ’90, l’Aston Martin era in un momento di crisi d’identità, nonostante un heritage e una storia del design incredibile, la casa arrancava a lanciarsi nel nuovo millennio. Entra di nuovo in gioco Ford con l’aiuto del designer Ian Callum. In quegli anni si stava sviluppando la nuova XJS di Jaguar, ma Ford era preoccupata per gli alti costi di sviluppo e la priorità in quel momento era migliorare l’affidabilità delle vetture. Così il progetto fu accantonato, tuttavia il design del prototipo XJ41 era incredibilmente affascinante, troppo per essere buttato via. Così venne ingaggiato nuovamente Ian Callum per trasformare la bella Jaguar prototipo in una superba da produrre, con quale marchio? Aston Martin ovviamente, anch’esso parte della galassia Ford. La DB7 è stato un successo immediato e ha subito riaffermato Aston Martin come un marchio capace di abbinare stile, prestazioni ed eleganza.

Volkswagen Golf

Volkswagen è i primo produttore mondiale di automobili, con una pletora di marchi sotto il suo controllo e fatturato da capogiro. Tuttavia la storia dell’Auto del popolo non è stata sempre rose e fiori. Negli anni ’60 il marchio si crogiolava nel successo commerciale del Maggiolino senza accorgersi che l’auto era ormai vetusta e le concorrenti sempre più agguerrite. La bancarotta era davvero incombente e nonostante la Passat, nella casse del marchio servivano introiti ben più cospicui. Il Successo sperato arrivò con la prima generazione di Volkswagen Golf, la nuova piattaforma a trazione anteriore e il motore a quattro cilindri in linea furono una garanzia, l’auto era comoda e pratica ma anche bella da guardare. Il disegno fu affidato dal leggendario Giorgetto Giugiaro che disegno per l’occasione una delle auto più iconiche della storia.

Nissan Qashqai

Alle porte del nuovo millennio anche Nissan si trovava in cattive acque. Gli impianti di produzione lavoravano alla metà della capacita produttiva e i costi erano alti. Le vendite non erano basse, ma i guadagni erano miseri. Serviva un’auto dai grandi volumi che abbassasse i costi di produzione e aumentasse i margini. L’intuizione fu quella di sfruttare le sinergie con Renault per creare un’auto diversa, a quel tempo perfino folle. Nel 2006 arriva sul mercato la Nissan Qashqai, la madre di tutti i crossover, la prima SUV a trazione anteriore che trasformava le forme da fuoristrada in puro vezzo stilistico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, in tre generazioni sono state vendute un numero enorme di vetture in tutto il mondo, dall’Europa agli USA dove è venduta sotto il nome di Rogue Sport.

Adriano Cacciola

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Adriano Cacciola

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