Il caso degli airbag Takata si arricchisce di un nuovo e inquietante capitolo. L’associazione francese UFC-Que Choisir, da anni in prima linea nella difesa dei consumatori, ha presentato una nuova denuncia contro quattro colossi dell’automotive: BMW, Volkswagen (con i marchi Audi, Seat, Skoda), Mercedes-Benz e Toyota (inclusi Lexus e Subaru). Al centro dell’accusa, una gestione ritenuta inadeguata e tardiva di un rischio noto da oltre un decennio: airbag potenzialmente letali ancora presenti su milioni di veicoli.
Un rischio mortale noto e sottovalutato
Gli airbag difettosi prodotti da Takata sono coinvolti in uno dei più gravi scandali di sicurezza nella storia dell’automobile. Il loro funzionamento anomalo può provocare l’esplosione del generatore di gas, proiettando schegge metalliche all’interno dell’abitacolo. Un pericolo conosciuto da anni e che ha già causato centinaia di feriti e decine di vittime nel mondo, l’ultima delle quali è deceduta a marzo 2025 in Guadalupa, a bordo di una Toyota.
Nonostante l’estrema gravità, UFC-Que Choisir accusa i costruttori di aver agito con negligenza, avviando richiami troppo lenti, imprecisi e insufficienti, spesso sotto la sola pressione mediatica.
Denunce pesanti: omissioni, comunicazioni ambigue e richiami tardivi
Tra i punti più gravi sollevati nella denuncia:
- Assenza di richiami "stop-drive" per i veicoli a rischio, ad eccezione di Volkswagen, che ha agito solo dal 14 febbraio 2025 e senza una vera campagna pubblica.
- Richiami parziali e limitati, come quelli lanciati da Mercedes (2020) e Toyota (2022), che hanno interessato solo una minima parte dei veicoli coinvolti.
- Messaggi fuorvianti agli automobilisti, nei quali si parla genericamente di “effetto protettivo non garantito” o “rischio di lesioni”, senza indicare chiaramente la possibilità concreta di morte.
- Installazione di airbag Takata proseguita fino al 2020 su alcuni modelli, nonostante fossero già in corso campagne di richiamo altrove.
L’accusa è chiara: si tratta non solo di pratiche commerciali scorrette, ma anche di una vera e propria messa in pericolo deliberata della vita altrui.
Un silenzio inaccettabile
"Milioni di automobilisti sono stati — e sono tuttora — esposti a un pericolo di morte senza che i costruttori si siano mai presi la responsabilità di informarli chiaramente", afferma Marie-Amandine Stévenin, presidente dell’UFC-Que Choisir. Secondo l’associazione, le case automobilistiche avrebbero privilegiato l’immagine e i costi a discapito della sicurezza dei clienti.
E la critica si allarga anche alle istituzioni pubbliche, accusate di aver tollerato troppo a lungo le lacune legislative e i ritardi nei controlli, permettendo la circolazione di veicoli potenzialmente letali.
Verso una commissione d’inchiesta parlamentare?
Alla luce della gravità della situazione, l’UFC-Que Choisir rinnova la richiesta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta. Solo un’indagine indipendente, secondo l’associazione, potrà chiarire il ruolo giocato dai vari attori coinvolti, dalla filiera industriale alle autorità di regolazione.