Ponte sullo Stretto, il grande azzardo di Salvini: tira dritto sui 10 miliardi senza nuova gara. Ma la Corte dei Conti vede rosso

Attualità
05 dicembre 2025, 12.53
ponte sullo stretto di messina
Durante il question time il Ministro delle Infrastrutture blinda l'opera: "Priorità Ue, non un mio capriccio". I magistrati contabili però avvertono: costi raddoppiati e incognita pedaggi, così si rischiano infrazioni europee.
È un vero e proprio braccio di ferro istituzionale quello che si consuma attorno alla madre di tutte le infrastrutture italiane: il Ponte sullo Stretto di Messina. Da una parte c'è la volontà ferrea del governo, incarnata dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, deciso a posare la prima pietra a tutti i costi. Dall'altra, i rilievi tecnici e contabili della Corte dei Conti, che gettano ombre pesanti sulla sostenibilità economica e giuridica dell'attuale progetto.
Il nuovo capitolo dello scontro è andato in scena ieri durante il question time alla Camera. Salvini non ha usato mezzi termini per ribadire la linea dell'esecutivo: il Ponte si farà. Nonostante le critiche, nonostante i dubbi. Per il Ministro, l'opera non è "un capriccio" personale, ma una necessità strategica, definita addirittura "una priorità dell’Unione europea". Salvini ha evocato la volontà popolare ("milioni di italiani lo vogliono, lo aspettano e lo meritano") per blindare il percorso intrapreso.
Il punto nevralgico della contesa, però, non è l'utilità dell'opera, ma il come realizzarla. Salvini ha difeso strenuamente la scelta di non indire una nuova gara d'appalto, definendola una mossa non di "convenienza, ma di buon senso". Ed è proprio qui che si concentra il fuoco di fila dei magistrati contabili.
La Corte dei Conti, infatti, ha recentemente sollevato dubbi sostanziali che rischiano di trasformarsi in macigni sulla strada del cantiere. Il nodo principale è squisitamente economico-normativo. La gara originaria, vinta a suo tempo dal consorzio Eurolink (guidato da Webuild), si basava su un progetto dal costo stimato di circa 4,6 miliardi di euro. Oggi, tra aggiornamenti progettuali e rincari delle materie prime, il conto è lievitato fin sopra i 10 miliardi.
Una variazione di prezzo così imponente, secondo le rigide normative europee sugli appalti pubblici, potrebbe richiedere l'azzeramento della procedura e l'indizione di una nuova gara internazionale. Procedere con il vecchio affidamento a fronte di un costo più che raddoppiato espone l'Italia al rischio concreto di procedure d'infrazione da parte di Bruxelles.
Ma non è l'unico ostacolo. I giudici contabili hanno messo sotto la lente anche il piano economico-finanziario. Le stime attuali su come ripagare l'investimento presentano, secondo la Corte, "lacune e contraddizioni". Il sistema dei pedaggi ipotizzato non sembra ancora pienamente sostenibile se rapportato agli enormi costi di realizzazione e manutenzione. Senza contare il fronte ambientale, con le direttive europee sulla tutela degli habitat naturali che richiedono valutazioni d'impatto rigorosissime, ancora oggetto di discussione.
La situazione, dunque, è di stallo. Per il governo Meloni il Ponte è un'opera identitaria e irrinunciabile. Per la magistratura contabile e una parte della comunità tecnica, il percorso attuale è un campo minato di rischi finanziari e procedurali. Salvini accelera, ma i "conti", per ora, non sembrano tornare.
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