Negli ultimi mesi è diventata virale una notizia che ha scatenato dubbi e timori tra gli automobilisti: l’arrivo del nuovo Autovelox SafeDrive, un sistema elettronico che, secondo alcuni, sarebbe in grado di multare automaticamente chi utilizza il cellulare al volante o non indossa la cintura di sicurezza.
La domanda che molti si pongono è semplice: questo “occhio elettronico” può davvero sostituire l’agente di polizia? La risposta, almeno per ora, è no.
Come funziona l’Autovelox SafeDrive
Il dispositivo è tecnologicamente avanzato:
- utilizza telecamere ad alta risoluzione;
- è dotato di illuminatori a LED infrarossi, efficaci anche di notte;
- sfrutta algoritmi di intelligenza artificiale per riconoscere comportamenti a rischio come lo smartphone alla guida o il mancato uso delle cinture;
- può monitorare i veicoli fino a 70 km/h su una singola corsia.
Sulla carta, dunque, si tratta di uno strumento in grado di “vedere tutto”. Ma dal punto di vista normativo la situazione è molto diversa.
Perché il SafeDrive non può multare da solo
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha mai approvato l’uso dell’Autovelox SafeDrive per l’accertamento automatico di queste infrazioni. Di conseguenza:
- non può memorizzare i dati del veicolo, né conservarli per un successivo verbale;
- non può essere considerato una prova valida se non accompagnato dall’accertamento diretto di un agente;
- non può generare multe “da remoto”, come accade invece con gli autovelox tradizionali per eccesso di velocità.
In altre parole, il SafeDrive può supportare la polizia, ma non sostituirla.
Quando può scattare la multa
L’utilizzo del dispositivo è consentito solo in un caso:
- se l’agente di polizia vede direttamente l’infrazione (telefono o cinture) e decide di contestarla, anche con l’aiuto delle immagini catturate dal SafeDrive.
Se invece il verbale fa riferimento unicamente allo strumento, senza un riscontro diretto, la multa è impugnabile e nulla.
Uno strumento di supporto, non un giudice elettronico
Il SafeDrive può quindi essere impiegato come “sentinella” a monte di una pattuglia, segnalando comportamenti sospetti agli agenti che si trovano poco più avanti. Ma l’ultima parola spetta sempre all’essere umano.
In caso di impossibilità a fermare subito l’automobilista, la contestazione può comunque arrivare successivamente, purché l’agente motivi in modo chiaro e dettagliato i motivi per cui non ha potuto intervenire sul momento.