Un tempo si diceva: “L’unione fa la forza“. Oggi, nel mondo dell’automotive, l’unione sembra più una corsa al riparo per evitare multe miliardarie. Davanti alla mannaia dell’Europa sui limiti di CO2, i giganti dell’auto si abbracciano stretti come naufraghi su una zattera, unendo le loro flotte a quelle di Tesla, il prete confessore che assolve i peccati delle emissioni in cambio di una congrua donazione.
Nel “maxi pool” composto già da 15 costruttori spuntano nomi illustri: Stellantis, Toyota, Ford, Subaru e perfino Mazda, tutte in fila a sussurrare il mea culpa elettrico al “Pool Manager” di Musk, quello che fino a ieri era il nemico da battere e oggi è il salvatore da pagare. Si perché il raggruppamento sarà gestito da Tesla, più precisamente dalla sua filiale olandese nel panni del Pool Manager.
Una volta c’erano le fiere battaglie di mercato, ora c’è il pooling: un nome chic per mascherare una resa. Mercedes, dal canto suo, si è fatta il suo club esclusivo, con Volvo, Polestar e la cinese Geely.
Anche qui, l’obiettivo è lo stesso: non rimanere col cerino delle multe in mano
Ma se a salvare i bilanci delle case automobilistiche ci pensano i crediti Tesla, a pagare il conto restano sempre gli automobilisti. Ogni nuova norma, ogni multa evitata ha il suo prezzo, e lo vediamo ogni giorno nei listini delle auto: più alti, più lontani, sempre meno accessibili. Alla fine, per salvare l’ambiente, ci stanno facendo pagare l’aria a peso d’oro.