Il recente ritorno a Fiorano di Valentino Rossi per provare la nuova Ferrari 488 Pista ha scatenato la fantasia su quello che poteva essere o non è stato, a più riprese dato per certo e poi sfumato nel nulla. Stiamo parlando del paventato debutto del Dottore in F1, del quale ripercorriamo le tappe a dieci anni di distanza dall’ultimo test.
La prima presa di contatto tra Rossi e la F1 avvenne nel lontano 2004: il circuito, la pista di Fiorano, la vettura, la F2004 campione del mondo sulla quale Rossi girò indossando inizialmente il casco rosso di Schumacher per non destare troppi sospetti.
Proprio il campionissimo tedesco, presente al test, rimase impressionato dalla presa di confidenza che Rossi mostrò giro dopo giro, dopo qualche classico testacoda per scoprire il limite della vettura. Sui giornali di 14 anni fa Schumi dichiarò: “dopo qualche giro per impratichirsi, il passo è stato impressionante“.
Qualcosa di buono, ed era il primo test, Rossi dovette averlo mostrato tanto che, prima del famoso test collettivo pre stagione nel 2006, the Doctor effettuò altri due test sempre a Fiorano nel 2004/2005, così da prepararsi all’esordio collettivo in mezzo agli altri piloti di F1 già preoccupati di un possibile suo debutto e della luce dei riflettori che si sarebbe ovviamente spostata verso il talento di Tavullia, all’epoca già campione del mondo con Honda e Yamaha in MotoGP.
Il debutto tra i grandi
Convinto del suo potenziale, così come convinta era ormai la Ferrari, si decise di portare Rossi in mezzo a quelli che sarebbero dovuti diventare i suoi nuovi avversari, una volta abbandonata la fidata M1 di colore blu. L’anno era il 2006, l’ultimo di Schumi in rosso, e nei test collettivi pre stagione sul circuito Ricardo Tormo di Valencia Rossi scese in pista a bordo di una vettura dotata ancora del motore V10, seppur depotenziato (in quell’anno debuttarono i motori V8 2.4 di cilindrata) in modo da evitare un confronto diretto con i titolari.
In mezzo ai grandi della specialità Rossi non sfigurò arrivando a girare a meno di un secondo da Massa e Schumacher, il quale commentò: “Io non gli ha dato che qualche consiglio, perché lui non ne ha bisogno”. Fu forse l’unica volta che tutti i fotografi si appostarono davanti al box di Rossi, lasciando per una giornata un po’ di respiro al 7 volte volte campione del mondo. In ogni caso, la benedizione dei grandi, del più grande in primis, era già cosa fatta. Ora stava al Dottore capire cosa ne sarebbe stato del suo futuro.
Fu proprio in quel frangente che si arrivò a concretizzare il possibile passaggio del campione di Tavullia alla massima serie dell’automobilismo. La volontà c’era, il Presidente Montezemolo era d’accordo e nell’ambiente si sapeva che Schumi avrebbe appeso il casco al chiodo entro il finire della stagione, annunciò che arrivò poi dopo la sua ultima vittoria al Gran Premio di Monza.
Proprio a un passo dal clamoroso passaggio Rossi, all’epoca ventisettenne, preferì rinnovare di due anni il contratto con la Yamaha, anche se in quella stagione, forse distratto dalle sirene della F.1, il titolo della MotoGP venne conquistato dal compianto Nicky Hayden. Arrivarono però altri due titoli (2008/2009) e quella bella storia tra Rossi e la Rossa, in via di costruzione, finì, passando ai libri di storia come una suggestiva avventura d’altri tempi.
Lo stesso Rossi dichiarò “All’inizio ci provai per scherzo, mi piaceva, ma dopo i primi test iniziai a fare sul serio. Nel 2006 fui ad un passo dal provarci al volante della Ferrari”.
Una passione senza freni
Sfumato il passaggio, Rossi “assaggiò” ancora due volte la rossa di Maranello. Nel 2008 il dottore scese in pista con la F2008 a Barcellona e infine al Mugello, suo ultimo test ufficioso. Una clamorosa chanche si presentò nel 2009 dopo il famoso incidente di Massa in Ungheria (venne poi richiamato Badoer e successivamente salì sulla Rossa Fisichella) ma fu proprio Rossi ad opporsi, ormai consapevole che il momento buono per il passaggio era ormai parte del passato.
A dieci anni di distanza, è bello ripensare a cosa avrebbe potuto essere la stagione 2007, con la sfida in pista tra il debuttante Hamilton e Rossi. C’è da scommettere che Valentino, all’epoca i test non erano limitati come oggi, avrebbe presto trovato il suo ritmo.
Da lì a dire che avrebbe potuto portare la Rossa alla vittoria è un altro discorso ma la stoffa c’era e la ripetizione dell’impresa di John Surtess, l’unico uomo capace di vincere il titolo mondiale in F1 e in moto, avrebbe sicuramente proiettato ancor più nel mito sia la Rossa sia il Dottore.
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