La verità sulla supercar di Xiaomi: 1.548 cavalli finalmente disponibili

Curiosità
07 maggio 2025, 10.52
xiaomi su7 ultra
Xiaomi fa retromarcia… e libera tutta la cavalleria. La sua hyper-berlina elettrica SU7 Ultra torna a erogare 1.548 CV, dopo una controversa limitazione software che aveva ridotto le prestazioni a "soli" 900 CV. A far cambiare idea al colosso cinese è stata la rivolta digitale dei clienti, che hanno costretto l’azienda a rivedere le proprie politiche e a interrogarsi, insieme all’intero settore auto, su quale sia il vero “diritto” dell’acquirente in un’auto dominata dal software.

Il caso SU7 Ultra: da 1.548 a 900 CV (e ritorno)

Xiaomi aveva giustificato la limitazione con motivazioni legate alla sicurezza: per attivare tutta la potenza serviva girare in pista sotto un certo tempo, con gomme adatte e in modalità “Qualifying”. In più, il launch control veniva ritardato di 60 secondi, rendendo impossibili le partenze fulminee nel traffico quotidiano.
Una scelta mal digerita da chi aveva comprato l’auto per le sue prestazioni da supercar: 0-100 km/h in 1,98 secondi, oltre 350 km/h di velocità massima, e un tempo al Nürburgring (6:46.874) più veloce di una Rimac Nevera o di una Porsche 918 Spyder. Tutto questo, per circa 64.300 euro: il prezzo di una Tesla Model 3 Performance, ma con specifiche da Bugatti.

Pressione online e retromarcia

I clienti non hanno accettato l’idea di dover “sbloccare” le prestazioni già promesse. La protesta sui social è stata talmente forte che Xiaomi ha ceduto: la SU7 Ultra torna ora a offrire i suoi 1.548 CV completi senza condizioni. L’azienda ha ringraziato la community e promesso maggiore trasparenza in futuro.

Auto definite dal software: un nuovo fronte di scontro

La polemica va però oltre il caso Xiaomi. Riflette una tendenza crescente nell’industria automotive: le auto "software-defined", in cui prestazioni e funzioni sono abilitate (o limitate) via aggiornamento OTA. Non è un caso isolato:
  • BMW ha tentato di far pagare l'attivazione del riscaldamento dei sedili.
  • Tesla vende l’Autopilot come upgrade digitale.
  • Mercedes offre abbonamenti per sbloccare cavalli extra sulle sue elettriche EQ.
  • Volkswagen consente di passare da 204 a 231 CV tramite pagamento in-app.
Se finora si trattava di comfort o assistenze alla guida, Xiaomi è tra le prime a giocarsi tutto sulla potenza. Ma fin dove si può spingere questa logica? Il cliente compra un’auto o un servizio?

Sicurezza o controllo?

L’argomento sicurezza sollevato da Xiaomi è legittimo, ma appare parziale. Se un veicolo è omologato su strada con determinate specifiche, non è forse più corretto accompagnare il cliente con formazione o corsi di guida, piuttosto che castrare il mezzo via software?
E non va dimenticato il contesto: la vicenda arriva poco dopo un altro scandalo in Cina, dove una SU7 in modalità di guida autonoma ha causato un incidente mortale. Da metà aprile 2025, il governo cinese ha vietato l’uso commerciale di termini come “autopilot” o “guida intelligente”, proprio per evitare equivoci pericolosi.
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