Nel cuore della Motor Valley, dove il rombo dei motori è parte del paesaggio sonoro, Horacio Pagani lancia un messaggio che suona come un colpo di clacson controcorrente. L’imprenditore italo-argentino, fondatore della Pagani Automobili, non ha usato mezzi termini durante una lunga intervista con Gianluca Gazzoli nel podcast BSMT: “Il settore delle auto elettriche è morto”, ha dichiarato con la consueta lucidità visionaria che lo ha reso una leggenda dell’hypercar artigianale.
Un’affermazione che pesa, soprattutto se a pronunciarla è colui che ha trasformato la performance automobilistica in un’opera d’arte meccanica. Eppure, dietro a questa dichiarazione c’è una riflessione profonda e – per molti – condivisibile.
Nessuno vuole una Pagani elettrica
Pagani racconta di aver pensato già sette anni fa a una hypercar elettrica. Il progetto, embrionale, era stato valutato seriamente, ma è stato presto accantonato. “Nessun cliente l’ha chiesta. Nessuno”, afferma. E se il pubblico di riferimento di Pagani – collezionisti, appassionati, intenditori disposti a investire milioni per un’auto – non è interessato all’elettrico, forse la questione è più culturale che tecnologica.
Per Horacio, chi ha puntato sulle hypercar elettriche “non è stato premiato”: auto veloci, sì, ma prive di quel legame emotivo che solo un V12 atmosferico può creare. Un suono, un odore, una vibrazione che nessun silenzioso motore a batteria potrà mai replicare.
“L’elettrico? Una pressione politica, non una scelta scientifica”
Il pensiero di Pagani va oltre il prodotto. L’industriale modenese denuncia una transizione imposta dall’alto, definendola una scelta “ideologica”, guidata dalla politica e non da un dibattito tecnico-scientifico. Il riferimento è chiaro: il bando europeo ai motori termici dal 2035, una misura che secondo Pagani non tiene conto della reale maturità del sistema.
“Non siamo ancora pronti”, afferma, sottolineando come l’industria stia pagando il prezzo di una corsa contro il tempo che ha portato più danni che benefici. Per lui, l’unica strada sensata sarebbe stata una transizione lenta, guidata dalla scienza e non dalla propaganda.
Una posizione che trova sponda in molte figure del settore, soprattutto tra chi, come Pagani, ha fatto della passione e dell’ingegneria un’arte.
Emozione, esclusività e valore: la filosofia Pagani
Nel corso dell’intervista, Pagani ripercorre anche la sua carriera, dagli inizi in Lamborghini fino alla nascita della casa che porta il suo nome. Una storia di determinazione e ossessione per la bellezza tecnica.
“L’auto è come un abito di alta moda, va cucito addosso al cliente”, afferma. Ed è per questo che ogni Pagani è diversa, irripetibile, costruita non per la massa ma per l’individuo. Un lusso estremo che si riflette anche nel prezzo. “Perché costano così tanto? Perché sono il meglio del meglio”, taglia corto.
E quando si parla di clienti famosi, Horacio non rinuncia a una battuta sul sette volte campione del mondo di Formula 1: “Hamilton ora guida elettrico. Ma secondo me in Ferrari lo fanno tornare indietro… mi piacerebbe vederlo su un bel 12 cilindri”.
La puntata completa di BSMT