Elettrico, biofuel, tasse e lobby: cosa c’è dietro il prezzo alla pompa
Negli ultimi anni, automobilisti e autotrasportatori si sono abituati a convivere con prezzi del carburante sempre più alti. Ma se pensavate che si trattasse solo di una fase passeggera, forse è il momento di cambiare prospettiva: i prezzi alla pompa potrebbero non tornare mai più ai livelli pre-2020. Dietro questo scenario non c'è solo l’instabilità geopolitica o il costo del greggio, ma una trasformazione strutturale del settore dell’energia e della mobilità.
La transizione ecologica ha un costo
Uno dei principali fattori che spinge verso l’alto il prezzo dei carburanti è l'accelerazione della transizione ecologica. Con l'Europa che punta all'azzeramento delle emissioni entro il 2050, i combustibili fossili sono destinati a diventare sempre più penalizzati fiscalmente e logisticamente. A pagarne il prezzo, per ora, sono i consumatori.
- Le accise non calano: in Italia, oltre il 60% del prezzo della benzina è composto da tasse.
- I costi di produzione crescono: le raffinerie si adeguano a standard ambientali più severi.
- La domanda cala, ma i prezzi restano alti per compensare i margini.
Elettrico sì, ma non per tutti
Con la spinta verso l’elettrificazione del parco auto, molti si aspettavano un calo dei consumi di benzina e diesel e, di conseguenza, dei prezzi. Ma il passaggio all’elettrico non è uniforme e i numeri raccontano un'altra storia:
- Le auto elettriche rappresentano ancora meno del 5% del parco circolante in Italia.
- Nei Paesi in via di sviluppo, la domanda di carburante è ancora in crescita.
- I costi di transizione (infrastrutture, incentivi, riconversione industriale) gravano sull’intero sistema.
In pratica, chi continua a usare veicoli endotermici potrebbe ritrovarsi a pagare di più anche per mantenere un'infrastruttura che sta perdendo appeal politico.
I biocarburanti sono davvero la soluzione?
Un'alternativa promessa a più riprese sono i biocarburanti: diesel vegetale, e-fuel, carburanti sintetici. Ma anche qui i costi sono tutt’altro che bassi:
- Produzioni ancora limitate e poco scalabili.
- Costi al litro superiori ai carburanti fossili.
- Lobby e interessi divergenti (soprattutto nel settore agricolo e dell’oil & gas).
I biocarburanti rischiano di diventare un’opzione premium più che una soluzione popolare, mantenendo alti i prezzi alla pompa per chi cerca un'alternativa al fossile.
Un mercato in mano a pochi
Infine, c’è un elemento spesso sottovalutato: la concentrazione del mercato. Le grandi compagnie petrolifere, benché in fase di trasformazione, mantengono un potere significativo su prezzi e distribuzione. E con margini da difendere e azionisti da soddisfare, non hanno alcun interesse a tornare al carburante “low cost”.
Il prezzo del carburante non è solo una questione di barili e geopolitica. È il risultato di una trasformazione complessa che coinvolge clima, politiche fiscali, innovazione tecnologica e strategie industriali.
La verità è che potremmo doverci abituare all’idea che la benzina da 1,40 euro al litro sia un ricordo del passato. E che il “caro carburante” sia il nuovo standard della mobilità.