Negli anni sono cresciute in tutto: peso, dimensioni, cavalli e prezzi. Ma davvero ne avevamo bisogno?
Una volta si parlava di utilitarie, citycar, berline compatte. Oggi l’auto media pesa più di una vecchia ammiraglia e ha dimensioni che mettono in crisi i parcheggi cittadini. Anche quando il motore non è un V6, ci pensa la batteria da 500 kg a tenere alto l’ago della bilancia. E allora una domanda sorge spontanea: ma cosa ce ne facciamo di auto sempre più grosse, potenti, pesanti e costose?
L’escalation silenziosa: più peso, più dimensioni, più cavalli
Prendiamo un’auto compatta di trent’anni fa: una Fiat Punto prima serie misurava 3,7 metri e pesava poco più di 850 kg. Oggi, una segmento B come la Renault Clio sfiora i 4,10 metri e supera la tonnellata abbondante. Non è un caso isolato: ogni segmento ha subito una crescita sistematica e costante, non solo nelle dimensioni, ma anche nella potenza e — inevitabilmente — nel prezzo.
Sotto al cofano, poi, si è passati da motori da 60-70 cavalli a 100-130 cavalli di media. E se parliamo di elettrico, il discorso si amplifica: la potenza media cresce per compensare pesi sempre più elevati. Un paradosso tecnico, se pensiamo che efficienza dovrebbe significare leggerezza e consumi ridotti, non batterie da 80 kWh su SUV da due tonnellate.
La sicurezza come unico alibi (valido)
Chi giustifica questa corsa alla grandezza parla di sicurezza. E in effetti, su questo punto è difficile obiettare: più struttura, più tecnologia, più dispositivi attivi e passivi significano incidenti meno gravi e vite salvate. Ma la domanda vera è: abbiamo bisogno di SUV da 2 metri di larghezza per essere sicuri?
Colin Chapman, fondatore di Lotus, ripeteva: “Simplify, then add lightness”. Oggi il marchio che porta il suo nome produce SUV elettrici da 2.500 kg. Il motto è stato tradito. E non è l’unico: tanti altri marchi nati per la mobilità urbana e funzionale, inseguono oggi il sogno premium.
Prezzi in salita (e non solo per la tecnologia)
Naturalmente, più peso e più optional significano anche più costo. Oggi anche una compatta ben equipaggiata supera facilmente i 25.000 euro. E non è solo colpa di batterie e chip: molto è dovuto alla crescita esponenziale del comfort percepito. Climatizzatore bizona, display da 10 pollici, sedili elettrici, finiture “soft-touch”. Ma tutto questo serve davvero?
Il problema, però, è che le famiglie sono sempre più piccole, i nuclei monogenitoriali sono in aumento, le città restano le stesse, con strade strette, box pensati per auto lunghe 4 metri e parcheggi che oggi non bastano mai.
Una mobilità sempre più disallineata dal contesto
In Europa, e soprattutto in Italia, il contesto urbano mal si sposa con la taglia XL dei modelli moderni. Eppure, il mercato sembra guardare altrove: ai mercati americani, dove le distanze e gli spazi giustificano vetture più grandi, e alla Cina, dove la corsa alla tecnologia in auto è diventata status symbol.
E così si finisce per progettare auto globali in un mondo dove i bisogni locali vengono ignorati. Il risultato? Un parco auto sempre più sproporzionato rispetto alle reali esigenze dei cittadini europei.
Abbiamo perso la strada?
Non si tratta solo di nostalgia per le auto di una volta, leggere e agili. Si tratta di efficienza vera, di coerenza con l’ambiente urbano, di risposte sensate a bisogni reali. Le citycar spariscono dai listini, mentre i SUV B e C segmenti diventano la nuova normalità, pur non entrando in un garage da 2,10 metri di larghezza.
La domanda finale resta: abbiamo davvero bisogno di tutto questo?