Auto elettriche e guerra: c’è un rischio inaspettato di cui si sono accorti ora

Attualità
25 giugno 2025, 11.08
first batch of leapmotor electric vehicles shipped from china to europe
In tempo di pace sono simbolo di progresso, sostenibilità e transizione energetica. Ma in tempo di guerra, le auto elettriche potrebbero trasformarsi in un rischio strategico. È quanto sta accadendo in Israele, dove l’intensificarsi delle tensioni con l’Iran ha portato a una misura senza precedenti: l’evacuazione forzata dei veicoli elettrici dai principali porti del Paese, per timore che le batterie al litio diventino obiettivi ad alto rischio in caso di attacco.

I porti come potenziali “polveriere” di batterie

Nelle ultime settimane, i porti israeliani di Haifa e Ashdod – due snodi fondamentali per l’importazione di veicoli elettrici – sono diventati oggetto di attenzione strategica. Centinaia, forse migliaia, di auto elettriche e ibride plug-in giacciono in attesa di essere distribuite sul territorio nazionale. Ma la loro presenza, concentrata in un’area delimitata, preoccupa fortemente le autorità militari e civili.
Il motivo è tecnico quanto concreto: le batterie agli ioni di litio, che alimentano questi veicoli, sono notoriamente difficili da spegnere in caso d’incendio. Se un attacco missilistico colpisse un deposito o un’area di stoccaggio, potrebbe generarsi un incendio a catena virtualmente ingestibile, con rischi per le infrastrutture portuali, per il personale e per l'intera logistica nazionale.

Un piano di evacuazione d’emergenza

Alla luce di questo scenario, l’Amministrazione dei Porti e dei Trasporti Marittimi israeliana ha ordinato agli importatori di auto elettriche di predisporre con urgenza il trasferimento dei veicoli verso aree più sicure, lontane dalle strutture critiche. Un’operazione che si sta rivelando complessa: occorre trovare spazi idonei, gestire i flussi logistici già saturi e far fronte all’arrivo continuo di nuove spedizioni.
Il porto di Haifa, ad esempio, movimenta circa 20 milioni di tonnellate di merci ogni anno. Un blocco anche parziale delle sue attività, magari causato da un incendio difficile da domare, avrebbe ripercussioni immediate non solo sul settore automobilistico, ma sull’intera economia israeliana.

Il paradosso dell’elettrico in scenari bellici

Il caso israeliano apre una riflessione più ampia e finora poco esplorata: può la mobilità elettrica, concepita per ridurre le emissioni e la dipendenza dai combustibili fossili, diventare una vulnerabilità in scenari di guerra? La risposta, oggi, non è più teorica. L’elevata densità energetica delle batterie al litio, così utile nella vita civile, rappresenta un potenziale pericolo se esposta a eventi estremi come attacchi missilistici o bombardamenti.
Il rischio è che la questione venga strumentalizzata per ostacolare la transizione elettrica, già oggetto di dibattiti accesi in diversi Paesi. Eppure, il problema posto da Israele è reale: l’elettrificazione della mobilità non può ignorare le implicazioni strategiche in contesti instabili.

Il futuro della mobilità in aree a rischio

In attesa che il cessate il fuoco tra Israele e Iran – negoziato con il sostegno degli Stati Uniti – trovi una concreta attuazione, resta l’interrogativo su come integrare in futuro le esigenze di sicurezza nazionale con la mobilità a basso impatto ambientale. Potrebbe essere necessario ripensare le catene logistiche, decentralizzare gli stoccaggi e rafforzare le misure antincendio nei porti e nei centri di distribuzione.
Una cosa è certa: l’evoluzione della mobilità non può più essere letta solo in termini tecnologici o ambientali. Anche in tempo di guerra, le auto elettriche impongono nuove strategie.
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