Auto aziendali: con una riforma fiscale basata sulle emissioni, 4,3 miliardi per lo Stato entro il 2030

Attualità
06 novembre 2025, 12.33
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Un nuovo studio di Transport & Environment mostra come una tassazione legata alla CO₂ potrebbe generare introiti record per l’Italia e accelerare la transizione green delle flotte aziendali.
Una riforma fiscale mirata e sostenibile sulle auto aziendali potrebbe portare allo Stato italiano 4,3 miliardi di euro entro il 2030, riducendo al tempo stesso le emissioni di CO₂ di oltre 2 milioni di tonnellate. È quanto emerge dal più recente studio di Transport & Environment (T&E), l’organizzazione europea leader nella promozione della decarbonizzazione dei trasporti.

14 miliardi di sussidi alle auto inquinanti: il paradosso del sistema fiscale italiano

Nonostante gli obiettivi climatici europei, l’Italia continua a essere il Paese con il maggior numero di sussidi alle auto aziendali inquinanti – endotermiche, ibride e plug-in hybrid.
Tra detrazioni IVA, ammortamenti agevolati, esenzioni sul bollo e benefici fiscali sui fringe benefit, il sistema genera oltre 14 miliardi di euro all’anno in sussidi indiretti.
La voce più pesante è proprio quella legata alle auto aziendali concesse ai dipendenti: la tassazione agevolata, pari al 50% del valore d’uso per le endotermiche e al 20% per le ibride plug-in, continua a favorire veicoli che inquinano fino a cinque volte più di quanto dichiarato.
Un’anomalia che, paradossalmente, dal 2026 non sarà più considerata un “sussidio ambientalmente dannoso” secondo il Catalogo SAD del Ministero dell’Ambiente, complice la riforma introdotta lo scorso anno.
grafico T&E

Il 60% delle emissioni di CO₂ arriva dalle auto aziendali

Nel 2024, le auto aziendali hanno rappresentato il 40% delle nuove immatricolazioni ma, percorrendo molti più chilometri rispetto ai veicoli privati, sono responsabili di quasi il 60% delle emissioni di CO₂ del parco circolante.
Le imprese hanno però un potenziale enorme per guidare la transizione. Dispongono di strutture finanziarie solide, sono più sensibili al total cost of ownership e possono installare infrastrutture di ricarica presso le proprie sedi, sfruttando anche energia rinnovabile.
Dopo 3 o 4 anni, inoltre, le auto aziendali elettriche o ibride finiscono sul mercato dell’usato, rendendo la mobilità sostenibile più accessibile anche ai privati.

L’Europa incoraggia la fiscalità verde: l’Italia ancora indietro

La Commissione Europea spinge da tempo per legare la fiscalità delle auto alle emissioni.
Il Belgio è l’esempio più virtuoso: dopo la riforma del 2021, che dal 2026 consentirà di ammortizzare solo veicoli a zero emissioni, la quota di auto aziendali elettriche è passata dall’8,8% al 41,1% in soli tre anni.
L’Italia, invece, non collega ancora tassazione ed emissioni.
“La riforma sui fringe benefit è stato un primo passo, ma non basta – spiega Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia –. Servono interventi strutturali, perché il nostro Paese continua a sussidiare le auto inquinanti e resta tra i pochi in Europa senza una correlazione diretta tra imposte e CO₂”.

Una riforma per veicoli puliti: la proposta T&E

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T&E propone una riforma progressiva basata su un sistema bonus-malus legato alle emissioni di CO₂, applicabile solo alle nuove immatricolazioni.
Il modello prevede:
  • tassazione proporzionale alle emissioni per i fringe benefit aziendali;
  • detraibilità IVA e deducibilità del costo del veicolo parametrate all’impatto ambientale;
  • una tassa di immatricolazione unica legata a emissioni e prezzo.
L’obiettivo: favorire le tecnologie a zero emissioni e ridurre progressivamente i vantaggi fiscali delle auto endotermiche.

I numeri della transizione: +29% di auto elettriche e -6% di import di petrolio

Secondo le simulazioni di T&E, una riforma di questo tipo produrrebbe tra il 2026 e il 2030 risultati concreti:
  • +29% di auto elettriche in circolazione (pari a 235.000 unità aggiuntive);
  • -6% di importazioni di petrolio per il settore dei trasporti;
  • 4,3 miliardi di euro di gettito fiscale netto per lo Stato;
  • oltre 2 milioni di tonnellate di CO₂ in meno emesse nell’atmosfera.
Un effetto moltiplicatore che contribuirebbe non solo alla decarbonizzazione, ma anche alla stabilità normativa necessaria alle imprese per pianificare investimenti e rinnovare le flotte.

Reinvestire i ricavi per una mobilità più equa

“Una riforma fiscale sulle auto aziendali equa e sostenibile – conclude Marchetti – permetterebbe di reinvestire le risorse in infrastrutture di ricarica, social leasing, car sharing e incentivi alla mobilità attiva. Così si renderebbe la transizione ecologica non solo efficiente, ma anche socialmente inclusiva”.
In un Paese dove il 90% delle emissioni dei trasporti deriva dal traffico su strada, usare la leva fiscale per orientare il mercato verso tecnologie pulite è una scelta strategica, non solo ambientale ma anche economica.
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