Tommaso Corona
Si avvicina il decimo anniversario da quel terribile 29 dicembre 2013, quando il mondo si fermò per l’arrivo della notizia dell’incidente accorso a Michael Schumacher sulle nevi di Maribel, durante le ferie invernali. Da quel giorno è caduto un vero e proprio sipario sull’uomo Michael Schumacher, sulla sua situazione sanitaria e su ciò che è stato fino a quel momento.
10 anni di silenzi, di plausibili quanto orrendi scoop (ricorderete un giornale tedesco che riprodusse una finta intervista al campione ex Ferrari fatta con l’intelligenza artificiale) e di pochissime conferme. Silenzio assoluto da parte della famiglia, specialmente dalla moglie Corinna, meno dai figli. L’ex pilota Haas Mick Schumacher si lasciò scappare nel documentario Netflix “Schumacher” che lui e il papà hanno un modo diverso di comunicare, sicuramente non a parole.
Una mezza conferma della situazione in cui versa il classe 1969, e in tutto questo è cruciale il ruolo di Jean Todt. Amico intimo del tedesco e della famiglia, l’ex presidente della FIA è uno dei pochissimi che può fargli visita e, proprio avvicinandosi al decimo anniversario dall’incidente, le sue dichiarazioni in merito sono state serafiche: “Michael è qui, quindi non mi manca. Non è più il Michael di prima. È diverso ed è magnificamente sostenuto da sua moglie e dai suoi figli che lo proteggono. La sua vita ora è diversa e ho il privilegio di poter condividere momenti con lui. Questo è tutto quello che c’è da dire. Purtroppo il destino lo ha colpito dieci anni fa e non è più il Michael che conoscevamo in Formula 1“.
Una frase, semplice, che sa di verità. Michael Schumacher è stato uno dei campioni più amati di quello strano sport che è la F1 e questo è il ricordo che di lui dobbiamo conservare.
