Storiche

Ruf CTR Yellowbird, un sogno di tutti, una supercar per pochi

Tempo di lettura: 2 minuti

Facciamo un gioco. Pensiamo alla 911 raffreddata ad aria e leviamole il logo Porsche. Che cosa vi viene in mente? Le risposte possono essere due: Ruf oppure Singer, a seconda delle vostre preferenze. Oggi parliamo della prima e della mitica Ruf CTR Yellowbird che è nata nel 1987 e dopo trenta anni si è ripresentata al Salone di Ginevra.

Andiamo, però, con ordine. La Ruf è nata nel 1939 dall’omonimo Sig. Alois Ruf, ma è solo nel 1975 che ha iniziato a concentrarsi sulle 911, debuttando con un bel tuning della 930 Turbo. La CTR Yellobird originale – CTR vuole dire “Gruppo C Turbo Ruf” – è arrivata qualche anno dopo e voleva sfidare proprio la Turbo originale ma partendo dalla base della Carrera 3.2.

Tutti i pannelli della carrozzeria erano in alluminio e il peso era sceso di 200 kg; il cambio era a 5 marce (la Turbo ne aveva 4) e il motore aveva ben 469 CV. 3,6 secondi per lo 0-100 ed era capace di raggiungere i 342 km/h. Però nel 1987 costava 223.000 dollari, cioè più del doppio di una 911 Turbo. Un’auto per pochi e infatti ne sono state prodotte solo 29 fino al 1996, la quantità giusta per diventare mitica. 

Esiste anche una RUF CTR2, basata sulla Porsche 996, ma non ha né lo stesso colore giallo della sua antenata, né lo stesso appeal. La RUF CTR Yellowbird del 2017, invece si. Quindi, se avete nostalgia delle vecchie Porsche 911 raffreddate ad aria e avete mezzo milione di euro da spendere, fate un salto a Pfaffenhausen, al quartier generale della Ruf Automobile, che è un costruttore automobilistico a tutti gli effetti.

L’unica cosa di cui non si occupa (o almeno non sempre e non del tutto) è una sola cosa: il design. Quello, infatti, è ripreso quasi al 100% da dalle Porsche di varie epoche, con prevalenza per i modelli pre-1996, ovvero quelli ancora con la silhouette originale del 1963. Tutto il resto è progettato “in-house”, senza badare a spese e con l’intento di raggiungere la massima prestazione. La CTR odierna si ispira proprio alla belva di trenta anni fa, da cui riprende la mitica tinta Yellow Bird

Sotto la classica forma della 911 si cela un vero e proprio prototipo con telaio e carrozzeria in fibra di carbonio, senza dimenticare le sospensioni push-road anteriore e posteriori. Tutto questo ha richiesto cinque anni di progettazione.  Il motore è un’unità completamente originale, che riprende lo schema del “flat-six” con lubrificazione a carter secco ma con raffreddamento a liquido.

Con una cilindrata di 3,6 litri e due turbocompressori eroga 710 CV e 880 Nm che vengono scaricati esclusivamente sulle ruote posteriori attraverso una trasmissione rigorosamente manuale con solo aiuto di un differenziale autobloccante (meccanico). Con una massa di soli 1.200 kg scatta da fermo a 100 km/h in meno di 3,5 secondi e da 0 a 200 km/h in soli 9 secondi, per poi raggiungere i 360 km/h. Per il resto, l’allestimento è all’insegna del minimalismo, ma i componenti sono moderni (impianto frenante carboceramico) ed esclusivi (come Alcantara). Infine, sapete perché la prima CTR si chiamava Yellowbird? A parte il colore, il motivo era che la sua valvola blow-off faceva lo stesso suono del canto di un canarino…

Alessandro Vai

Le auto e i motori, una passione diventata una ragione di vita. Volevo fare il pilota ma poi ho studiato marketing e ora il mio mestiere è scrivere

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Alessandro Vai

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