La storia di molte automobili è fatta di successi e insuccessi. Per alcune di queste, non sapremo mai quale sarebbe stata la loro sorte. Non realizzate perché rimaste in fase di prototipo, queste vetture non hanno avuto la possibilità di esprimersi fino in fondo. Eppure, guardandole oggi siamo colpiti dalla loro forza propositiva, in grado di anticipare tipologie, segmenti e tendenze che si sono manifestate anni dopo producendo grandi economie, e ponendo i rispettivi marchi in una posizione di forza. Si tratta in effetti di occasioni mancate. Certo, mettere in commercio prodotti troppo in anticipo sui tempi è estremamente rischioso. È anche vero che vetture come la Porsche Cayenne e la Panamera dimostrano che certe volte il coraggio paga molto bene.
Seguendo questo solco, ripercorreremo la storia del design di alcune proposte anticipatrici (e oggi spesso dimenticate) avanzate dalla Bertone durante gli anni Novanta, insieme alla gentile disponibilità di Luciano D’Ambrosio, dal 1991 al 2000 a capo del design dell’azienda di Nuccio Bertone. Iniziamo con la Bertone Porsche Karisma. Questo nome oggi non dice molto, eppure fu lei ad anticipare l’entrata del marchio Porsche nel segmento delle berline di oltre 15 anni, quando nel 2009 lanciò Panamera.
Il decennio Bertone che vede la presenza di Luciano D’Ambrosio fu molto peculiare, e in particolare si contraddistingue per la grande vivacità progettuale unita ad una forte atteggiamento pragmatico e anticipatore di tendenze. Le proposte di questa decade, pur essendo certamente sognanti, provocatorie e innovative come la buona scuola del design Bertone insegna, sono propositive rispetto alla possibilità d’essere messe in produzione senza troppe difficoltà o stravolgimenti.
D’Ambrosio viene nominato capo del design presso il Centro Stile Bertone di Caprie (scorporato nei primi anni Settanta dallo stabilimento produttivo di Grugliasco) nel 1991, trovandosi per le mani una grande eredità. Forte di una carriera rilevante che lo vede, dopo la laurea conseguita al Royal College of Art di Londra, una prima occupazione al Design Center Ford a Colonia e anni presso la Italdesign (dalla quale Nuccio Bertone lo strappa intravedendone il talento), affronta con cristallina determinazione il nuovo incarico insieme al suo team, e tra i primi progetti c’è proprio la Bertone Porsche Karisma.
Le realtà Bertone e Porsche non sono nuove alle collaborazioni, ma una di queste nascerà da una semplice quanto curiosa domanda: «C’è qualche ragione per cui Bertone non lavora con Porsche?». Così esclama Harm Lagaay, dal 1989 Chief Designer di Porsche e precedentemente Project Manager alla Ford di Colonia (dove fu mentore dello stesso D’Ambrosio). Da questa domanda inizierà una nuova e felice collaborazione, convincendo più avanti D’Ambrosio a proporre la Karisma; è bene dire che questa viene sviluppata interamente e su iniziativa della Bertone.
L’idea nasce dalla necessità di presentare qualcosa per il Salone dell’Automobile di Torino del 1994, al tempo irrinunciabile appuntamento. Da qui nasce la volontà di tornare nuovamente sul tema Porsche, visti i buoni risultati della collaborazione precedente. La proposta è quella di sviluppare un progetto diverso dal classico prodotto dell’azienda (la Porsche 911), che abbia non le prestazioni assolute come obiettivo ma un uso più pratico, comodo, esteso e conviviale. Qualcosa che punti, dopo anni di 911, ad un pubblico nuovo in cerca di “prestazioni diverse”: perché non pensare ad una quattro posti con un taglio da berlina? Come unione tra sportività e abitabilità da salotto.
Viene di fatto acquistata una 911 (964), tagliata, allungata nel passo di 60 cm (la vettura finale avrà una lunghezza di 4500 mm) per ottenere maggiore abitabilità. Rimane invece al suo posto il motore 6 cilindri boxer da 3,6 litri e 250 CV nella tipica posizione posteriore a sbalzo, puntando verso una alta fattibilità.
La vettura viene progettata dando ampio risalto alla vivibilità degli interni qui completamente ridisegnati (solo alcune componenti sono ereditate da Porsche), rivestiti con materiali preziosi e forniti di sedili con imbottitura organizzata in sezioni e guide che scorrono sul tunnel centrale, in modo da ottenere spazio libero per i piedi. L’abitabilità risultante è quella di una coeva Volkswagen Passat.
All’esterno, viene reinterpretata la muscolosità Porsche evitando ogni riferimento ai tipici tratti del marchio, insistendo in direzione della novità anche rispetto alle classiche berline. Di queste si evitò la tipica suddivisione schematica dei volumi, inadatta ad un prodotto dal taglio sportivo, per cui si vira verso una soluzione vicina a quella di una grande coupé. Questo è ottenuto non solo grazie al semplice disegno che modella le forme utilizzando pochissimi segni (da buona scuola italiana), ma anche con la presenza di due ampie portiere con apertura ad ala di gabbiano (dichiarata citazione alla Lamborghini Marzal del 1967, altra creatura di Bertone). Con l’intento di garantire abitabilità posteriore ed evitare l’effetto “Porsche 911 allungata”, il lunotto è quasi verticale, a sottolineare la storica posizione del motore.
All’abitabilità interna e all’andamento coupé, si affianca un attento studio aerodinamico riconoscibile nelle “pinne” poste a seguito delle ruote anteriori che guidano le turbolenze generate nell’arco passaruota, mantenendole in pressione lungo la fiancata e verso le prese d’aria posteriori per il raffreddamento del motore. Il nome Karisma vuole sottolineare la natura curiosa, interessante e carismatica della vettura per via della sua novità. Accolta con un plauso da Nuccio Bertone, l’azienda tedesca la liquidò con un perentorio e definitivo «Porsche non farà mai una berlina», 15 anni prima della discussa Panamera. Ne siamo sicuri?
Autore: Federico Signorelli
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