Novegro, con la Mostra Scambio del 14, 15 e 16 febbraio 2020, vuole celebrare la storia, ormai cinquantenaria della Moto Laverda.
La prima moto veneta prende forma nel ‘47 -‘48 per mano della Laverda a Breganze. Dove, fra tanta agricoltura , c’è già una certa formazione tecnica perché la famiglia Laverda possiede da quasi un secolo una fabbrica di macchine agricole (e inizialmente anche di orologi da campanile).
Francesco Laverda pensa alle moto con uno spirito quasi missionario. “Mio padre non era un motociclista” ricordava il figlio Massimo “ma voleva contribuire al miglioramento delle condizioni sociali con un mezzo di trasporto utilitario, molto economico ed affidabile. Ha quindi pensato ad una moto leggera. Poi si appassionerà anche alle corse, specialmente quelle di gran fondo, su e giù per l’Italia ma sempre nell’intento di diffondere la motorizzazione popolare, di dar lavoro a tanta gente per accelerare la ricostruzione del Paese”.
La prima Laverda è una 75 cc quattro tempi che consente di andare in due e consuma come un ciclomotore a due tempi. Nel ’48, dimostra di poter fare 60 chilometri con un litro di benzina . Le prime consegne avvengono nel ’50, prezzo 164.810 lire IGE (l’Iva dell’epoca) compresa. Il successo della 75 (e della consorella di 100 dura una decina d’anni, propiziato dalle travolgenti affermazioni collettive nella Milano-Taranto, nel Giro d’Italia ma anche nei campionati junior e nelle corse in salita. La fabbrica si ingrandisce e arriva ad avere 250 dipendenti. A metà degli anni Cinquanta produce una trentina di moto al giorno. Con il divieto alle gare di gran fondo (dopo la sciagura della Mille Miglia 1957), con l’arrivo delle utilitarie Fiat (500, 600, 850) e con le migliorate condizioni economico-sociali arriva inevitabile la crisi del mercato motociclistico.
Ancora Massimo Laverda, nel 1997: “Abbandonata nel ’60 la nostra produzione tradizionale abbiamo tentato altre strade, il ciclomotore quattro tempi del ’58, lo scooterino quattro tempi del ’60, il ciclomotore due tempi del ’64 (venduto anche in scatola di montaggio). Ilciclomotore a due tempi (il primo con i freni a disco!) ci costava 49.000 lire e lo vendevamo a 49.500! Abbiamo superato questa prima grossa crisi un po’ lavorando per le macchine agricole, un po’ con la 200 bicilindrica a quattro tempi che siamo anche riusciti a vendere negli USA sotto il nome di Gemini.
La ripresa parte nel ’67, basti dire che per soddisfare le richieste si renderà necessaria nel ’74 la costruzione di un nuovo stabilimento, questa volta alla periferia di Breganze con pista di prova annessa e 300 dipendenti.
Dal ’68 al ’77 verranno prodotte la bellezza di 18.500 “750”, dal ’73 all’86 saranno invece 12.550 le “1000-1200” che scenderanno dalla catena di montaggio. Accanto a queste maxi moto, esportate in tutto il mondo e valorizzate dai successi sportivi, fioriscono intanto molte altre proposte come il Chott 250 due tempi da fuoristrada (1974), la 350 – 500 bicilindrica quattro valvole (1975), la LZ 125 con motore Zundapp (1977), l’HW da fuoristrada 125-250 con motore Husqvarna (1976), infine la Lesmo, sportivissima 125 con motore tutto Laverda che scenderà anche in pista per un trofeo monomarca. Questo senza contare i modelli minori e le altre varianti.
Si riesce a trovare tempo anche per realizzazioni specialissime come la V6 1000 e la Laverda BMW da fuoristrada. Il periodo d’oro sono dunque gli anni Settanta. Negli anni Ottanta la situazione si fa difficile, sia per la concorrenza dei giapponesi sia per problematiche interne. Nel 2000 viene acquistata da Aprilia. Travolta poi dalle varie vicende finanziarie, rientra nel “pacchetto” (Aprilia, Guzzi, Laverda) acquisito da Piaggio.
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