FreeSpirits ha sviluppato questa moto 12 anni fa. E’ quasi un pezzo d’epoca questa Buell che ha partecipato al campionato Super Twin, e che monta una ciclistica realizzata da Adriano Zanoni, in arte ‘Taraky’ che oggi non è più tra noi e che vogliamo ricordare così, con una delle sue opere d’arte in tubi d’acciaio.
“I costi anche nella Super Twin erano diventati insostenibili per un artigiano come me”, ci ha raccontato Marcello Fontana, titolare della FreeSpirits e autore di questa Special. “Sviluppare una vera moto da corsa su questa base, credetemi, costa davvero tanto, sia in termini economici sia nelle ore spese in officina, anche perché per rendere affidabile il motore abbiamo avuto tante rotture che ci hanno però fatto acquisire un’esperienza su questi bicilindrici che credo pochi in Italia possono vantare di avere. Pensa che è perfino venuto un tecnico della Buell dagli Stati Uniti per vedere quello che eravamo riusciti a combinare su questa moto. Davvero una grande soddisfazione. In fondo siamo sempre stati costruttori di parti speciali. E tutto questo non è stato fine a se stesso. Il progetto Buell è ormai obsoleto ma ciò che abbiamo imparato è oggi utile nell’allestimento delle nostre special sportive su base Harley-Davidson e Triumph”.
Abbiamo parlato spesso di FreeSpirits. A Carré, a due passi dall’ultima uscita nord dell’autostrada Valdastico c’è grande passione per questo lavoro e la volontà di andare avanti col ‘made in Italy’ nonostante l’inflazione di componentistica, anche di buon livello, proveniente dalle aree low cost: “Molti miei clienti, anche stranieri, mi hanno chiesto perché non incremento il mio business girando le commesse ad aziende del far east specializzate in tornitura e fresatura a disegno e non mi occupo solo della loro commercializzazione. Ma non sarebbe più lo stesso. Io vivo di questo lavoro e ci tengo a farlo qui, nella mia officina”.
Ma veniamo alla Buell XB, o meglio di ciò che è ne rimasto: ”Tutto il lavoro che vedi è stato fatto completamente qui nella nostra officina o, come nel caso del telaio, in quella di un nostro amico, specializzato in questo genere di costruzioni. Come componentistica hi-tech abbiamo utilizzato quanto di meglio disponibile sul mercato, aiutati anche dai nostri clienti che risiedono all’estero e hanno contatti con specialisti locali”.
Il classico bicilindrico di derivazione H-D ha subito modifiche praticamente in ogni suo componente. I pistoni hanno diametro 90,5 mm (anziché gli 88 mm originali) e le nuove bielle in titanio (made in England) hanno richiesto la rilavorazione dei contrappesi dell’albero per alleggerirli. I supporti di banco lato sinistro (quello sollecitato dalla trasmissione primaria) sono stati sostituiti da una coppia di cuscinetti a rulli conici.
La corsa è rimasta l’originale, fissata a 96,8 mm per una cilindrata unitaria di 622,7 cc. Un secondo stadio di elaborazione ha portato a una cilindrata di 1400 cc. I cilindri, in lega leggera, hanno la superficie trattata con un deposito al nickel per garantire miglior scorrimento e maggior dissipazione del calore rispetto alle canne in ghisa riportate della soluzione originale.
I condotti nelle teste sono stati lavorati e la camera di scoppio adattata ai nuovi pistoni, mantenendo un rapporto di compressione di 12:1. Le valvole sono ora in titanio (di provenienza USA), quella di aspirazione ha diametro 47 mm, quella di scarico 41 mm. Le sedi valvole sono state ricostruite utilizzando una lega rame-berilio mentre le guide sono state rifatte in bronzo-alluminio, la cui elevata resistenza meccanica e alla corrosione la rende particolarmente adatta per impieghi ad alta temperatura e a contatto coi prodotti della combustione aggressivi. Sugli steli delle valvole sono stati applicati tenute in teflon.
Grande lavoro anche sui bilancieri, col rifacimento del perno di rotazione in acciaio temperato e rettificato, più piccolo per consentire il montaggio di rullini. Anche i puntalini che comandano le aste portano ora cuscinetti volventi nel contatto con le camme per ridurre gli attriti e l’usura superficiale derivata dall’uso di profili spinti e l’utilizzo di molle valvole più rigide delle originali, oltre a lavorare in sicurezza quando le condizioni di lubrificazione non sono ottimali.
Le aste originali, in acciaio, sono state sostituite da leggerissimi tubi in fibra di carbonio del peso di soli 51 gr., comparati ai 116 originali o ai 68 gr. delle aste in lega leggera.
Originariamente gli alberi a camme ruotano su bronzine. Free Spirits le ha sostituite con cuscinetti ad aghi e lo stesso ha fatto, dove possibile, su tutti i supporti.
Il sistema di scarico è stato realizzato appositamente per questo motore dalla Hot Performance e porta collettori di diametro 48 mm. I due tubi hanno la stessa lunghezza e terminano in un tubo conico che si immette nel silenziatore che corre parallelo sotto il motore e ha l’uscita anteriore, dietro la ruota.
Il risultato di questo sistema di scarico è stato sorprendente nel migliorare l’allungo del motore. Lo scarico originale, secondo Free Spirits, è troppo corto e ha le dimensioni troppo vincolate dall’estetica della moto e dalla sistemazione sotto il motore. Un punto importante: dallo scarico da corsa è stata derivata anche una versione stradale che non ha però ottenuto il successo sperato forse battuto dalla forte concorrenza di prodotti aftermarket più affermati dedicati ai motori Buell.
I condotti di aspirazione originali sono stati modificati e raccordati per poter montare un carburatore Mikuni HSR 45 in posizione orizzontale. Una sfida nella sfida, poiché molti hanno sconsigliato l’applicazione, prevedendo difficoltà di alimentazione utilizzando la vaschetta in posizione remota. In questo modo il carburatore ha potuto essere posizionato in mezzo ai cilindri, dove normalmente c’era il corpo farfallato del sistema di iniezione. Per ripristinare la vaschetta è stato fatto un supporto a squadra che su un lato porta la vaschetta coi relativi galleggianti e dall’altra si fissa alla base del carburatore. Il rinvio della benzina già passata nel getto del massimo è fatta con tubetto flessibile. Un sistema curioso che però funziona.
La scelta di passare dal sistema di iniezione al tradizionale carburatore è stato dettato da due principali ragioni: innanzitutto questo ha permesso di eliminare l’alternatore (ovvero potenza “rubata” alla ruota), il motorino di avviamento, la pompa di alimentazione e di utilizzare una piccola batteria posta dietro il cupolino, sufficiente pe runa piccola pompa di innalzamento, la bobina e il nuovo modulo di gestione dell’accensione. Il secondo motivo è di pura convenienza economica poiché un sistema meno complesso come questo è più facile da controllare ed è sufficientemente affidabile. Il limitatore di giri è posto a quota 7.500 giri. La scatola filtro è posta sotto il finto serbatoio ed è costituita da due piastre in alluminio fresate dal pieno tra le quali è posto un elemento filtrante a cartuccia. Semplice ed efficace.
Grandi interventi anche sulla trasmissione primaria, componente sul quale FreeSpirits vanta anni di esperienza. Campana della frizione e puleggia motrice sono entrambe ricavate dal pieno in lega leggera e sono montate su mozzi in acciaio. Il metallo è trattato termicamente e anodizzato per indurirne la superficie. Il pacco frizione è rimasto l’originale tranne che per il disco di spinta e la leva di azionamento, studiata per ridurre lo sforzo al manubrio. Rispetto all’originale, il complessivo della primaria Free Spirits pesa 5 kg in meno.
Un’altra importante modifica che ha sensibilmente migliorato la manovrabilità del cambio (sempre piuttosto ostico da azionare sui motori H-D) è stata l’adozione di cuscinetti di supporto per il tamburo selettore. Sul tratto inferiore della trasmissione finale, ovviamente diventata a catena per poter avere una più vasta scelta di rapporti, è stato montato un galoppino per mantenere nella giusta tensione la catena, piuttosto sollecitata nei “tira e molla” col gas. E’ un altro accessorio standard FreeSpirits piuttosto diffuso tra i “buellisti”. Corona e pignone sono in lega leggera trattata, il pignone ha il mozzo che si fissa sull’albero di uscita del cambio in acciaio. La catena è una 520.
Il telaio originale, punto di forza dell’esclusività Buell per la doppia funzione strutturale e di serbatoio per la benzina è stato rottamato per sostituirlo con un elemento realizzato in tubi d’acciaio al CrMo nell’officina del compianto Adriano Zanoni, ovvero ‘Taraky”. Pesa solo 7 kg, contro i 16 originali. La geometria è stata mantenuta ma c’è la possibilità di regolare l’angolo al cannotto da 21° a 23° utilizzando i classici eccentrici (disponibili anche per applicazione sul telaio originale).
Anche il forcellone Buell, che contiene l’olio motore, è stato sostituito con un elemento in tubi rettangolari in lega leggera con capriata superiore che supporta un ammortizzatore Bitubo regolabile nel precarico molla e nell’idraulica in compressione alle alte e basse velocità. E’ montato in posizione quasi orizzontale, similmente all’originale. In questo caso la lunghezza è stata aumentata di 30 mm. Nonostante questo il peso è drasticamente diminuito: siamo a solo 3 kg senza il perno.
L’olio è ora contenuto in un serbatoio separato posto all’interno dei tubi sinistri del telaio. E’ realizzato in lamierino di acciaio inox, persa 4 etti e contiene 5 litri. Anche il serbatoio della benzina è realizzato in acciaio inox e è incastrato nella parte centrale del telaio, col bocchettone di rifornimento posto dietro, sotto il codone. Contiene 12 litri e pesa 1.8 kg. La sua forma è molto complessa e occupa tutto il poco spazio disponibile, incluso quello lasciato libero dallo smontaggio del motorino di avviamento. Essendo molto basso rispetto al carburatore c’è una pompetta elettrica e un tubo che riporta al serbatoio la portata in eccedenza.
Con lo sterzo più “aperto” e il forcellone più lungo l’interasse ora varia tra 1.360 e 1.390 mm rispetto ai 1.320 mmm originali.
Anche la forcella è una Bitubo con piastre ricavate dal pieno fabbricate da FreeSpirits. Garantiscono eccezionale rigidezza e relativamente basso peso. Sono assai diffuse sul mercato e realizzate per H-D e Triumph.
L’impianto frenante è Brembo, con pinze radiale fissate a piedini ricavati dal pieno e dischi di diametro 300 mm della Alth e pastiglie della Carbon Lorain. Il freno posteriore è rimasto l’originale.
Il cerchio anteriore è un Mavic in magnesio mentre il posteriore è l’originale. La carrozzeria è realizzata in fibra di vetro, mentre il cupolino è in fibra di carbonio, come anche le coperture laterali del telaio che purtroppo nascondono il traliccio in tubi e rendono alla vista lo stesso effetto del telaio originale, che molti rivestono con coperture simili a queste per preservarlo in caso di caduta.
Questo è il grosso lavoro eseguito da FreeSpirits sulla Buell. Alla richiesta di quanto sia costato questo progetto, Marcello ha preferito non rispondere, ma, oltre all’acquisto della moto, si parla di altre svariate decine di migliaia di euro, che comprendono anche le tante rotture meccaniche avvenute per inesperienza.
Riguardo il comportamento dinamico, i feedback del pilota sono sempre stati focalizzati sul migliorare l’erogazione: un motorone così, carico di coppia fin dai regimi più bassi, può mettere in crisi chiunque se non si usa a dovere la manopola del gas. Una guida completamente diversa dai bicilindrici di minor cilindrata e almeno 2-3000 giri in più di allungo. Ma se si comincia a voler parlare di elettronica il giochino diventa ancora più complesso e costoso da gestire. A FreeSpirits è già soddisfatta così…
Questi i partner di FreeSpirits che hanno reso possibile la realizzazione di questa moto:
Adrenalin Motor, Bitubo, Hot Performance, Motorcycle Store House, B&D Motors e Bike Hospital.
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