Un vero e proprio flop sta interessando le vendite di auto elettriche in Italia. Gli automobilisti del Belpaese non sono solo restii nello switch dal termico all’elettrico, ma ne sono principalmente impossibilitati a causa di basso valore d’acquisto e una mal distribuzione degli incentivi statali. A farlo presente è stato il ministro Pichetto Fratin, il quale ha manifestato questa problematica a fronte del pressing che stanno esercitando le case costruttrici. Analizziamo meglio il flop delle auto elettriche in Italia rispetto alle vendite degli altri Paesi europei.
In Italia l’elettrico va a un’altra velocità, e non si parla di prestazioni, ma di vendite. Il mercato delle auto elettriche in Italia arranca, e non patisce solo la diffidenza degli automobilisti italiani rispetto ai motori 100% elettrici, ma anche le scarse risorse economiche che essi hanno a disposizione. L’industria automobilistica italiana ed europea pressa in maniera tangibile automobilisti e classe politica del Belpaese, ma poco o nulla si può fare per invertire questo trend negativo, se non rivedere profondamente i prezzi di vendita di queste vetture eco-friendly, le quali risultano essere molto più costose delle auto con motori termici. Nel mese di ottobre 2023, la quota di mercato delle auto elettriche in Italia ha raggiunto il misero e insufficiente 4,1%, percentuale quattro volte inferiore al resto d’Europa, dove le immatricolazioni delle vetture full-electric ha raggiunto a settembre 2023 un market share del 16,8%. A spiegare questo ampissimo gap è stato il ministro Gilberto Pichetto Fratin, responsabile dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase), il quale ha puntato il dito contro gli stipendi troppo bassi e la scarsità di incentivi che lo Stato non può incrementare.
In occasione dell’Automotive Business Summit 2023 de Il Sole 24 Ore, Pichetto Fratin ha detto:
“È un fatto principalmente di ordine economico, perché il salario medio italiano avrebbe bisogno di un’integrazione almeno del 50% o 60% per essere alla pari del salario tedesco e, quindi, si dovrebbe di fatto avere un incentivo, una contribuzione pubblica per l’elettrico di dimensioni, triple, quadruple rispetto all’attuale stanziamento. Il bilancio dello Stato non può permettersi interventi di questo genere, quindi il percorso riguarda il sistema industriale, il sistema produttivo, per arrivare a prezzi che siano compatibili con il mercato. La rottamazione delle auto più inquinanti è un’azione da farsi compatibilmente con il bilancio dello Stato, ma il Mimit non ha un quantitativo enorme di risorse per fare questa operazione realistica e massiccia. L’Italia ha 40 milioni di veicoli, di cui 2 milioni e mezzo di Euro 1 ed Euro 2 che inquinano 28 volte più di un Euro 6. Valgono 300 euro e fanno pochi chilometri al mese, ma sono comunque da togliere. Quello sulla nuova casse ambientale è un percorso nato prima di Fit for 55 e, perciò, determinava quasi un obbligo di produrre un bene molto costoso sapendo già che sarebbe nato moribondo. L’elettrico è la strada principale da percorrere, perché il motore ha sette volte meno pezzi dell’endotermico, è più facile da produrre e ha una serie di vantaggi, ma la questione non si risolve obbligando, ci sono dei percorsi anche sul motore endotermico”.
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