Vespa 125: lo scooter compare al cinema

Classic Corner
27 aprile 2019, 23.49
Vespa 125 ‘Vacanze Romane’. Si, quella apparsa nel film con Gregory Peck e Audrey Hepburn. Per molti, un oggetto di culto.
Io che ‘vespista’ non lo sono, devo riconoscere che quell’oggetto ha fascino. Grande fascino. E’ davvero ‘diverso’ e mi immagino quanto poteva essere attraente visto dietro una vetrina illuminata all’inizio degli anni Cinquanta. Bella e possibile per tutti, magari a rate. Immagino il repertorio del venditore dell’epoca: “Guardate qui. Toccatela. Solo lamiera. Indistruttibile. E il motore. Due tempi, semplice, robusto. Con un litro di miscela fa tanta strada. E’ nascosto sotto il cofano, come sulle automobili. Dimenticatevelo, tanto non vi lascerà a piedi, mai. E se capitasse… nessun problema. Chiunque ci sa mettere le mani, sulla Vespa”. Era facile venderle, le Vespa. Si potevano anche fare le rate, indispensabili per molti. Ed era facile andarci, sulle Vespa. Chi non poteva ancora permettersi un’auto aveva finalmente l’alternativa alla bicicletta. O alle suole.
Vespa
La linea di produzione della Vespa a Pontedera.
Disegnata attorno all’uomo
Nel suo
contributo inserito nel bellissimo volume “Corradino d’Ascanio Uomo, Genio,
Mago, Mito” edito dalla Fondazione Piaggio in occasione dell’omonima mostra
dedicata all’inventore della Vespa (presso il Museo Piaggio di Pontedera fino
al 31 gennaio 2012), il designer Giorgetto Giugiaro riporta un dettaglio
interessante che aiuta a comprendere perché la Vespa fu da molti definita
l’antimoto. Citiamo testualmente: “Durante
un’intervista viene chiesto a d’Ascanio come nacque la Vespa: la cinepresa è
fissa sulle sue mani e sul foglio sottostante. Lui comincia a disegnare e la
prima cosa che traccia sul foglio è la figura stilizzata di un uomo seduto”.

E prosegue: “In quell’immagine stilizzata
di un uomo comodamente seduto, come su una sedia, nasce il successo della
Vespa: è la sintesi perfetta di ciò che è l’ergonomia e detterà, insieme
naturalmente alle competenze e all’esperienza di d’Ascanio, l’evolversi del progetto”.
E questo, aggiungiamo noi, taglia corto su ogni paragone tra moto e scooter. Seduti
come su una sedia e con le mani appoggiate sul tavolo, il piede destro che con
la punta aziona il freno posteriore (lo stesso piede che si usa per il medesimo
scopo sulle auto…) e la manopola sinistra girevole per innestare le marce
mentre si aziona la frizione rappresentano le principali caratteristiche uniche
e inedite della “filosofia” Vespa. D’Ascanio, come noto, non era motociclista e
riteneva il togliere una mano dal manubrio per cambiare marcia una cosa
pericolosa, specie nel traffico cittadino. Evidentemente pensava alla manovra
del cambio automobilistico”.
Vespa
Interessante
anche il commento, riportato sulla già citata pubblicazione, del prof. ing.
Francesco Lanzara, all’epoca direttore dello stabilimento Piaggio di Pontedera:
“… chi aveva in mente la motocicletta,
non ci credeva, chi amava la bicicletta, pensava al motorino ausiliario. Ma la
Vespa non somigliava affatto a nessuno dei paradigmi esistenti, era diversa,
una cosa diversa, piena di dee nuove, con una fisionomia del tutto originale,
era un archetipo di una ‘specie’ nuova. Su questa ‘pietra’ iniziale è stata
costruita la Piaggio del dopoguerra. Sul Times di Londra venne scritto ‘bisogna
risalire alla biga romana per trovare un veicolo costruito in Italia che sia
così peculiarmente e orgogliosamente italiano”.
Tuttavia
il successo del primo modello, la 98 del 1946, non fu probabilmente quello che
si aspettavano alla Piaggio. L’idea era buona, lo dimostrerà la storia, ma come
tutti i prodotti nuovi, serve tempo e soprattutto una rete di distribuzione e
assistenza capillare. E poi va bene l’economicità, l’affidabilità e un’estetica
elegante, ma la 98 non ha praticamente sospensioni e questo gli procura qualche
difficoltà in più per essere accettata da tutti. E poi va veramente piano…
  • La tipica sospensione anteriore 'a ruota tirata'.
  • La 'sacca' destra ampiamente finestrata.
  • La 'cuffia' in lamiera per convogliare l'aria di raffreddamento al gruppo termico.
Un passo avanti necessario
Sulla
Rivista Piaggio n.1 del 1949, lo stesso d’Ascanio riconosce che: “Per quanto una fabbrica collaudi e provi le
proprie macchine non otterrà mai un collaudo efficiente, indicativo e completo come
quello che può dare l’esperienza di una vasta clientela, e difatti questa
esperienza ha consentito, in breve volger di tempo, di portare alla Vespa quei
ritocchi necessari e di preparare il nuovo modello 125, con molleggio
posteriore e telaio di grande stabilità”.
Dopo la prima serie, fabbricata in circa 1.400
esemplari nel 1946, e la seconda serie (15.680 pezzi nel biennio successivo) la
98 cede il posto alla 125, presentata nel 1948. C’è una più efficiente
sospensione anteriore che monta una molla elicoidale, così come anche il gruppo
motore-trasmissione oscillante. Il comando del cambio continua ad essere a
bacchetta. Ben presto c’è anche una esile stampella laterale: la 98 si
appoggiava semplicemente sulla pedana. Siglata V1T, la Vespa 125 è prodotta in
circa 35.000 esemplari nel solo 1948. Inizia nel 1949 la seconda serie (sigla
V2T-V14T) che ha finalmente un cavalletto centrale e il comando del cambio che
diventa misto, con la prima parte e l’ultima a bacchetta e quella che passa
nella parte centrale della scocca a cavo flessibile. La marmitta esce sulla
sinistra e sostituisce la scatola silenziante (simile alla 98) con una a forma più
schiacciata. La terza serie, del 1950, ha la marmitta cromata di forma ovale, la
scocca differente e (dalla sigla V15T) il fanale imbullonato al parafango
anziché rivettato per cui è possibile registrarne l’incidenza sulla strada. I
terminali del cavalletto sono rivestiti in gomma, assumendo le sembianze che
accompagneranno le Vespa per sempre.
  • Vespa
    Il comando del cambio a cavi flessibili che nel 1951 ha sostituito quello a bacchetta.
  • Vespa
    Il pedale del freno posteriore.
  • Vespa
    Le pedane pieghevoli pe ril passeggero erano un accessorio.
La Vespa 125 “a cavi”
Il
30 dicembre 1951 è presentata la Vespa 125 modello 1951, prodotta pressoché
immutata per due anni (codice V30T-V33T) che porta l’importante innovazione del
cambio comandato da cavi flessibili. Sono così risolti i problemi di
imprecisione del precedente sistema a bacchetta, soggetto a usura nei vari
perni di snodo. Passo avanti anche nella sospensione anteriore che guadagna un
ammortizzatore idraulico e nuovo il fanalino posteriore che da tondo diventa
rettangolare. Il tubo di scarico entra in una scatola nervata posta sotto il
motore, col terminale che nella prima versione (V30T) esce a destra, sotto il
braccio della trasmissione e nella successiva (V33T come l’esemplare del nostro
servizio), a sinistra. Tra i dettagli, il rubinetto della benzina che diventa a
levetta rotante e con la riserva. Nuovo e più grande il filtro dell’aria che
protegge il carburatore Dell’Orto TA17B. Ci fermiamo qui, rimandando ad un
prossimo servizio l’analisi dei successivi dieci anni della 125 con la scocca
grande, prima dell’arrivo della Nuova 125 datata 1965.
  • Vespa
    Lo sportellino che dà accesso al filtro dell'aria e al carburatore.
  • Vespa
    Il rubinetto della miscela.
  • Vespa
    Il silenziatore è costituito da una scatola di lamiera.
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