Sul centenario di Citroen sono già stati versati fiume d’inchiostro, virtuali e reali. Ecco perché è ora di raccontarvi alcuni aneddoti sulla storia Citroen, un racconto che proprio quest’anno è al centro delle celebrazioni della marca francese. Partiamo dal principio però, dall’inizio della storia Citroen, quando un certo André Citroën…
Innanzitutto il cognome: siamo nei Paesi Bassi, all’inizio del 1800 e nessuno ha un cognome, incluso il nonno di André ma nel 1811 Napoleone ordina di censire tutte le famiglie residenti nei governatorati francesi, Olanda inclusa. Molti scelgono un nome legato alla propria attività lavorativa, così Roelof, venditore specializzato in frutta esotica della Guinea Olandese, diviene Roelof Limoenmann, ovvero “l’uomo dei limoni”. Diversi anni dopo, il figlio Barend – divenuto artigiano orafo – decide di semplificare il cognome e sceglie Citroen, che in olandese significa limone. Nel 1870, quando si trasferisce in Francia con la famiglia, decide di dare una connotazione francese al proprio cognome, aggiungendo una dieresi: nasce così la famiglia Citroën.
Dopo l’esperienza bellica al sostegno dell’esercito francese e, non tutti lo sanno, nella costruzione di auto di lusso, André Citroën, decide di fare il grande passo e di iniziare a produrre auto popolari, che costassero poco. Nasce così, almeno in Europa, il concetto di auto moderna, se vogliamo la vera utilitaria. Citroën aveva visitato, anni prima, gli stabilimenti Ford a Detroit, rimanendo impressionato dalla cantena di montaggio, meno dal trattamento poco umano dei suoi dipendenti per il quale è rimasto famoso Henry Ford.
Già diversi anni prima, infatti, il giovane André, era il 1901, viaggia in Polonia e pone le basi del suo sogno. Il viaggio si dimostra particolarmente fruttuoso perché il futuro uomo che rivoluzionerà la Francia, dando a tutti un’auto sul quale sedere, se ne torna a casa con il brevetto degli ingranaggi a cuspide (in grado di moltiplicare o ridurre grandemente forza e movimento di macchinari anche molto imponenti): è il primo passo verso la fondazione della fabbrica di ingranaggi Citroën (1905). Dallo loro silhouette nascerà successivamente anche il simbolo, entrato nella storia, delle due punte di freccia direzionate verso l’alto (“double chevron”).
Rieccoci al primo dopoguerra, quando gli stabilimenti di Javel, prima destinati alle produzione di granate (ne usciranno 23 milioni durante i quattro anni del conflitto), vengono trasformati in una fabbrica di automobili. Già allora si intuiva la mentalità del personaggio: “I metodi di lavorazione continueranno a essere scientifici; la vita degli operai sarà ancora segnata dall’impegno per il loro benessere fisico e morale”.
In un colpo solo, André Citroën rivoluziona l’idea di automobile e anche il modo in cui viene venduta e raccontata. A marzo del 1919 il primo modello di casa Citroën viene annunciato alla stampa. A maggio escono le prime pubblicità, anche queste una piccola rivoluzione: una pagina intera su tutti i quotidiani di Francia che recita “10HP, la prima automobile francese costruita in grande serie”.
Un solo modello, sette versioni – torpedo a tre posti e quattro posti, berlina a tre e quattro posti, sport da città, furgonetta e veicolo per le consegne – al prezzo base di 7.250 franchi, una cifra straordinaria per l’epoca. Il 4 giugno i parigini si accalcano per vedere la Type A nel negozio di automobili Alda degli Champs-Elisées, la prima concessionaria d’auto, e al 1924 le unità vendute sono già 60.000.
Da quel momento alla sua morte, nel 1935, arrivano la B12, la Rosalie e, soprattutto la Traction Avant. Vengono introdotte così, nel giro di pochi anni, la carrozzeria “tutto acciaio”, il motore flottante e la trazione anteriore, una rivoluzione, grazie all’ingegno del giovane André Lefebvre. Nel progetto, oltre a una squadra ingegneri e disegnatori di talento, viene coinvolto anche lo scultore italiano Flaminio Bertoni, un nome che ha cambiato la storia di Citroën e tra poco capirete perché.
La morte del fondatore non frena altri progetti, con l’arrivo del nuovo Presidente e Direttore Generale, Pierre Jules Boulanger. Le scelte a cui viene chiamato sono difficili: tagliare il personale, ridurre gli stipendi e cancellare progetti troppo ambiziosi, come quello della Traction Avant modello 22, con motore 8 cilindri a V che, pur essendo stata presentata ed inserita nei cataloghi della marca, non vedrà mai la luce. Proprio in quel frangente nasce un progetto destinato a fare scuola dopo la guerra, si chiama TPV (Tout Petite Voiture) ma diventerà la 2CV, cui seguirà l’altrettanto importante Dyane.
La “lumaca di latta” non deve essere bella ma funzionale. Lo stesso Boulanger, nel suo diario, definisce cosa deve essere la 2CV: “Voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, capaci di trasportare una coppia di contadini con gli zoccoli, cinquanta chili di patate ed un paniere di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”. L’auto viene comunque ingentilita nelle forme da Bertoni e l’auto rimane in produzione per decenni, diventando il simbolo stesso della Casa francese. Sempre Bertoni firmerà anche la Dea alata, la futuristica Citroen DS, porta d’ingresso nel futuro della marca i cui modelli non elenchiamo per questione di spazio.
In conclusione, specie in un’epoca durante la quale si celebra il femminismo, fu proprio André Citroën il primo a scommettere sulla manodopera femminile, con gli operai diventati soldati per l’impegno bellico. “Le donne sono sempre state molto rispettate al Quai de Javel e noi facciamo sempre di tutto per piacere loro”.
Quando, dopo la guerra, Javel viene convertita in un’azienda automobilistica, il numero delle donne in fabbrica scende – in concomitanza con il ritorno degli uomini dal fronte – al 21% della forza lavoro complessiva.
Ma l’apprezzamento di Citroën per l’efficienza, la precisione e la sensibilità femminili è tale che – a produzione avviata (1920) – oltre il 50% dei dipendenti sarà composto da manodopera femminile. Donne che torneranno protagoniste nella storia della marca: dalla moglie del fondatore, a Madame Vuitton, fino all’attuale CEO Linda Jackson.
Parallelamente Citroën è il primo a rendere più umana l’idea del taylorismo, introducendo, pensate, una clinica con tanto di ginecologo, la sala d’allattamento per i neonati e dodici infermieri sempre a disposizione per gli operai. A tutto questo, bisogna aggiungere la presenza di cooperative di consumo, un cinematografo, spazi ricreativi condivisi e le mense con menu identico per operai, impiegati, quadri e dirigenti.
Il pensiero di André è tutto in questa frase: “Io vorrei che noi arrivassimo, a Javel, a creare dappertutto dei sorrisi supplementari, in tutti i reparti, in tutti gli anelli della catena. […] Questa catena, necessità del nostro secolo, non la possiamo più cancellare ma abbiamo il dovere di distruggerla con questa massa di sorrisi”.
Se la pubblicità è l’anima del commercio, André è sicuramente uno dei suoi profeti. Già con la Type A, per la prima volta in Europa su un giornale viene pubblicata la foto di un’auto con prezzo, descrizione e invito ad andare a provarla in concessionaria. Nel 1922, nei giorni precedenti la settima edizione del Salone dell’Auto di Parigi, fa distribuire volantini che invitano a guardare il cielo (“Regardez le ciel”) e puntuale, all’apertura del Salone, un aereo vola su Parigi scrivendo con lettere di fumo il nome Citroën, che si estende per una lunghezza di 5 km.
Nel 1925, decide di stupire Parigi (e il mondo intero) illuminando per la prima volta la Tour Eiffel: il nome Citroën campeggia sul simbolo di Parigi e della Francia. Il progetto è un’idea del fiorentino Fernando Jacopozzi che con chilometri di cavo, migliaia di lampadine e l’aiuto di acrobati del circo, imbianchini, marinai e manovali riesce nell’impresa.
Dal 17 dicembre 1922 al 7 gennaio 1923 si tiene la prima – leggendaria – Crociera Nera, che prevede l’attraversamento del deserto del Sahara per mezzo di dieci cingolati Citroën. Fra il 1924 e il 1925, Citroën organizza una seconda spedizione, con l’obiettivo di attraversare l’intero continente africano da nord a sud.
Tra il 1931 e il 1932 i cingolati Citroën sono le prime automobili ad attraversare la catena dell’Himalaya, partendo da Beirut e arrivando a Pechino (12.115 i chilometri percorsi). L’impresa viene battezzata Crosière Jeaune (Crociera Gialla).
Nel dopoguerra Delpire e la sua agenzia creeranno le campagne pubblicitarie più belle, eleganti ed incisive di Citroën: grandi fotografi come Helmut Newton, Robert Doisneau o William Klein ritraggono le auto che poi verranno valorizzate su brochure di grande formato e curatissime con elementi grafici che diventano logo e nome del modello.
Contemporaneamente Wolgensinger rispolvera le Crociere Citroën, questa volta sta alle piccole di casa 2CV, Dyane, Méhari attraversare il deserto o arrivare in Iran, in Afghanistan, in India e nel Sud America. L’impatto comunicativo è impressionante: Citroën diventa sinonimo e manifesto di uno stile di vita.
In Italia l’agenzia B Communication collabora con la Delpire per adattare ai nostri gusti le campagne che arrivano dalla Francia: nasce così il successo tutto italiano di Dyane (primo mercato per questo modello) con una campagna che guarda ai giovani: “Dyane, l’auto in jeans” piccola, economica, pratica, simpatica “è uno scooter da città ed un pulmino da weekend”.
Dopo un primo episodio lanciato a marzo 2018, la campagna Citroën – in cui il protagonista globe-trotter, è alle prese con un viaggio attraverso diverse epoche – si arricchisce di nuove sequenze inedite, dove compaiono personalità indissolubilmente legate alla storia della Marca: il pubblicitario Jacques Séguéla a bordo di una DS e Sébastien Loeb sulla sua Xsara WRC.
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