Sono circa mezzo milione i posti di lavoro che potrebbero essere a rischio in Europa con l’avvento dell’auto elettrica, questo solo per quanto riguarda i fornitori auto di componenti dei motori termici. È la previsione fatta da Clepa, l’associazione europea che rappresenta le aziende di fornitori che ha commissionato uno studio su questo tema alla PWC. Secondo quanto emerso dalla ricerca sono esattamente 501.000 i posti che potrebbero rischiare di scomparire o di mansioni che potrebbero diventare obsolete.
Davanti a questa perdita di capitale umano saranno circa 226.000 le nuove opportunità di lavoro rappresentate dalle motorizzazioni elettriche dando però per sicura una catena europea stabile di produzione delle batterie: il conto quindi sarebbe una perdita netta di posti di lavoro paria 275.000. Ad oggi la fornitura di componenti per motori termici dà lavoro, nell’Unione europea, a 599.000 persone, su un totale di 1,7 milioni di persone impiegate nei fornitori.
Lo studio di Pwc prende in considerazione il periodo di tempo 2020-2040 ed ipotizza tre scenari possibili: un approccio tecnologico misto che passi dagli attuali 95 g/km di CO2 medi a 20 g/km nel 2040; uno in grado di tener conto delle richieste della Commissione europea con il pacchetto Fit for 55 che prevede lo stop totale delle vendite di vetture con motore termico entro il 2035 e un calo delle emissioni dell’immatricolato del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2021; e un più radicale e rapido incremento delle vendite di elettriche e un obiettivo di zero emissioni nel 2030. I tre scenari ipotizzati prevedono una quota di mercato, anch’esse nel 2030, delle vetture elettriche pari a più del 50%, circa l’80% e vicino al 100%.
Lo studio delinea un maggiore impatto occupazionale in sette Paesi dell’UE: Germania, Spagna, Francia, Italia, Repubblica Ceca, Polonia e Romania. Le perdite più grandi di posti di lavoro avverrebbero in Germania con circa 121 mila persone, Italia con 74 mila, Spagna con 72 mila e Romania con 56 mila. La ricerca evidenzia che, nello scenario più estremo, il 70% dell’impatto sull’occupazione si verificherà tra il 2030 e il 2035 con ben 359 mila posti persi. Per quanto riguarda la componentistica in Italia e quanto valga lo spiega Marco Stella, vicepresidente di Anfia, l’associazione confindustriale dell’automotive: “La filiera ha oggi in Italia un peso economico e occupazionale rilevante, considerando che i prodotti di questo comparto sono esportati e apprezzati in tutto il mondo. Il saldo della bilancia commerciale è positivo per circa 5,5 miliardi di euro l’anno“.
La fetta più grande di valore aggiunto futuro nel settore dei motori elettrici, corrispondente a circa 70 miliardi di euro “dipende da una catena di batterie Ue completa e consolidata – si legge nello Studio – Di conseguenza, le proiezioni del valore aggiunto per i veicoli elettrici dipendono interamente dall’incerta produzione locale di batterie”.
Secondo quanto affermato dal segretario generale di Clepa, Sigrid de Vries “il futuro del valore aggiunto e della creazione di nuovi posto di lavoro destinati alle tecnologie dei powertrain dipende dalla produzione in Europa delle batterie. Un quadro normativo aperto a tutte le soluzioni disponibili, come l’uso di tecnologie ibride, idrogeno verde e combustibili rinnovabili sostenibili consentirà l’innovazione mentre ridefiniamo la mobilità nei prossimi decenni“.
“Sostenere i produttori di componenti in Italia nell’affrontare la transizione verso la mobilità a zero emissioni – aggiunge Stella riferendosi all’Italia – significa anche comprendere le attuali difficoltà del 30% circa di essi, che ad oggi risultano ancora concentrati sulle tecnologie dei motori a combustione interna e, in generale, delle Pmi, che rappresentano la maggioranza del comparto, nel farsi carico di ingenti investimenti nel giro di pochi anni“.
Autore: Alessio Richiardi
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