“Le grandi ipocrisie sul clima”: al Senato il confronto su una transizione green tra retorica e realtà

Attualità
13 giugno 2025, 11.00
3 alfredo altavilla
In un momento storico in cui la lotta al cambiamento climatico è sulla bocca di tutti, ma non sempre nei fatti, la presentazione del libro “Le grandi ipocrisie sul clima” ha acceso un dibattito franco e necessario nella prestigiosa Sala Isma del Senato della Repubblica. Firmato dal saggista Roger Abravanel e da Luca D’Agnese, direttore di Advisory e Competence center di Cassa Depositi e Prestiti, il saggio è un atto d’accusa contro le ambiguità della transizione ecologica in corso, ma anche un invito alla responsabilità condivisa tra imprese, istituzioni e cittadini.

Il “triangolo della sostenibilità”: oltre il greenwashing

Al centro del libro e del confronto istituzionale, la proposta di un modello concreto di sostenibilità: un “triangolo” che vede protagonisti le imprese, la politica e la società civile. Un richiamo alla cooperazione autentica, ben lontana dalle operazioni di facciata che oggi spesso dominano la scena e che gli autori bollano senza mezzi termini come greenwashing. Il testo denuncia con forza la retorica dominante, accusata di alimentare illusioni e rinvii, mentre la crisi climatica avanza.
“Abbiamo trasformato la sostenibilità in uno slogan. Le imprese sono travolte da metriche ESG senza impatto reale, e le politiche pubbliche mancano di coerenza,” ha esordito Abravanel, ricordando l’inefficacia degli incentivi all’auto elettrica, bruciati in poche ore e con l’80% dei fondi finiti all’estero. Più drammatico ancora il quadro tracciato da D’Agnese: “Entro il 2050, oltre 1,5 miliardi di persone saranno costrette a migrare per motivi climatici. Ma l’Europa rischia il fallimento della transizione per colpa di costi elevati e scelte scollegate dalla realtà.”

Un’Europa in affanno e un’Italia rallentata

Il confronto ha messo in luce la difficoltà dell’Europa a guidare la transizione. Alfredo Altavilla, Special Advisor Europe di BYD, ha osservato come il Green Deal stia generando effetti controproducenti: “In Europa il parco auto invecchia, i prezzi salgono, le emissioni non calano. Nel frattempo, il mercato dell’usato cresce e i fondi del PNRR per le colonnine vengono dirottati su bonus poco efficaci.”
Pier Ferdinando Casini, intervenuto nel dibattito, ha richiamato alla necessità di “un principio di obiettività” e ha sottolineato come l’innovazione debba essere pragmatica, non ideologica: “Il dialogo con la Cina è complesso ma imprescindibile, perché i dogmi non costruiscono nulla. Solo la cooperazione può farlo.”
Sulla stessa linea Mariastella Gelmini, che ha lanciato l’idea di passare da un Green Deal a uno Smart Deal: “Le imprese italiane, soprattutto le PMI, chiedono semplificazione. Non possiamo restare indietro per colpa della burocrazia. Competere significa anche saper attrarre energia pulita dove costa meno.”

Il nodo energia: costi e ostacoli

Renato Mazzoncini, CEO di A2A, ha riportato l’attenzione su numeri concreti: “In Italia il fabbisogno energetico è ancora coperto per l’80% da gas e petrolio. Sul fotovoltaico siamo penalizzati da costi di autorizzazione e burocrazia: mentre in Arabia Saudita l’energia solare costa 10–12 €/MWh, da noi supera i 60 €/MWh. Così non si può competere né accelerare la transizione.”

Un dibattito che accende la politica climatica

La presentazione del libro, moderata da Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, si è trasformata in un confronto ad alta intensità sul futuro della sostenibilità, spogliata dalle retoriche e ancorata alla concretezza dei numeri e delle scelte politiche.
Il messaggio finale è chiaro: per evitare che la transizione ecologica resti una promessa vuota, serve un cambio di passo. Meno ideologia, più pragmatismo. Meno ipocrisie, più collaborazione. Solo così l’ambizione climatica potrà diventare realtà.
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