Ford paga dazi per 800 milioni: prima perdita trimestrale in due anni

Attualità
31 luglio 2025, 15.53
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La casa americana penalizzata dall’import import di componenti e dalle tariffe su acciaio e alluminio. Persi 29 milioni nonostante ricavi in crescita
Ford torna in rosso per la prima volta dal 2023. A pesare sui conti del secondo trimestre 2025 sono stati soprattutto gli oltre 800 milioni di dollari pagati in dazi doganali, nonostante gran parte della produzione avvenga ancora negli Stati Uniti.
La voce di costo si riferisce in gran parte alle componenti importate dall’estero e alle tariffe su acciaio e alluminio, che continuano a impattare negativamente sulla filiera automotive statunitense. Risultato: utile netto azzerato, con una perdita di 29 milioni di dollari, a fronte dell’utile di 1,8 miliardi registrato nello stesso periodo del 2024.

Più ricavi, meno margine

Paradossalmente, i ricavi nel trimestre sono aumentati, passando da 47,8 a 50,2 miliardi di dollari, ma i margini sono stati erosi da costi operativi crescenti, tra cui proprio quelli legati ai dazi.
Secondo quanto dichiarato dalla chief financial officer di Ford, Sherry House, la casa dell’Ovale Blu sta esercitando pressioni sull’amministrazione Trump per ottenere una riduzione delle tariffe su materiali e componenti importati. “Ford è la casa automobilistica più americana: non dovrebbe essere penalizzata da queste politiche”, ha commentato la dirigente, esprimendo tuttavia un cauto ottimismo.

Stima al ribasso sugli utili annuali

Nel nuovo outlook, Ford prevede che i dazi avranno un impatto di circa 2 miliardi di dollari sugli utili del 2025, una cifra superiore alla stima di 1,5 miliardi comunicata solo tre mesi fa. La revisione al ribasso è un campanello d’allarme per un settore che, pur vivendo un momento di transizione tecnologica, deve fare i conti anche con variabili geopolitiche e commerciali sempre più instabili.

Reazione dei mercati

Alla pubblicazione dei risultati, il titolo Ford ha perso il 3,4% nelle contrattazioni after-hours. Una flessione che riflette i timori degli investitori rispetto al contesto globale e alla tenuta della redditività nel breve termine.
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