Rivoluzione nel Codice penale italiano: bloccare il traffico con il corpo non è più un illecito amministrativo, ma un vero e proprio reato. Scopri le nuove pene e le implicazioni per la protesta civile.
Una svolta epocale nel panorama legislativo italiano è appena entrata in vigore, destinata a cambiare radicalmente le regole della protesta civile. Con l'approvazione del decreto Sicurezza numero 48 dell’11 aprile 2025, convertito in legge dal Senato lo scorso 4 giugno, il blocco stradale o ferroviario effettuato con il proprio corpo è ora considerato un reato a tutti gli effetti, e non più un semplice illecito amministrativo.
Questa novità ha suscitato reazioni contrastanti: grande soddisfazione tra le forze di maggioranza, che la considerano una misura per rafforzare la sicurezza e tutelare cittadini e forze dell'ordine, e forti critiche da parte dell'opposizione, che denuncia un potenziale arretramento per i diritti civili e la democrazia.
Dal "multone" al Codice Penale: cosa cambia per i manifestanti
Fino al 10 aprile, chi interrompeva la circolazione stradale sedendosi o sdraiandosi sull'asfalto, come spesso accaduto con le manifestazioni degli ecoattivisti di Ultima Generazione – noti per le loro azioni volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle tematiche ambientali – commetteva un illecito amministrativo. La sanzione prevista era un'ammenda da 1.000 a 4.000 euro (secondo il decreto legge 113/2018), senza possibilità di arresto.
Ora lo scenario è completamente diverso:
- Blocco individuale: Chi effettua un blocco stradale con il proprio corpo, agendo da solo, commette un reato punito con la reclusione fino a un mese o una multa fino a 300 euro.
- Blocco collettivo: Se il fatto è commesso da più persone riunite, la pena si inasprisce, prevedendo la reclusione da sei mesi a due anni. È un aggravamento significativo che era stato anticipato già nel 2023 e che ora trova piena applicazione.
È importante sottolineare che, sebbene le pene siano aumentate, le misure cautelari (come l'arresto preventivo) scatteranno unicamente per condanne superiori ai cinque anni.
La "norma anti-Gandhi" e le infrastrutture strategiche
Un'altra modifica che ha generato dibattito è la possibilità di sanzionare la "resistenza passiva", ovvero l'atto di frapporre il proprio corpo senza violenza. Questa clausola è stata polemicamente etichettata dall'opposizione come "norma anti-Gandhi", evocando figure storiche della protesta non violenta.
Infine, la nuova legge introduce anche delle aggravanti specifiche nel caso in cui la minaccia a un pubblico ufficiale abbia lo scopo di impedire la realizzazione di opere pubbliche. Questa norma, soprannominata "anti No Tav" e "anti No Ponte sullo Stretto", mira a contrastare le manifestazioni che ostacolano grandi progetti infrastrutturali, rendendo più severe le conseguenze per chi adotta tali forme di protesta.
La nuova normativa rappresenta un punto di svolta nel rapporto tra diritto di manifestare e ordine pubblico, con implicazioni concrete per chiunque scelga di esprimere il proprio dissenso bloccando la viabilità. Gli occhi sono ora puntati sulle future applicazioni della legge e sulle sue conseguenze sul fronte dei diritti civili in Italia.