Nella giornata di oggi, Andrea Kimi Antonelli ha visitato lo stabilimento Petronas di Santena, vicino a Torino, dove ha sede il Global Research & Technical Center della Petronas Lubricants International, Title Sponsor e partner strategico del team Mercedes in Formula 1. Il giovanissimo pilota bolognese ha potuto conoscere tutti i dipendenti dello storico stabilimento Petronas di Santena, e si è aperto a giornalisti e dipendenti in diverse sessioni di intervista dove ha parlato del suo viaggio verso la Formula 1, i suoi obiettivi e le sue aspettative per il 2025.
Il bolognese classe 2006 ha anche lasciato trasparire la sua personalità e la sua spontaneità, facendo emergere un ragazzo ambizioso e affamato, ma dotato di una maturità e un'etica che fanno oscillare questo giovane emergente tra l'irruenza e la fame dei suoi 18 anni e la riflessività di un pilota con anni di esperienza nella massima serie. Vediamo cosa ci ha raccontato nella nostra intervista Andrea Kimi Antonelli, alla vigilia dell'attesissimo Gran Premio di casa, nella sua Imola.
Cosa ti aspetti da questa visita?
Sono felice di visitare il Centro di Ricerca Petronas per due motivi. Il primo è per conoscere tutti quelli che lavorano per sviluppare i prodotti che io sfrutto su strada, dal carburante ai fluidi. Sono felice di conoscere le donne e gli uomini che compongono questa azienda, della quale noi sfruttiamo il lavoro in pista. In più, sono curioso di vedere tutto il processo che c'è dietro, perché alla fine io vedo il prodotto finale, e non tutto quello che succede prima che arrivi sulla mia Mercedes.
Mi sono incuriosito quando ho conosciuto i due ingegneri Petronas che sono sempre presenti nel box, con un piccolo laboratorio sul posto, dove producono, analizzano e testano i prodotti per vedere che funzionino al meglio. Quello che mi ha impressionato è il processo di analisi che loro riescono a fare a bordo pista sull'olio motore appena uscito dall'auto, capendo dall'analisi se e quali sono i problemi alla power unit.
Cosa pensi delle vetture di Formula 1 2026?
A questa domanda, Kimi ha risposto in maniera molto interessante.
Su cosa stai lavorando e su dove pensi di poter migliorare?
Credo che ci sia sempre da migliorare. Ad inizio stagione ho lavorato tanto sulla qualifica, e a Miami ha dato i suoi frutti (ha conquistato la Pole Position nella Sprint Qualifying e la terza posizione nella qualifica "ufficiale", n.d.r.). Spero di ripetermi questo weekend, perché sarebbe un sogno ottenere un grande risultato a Imola.
Un'altra cosa su cui sto lavorando è la capacità di mettere tutto insieme durante il weekend. In queste prime gare, quando ho fatto bene le qualifiche, la gara è andata meno bene, mentre magari quando le qualifiche vanno così così, poi in gara ho fatto molto meglio. L'obiettivo è riuscire a mettere insieme tutto nel weekend, ma credo che questo venga con l'esperienza. Ogni gara è un'esperienza diversa, anche le gomme sono differenti a livello di compound tra un weekend e l'altro, quindi alla fine ci sono tante cose da tenere in considerazione. Con l'esperienza, sicuramente riuscirò a far meglio.
Dopo ogni weekend vado in fabbrica dal team e vedo di analizzare dove potevo far meglio, per cercare poi di applicarlo in pista nella gara successiva. Ovviamente, quando ci sono diverse gare consecutive è più complicato farlo, tutto è fatto con maggiore fretta. Quando siamo fuori Europa, un giorno lo dedichiamo al viaggio, uno a riposare e poi si è già in pista. Per questo, ritengo che quando ho una settimana libera è molto importante analizzare tutte le informazioni, perché ogni weekend è un "bombardamento di dati" e informazioni. Soprattutto nel mio caso, serve un po' di tempo per capire, imparare e immagazzinare tutti questi dati.
Ormai l'inglese è la lingua ufficiale della Formula 1. In che lingua pensi quando sei in pista?
Ora, penso in inglese anche quando sono in macchina. Alla fine durante i weekend di gara si parla solamente inglese. Io, però, sto provando a portare dell'italianità all'interno del team, però c'è ancora tanto lavoro da fare, soprattutto a partire dal cibo. Sto cercando di educare Bono (il suo ingegnere di pista, Peter Bonnington, storico ingegnere anche di Hamilton e Schumacher in Mercedes, ndr.) sul cibo: lui mangia curry tutti i weekend, ovunque sia la gara.
Pensate che ha trovato persino un indiano a Bologna dove lui e gli altri ingegneri vanno durante il weekend per mangiare il curry! Allora gli ho detto "Guarda, una sera ti porto a mangiare del cibo decente!" (ride). Venerdì porterò le lasagne in pista per 100 persone: non ho ancora capito quanti cavolo di camion ci serviranno, però porterò le lasagne per fargli provare del cibo vero!
Hai dei riti scaramantici prima di una gara?
Sono una persona abbastanza scaramantica. Scendo e salgo dalla macchina sempre dallo stesso lato, quello sinistro, quando faccio riscaldamento fisico faccio sempre gli stessi esercizi nello stesso ordine. Tengo poi i vestiti sempre sulla stessa sedia, nello stesso ordine e nello stesso modo. In più, non amo utilizzare cose nuove quando guido, principalmente guanti e scarpe. Non riesco ad avere il feedback corretto quando utilizzo guanti o scarpe nuove: preferisco utilizzarli usati, così riesco ad avere più feeling di cosa sto facendo. Ovviamente non arrivo ad avere i guanti con i buchi! (Ride)
Cosa diresti al Kimi giovane di 12 anni che correva nei kart?
Ci sono un po' di cose che gli direi. Sinceramente, da piccolo credevo poco in me stesso. Credevo troppo a quello che dicevano gli altri sul mio conto, soprattutto quando andavo in pista. Ero sempre teso, perché avevo paura che se non avessi fatto quello che avrei dovuto o quello che si aspettavano, gli altri non avrebbero più creduto in me.
Gli direi di non preoccuparsi di quello che dicono le altre persone, quelle che non ti sono vicine. Gli direi anche di ascoltare, invece, quello che dicono le persone vicine, la famiglia e gli amici più cari, e di capire quali sono le critiche costruttive e fare tesoro di quelle, usandole per migliorare, e di crederci sempre. Se non credi in quello che sai fare, è come tirare il freno a mano, non riuscendo ad ottenere il massimo dal tuo potenziale. Non dimenticherei di dirgli di divertirsi sempre, perché ho l'opportunità di fare quello che ho sempre voluto e quello che amo.
Il tuo idolo è da sempre Ayrton Senna. Cosa significa per te Ayrton, soprattutto considerando che non hai potuto viverlo da pilota con i tuoi occhi?
Ayrton è il mio idolo non solo per il grande pilota che era, ma anche per la persona che riusciva ad essere fuori dalle gare. Alla fine, quello che è riuscito a creare fuori dalle corse è stato incredibile. L'anno scorso sono andato all'Istituto Ayrton Senna, a San Paolo, e ho potuto vedere tutto quello che hanno creato con i bambini, dargli l'opportunità di studiare e costruire delle scuole nuove in zone del Brasile dove non hanno queste possibilità. Quello che ha creato è veramente bello, e ti dice tanto della persona che era, cercava di dare tanto ad un Paese che era in grandissima difficoltà. Ayrton e la sua eredità mi hanno ispirato non solo per il pilota, ma anche per la persona.
Parlaci un po' di come affronti i weekend di gara. Sei autocritico? Se si, quanto è importante l'autocritica per un pilota?
Mio padre mi ha sempre educato ad essere autocritico, perché bisogna sempre analizzare in modo chiaro cosa si fa in pista. Quello che cerco sempre di fare quando scendo dalla macchina è chiedermi se ho fatto quello che dovevo fare, se potevo fare meglio qualcosa e come avrei potuto farlo. Credo che sia una cosa importante perché soprattutto adesso non faccio tutto perfettamente. Per questo, è importante che capisca dove ho sbagliato, dove potevo fare meglio, e poi dopo si pensa del resto.
Quanto riesci a guidare d'istinto e quanto invece usi la testa e pensi a quello che fai nel cockpit?
Quella sensazione di guidare d'istinto è bellissima, è come se mettessi il pilota automatico. Alla fine, guidi senza neanche pensarci, e questo aiuta tanto anche a livello mentale, perché guidi in modo naturale. Oggi, però, non puoi guidare solo con l'istinto, perché devi prestare attenzione a quello che accade: basti pensare a tutti i tasti che abbiamo sul volante, in quel caso devi pensare a quello che fai. Se sbagliassi a premere il pulsante sbagliato, magari mandi in tilt qualcosa della macchina.
Essere consapevoli di quello che si sta facendo è molto importante, ma nel giro di qualifica si guida interamente d'istinto, in modo naturale, ed è una sensazione davvero bella. Questa modalità arriva soprattutto quando ti senti confidente nella macchina, quando ti senti un tutt'uno e riesci a spingerla al massimo. Mi è capitato, invece, nei test di aver cominciato a guidare d'istinto durante i long run, e appena Bono mi ha parlato in radio sono andato in palla, perché sono uscito di colpo da quella modalità lì e mi sono distratto. L'obiettivo è quindi riuscire a distaccarsi in certi momenti, ma senza dimenticare di essere consapevoli di quello che si sta facendo.