Prima lancia l’idea, folle, di un Corona Camp, una sorta di campus dove l’austriaco 76enne Helmut Marko, direttore di Red Bull Motorsport, avrebbe voluto portare i piloti Red Bull impegnati in F1 (Verstappen, Albon, Gasly e Kvyat) per farli infettare al Covid-19 e, confidando sulla loro giovane età e sul loro stato di forma, farli guarire in isolamento, così da renderli immuni. Follia? No, notizia che ha fatto il giro del mondo.
Ieri, dalle colonne di F1-insider, la quanto mai necessaria smentita, dopo che anche il team principal Christian Horner si era dissociato dal collega definendo l’infelice uscita come un commento “buttato là, prima di capire seriamente la gravità della pandemia”.
Fatto sta che la figuraccia è stata fatta e a poco è servito smentire. Ricordiamo che, in epoca non sospetta, lo stesso Helmut Marko dichiarò di aver sentito al telefono il suo pupillo, Max Verstappen, e di averlo sentito davvero spaventato, tanto da spingersi a consigliargli di infettarsi (e ci risiamo…) così da liberarsi presto della malattia e concentrarsi sul titolo mondiale, sempre in attesa di capire se il mondiale di F1 2020 partirà effettivamente.
Come se non bastasse, Helmut Marko è convinto di aver contratto il virus (un po’ come Flavio Briatore…) e di esserne sopravvissuto: “Sono sicuro di aver preso il virus a febbraio. Ho avuto la febbre per 10 giorni con i classici sintomi associati al Coronavirus. Quando sono volato a Melbourne per il Gran Premio, poi non disputato, mi sentivo già meglio. Al ritorno, ho fatto stop a Dubai: migliaia di persone da ogni parte del mondo si sono trovate a contatto in uno spazio ristretto, ma non mi sono infettato. Probabilmente ero già immune.”
La classica arrampicata sugli specchi si è conclusa così: “Se una persona della mia età è sopravvissuta alla malattia, possiamo certamente affermare che dei giovani atleti ben allenati come i nostri piloti, devono avere meno paura delle conseguenze. Ecco perché ho avuto l’idea del campo di allenamento (Corona Camp), per distrarsi e tenersi in forma. Non ho mai parlato di contrarre deliberatamente l’infezione“