Chi, in questi giorni, non ha sentito parlare del mondo che ci attende a fine pandemia da Coronavirus, della società che innegabilmente dovrà modificarsi e delle tante implicazioni con le quali dovremo imparare a convivere. Noi ci limitiamo a un mondo che “ama” pianificare, e non potrebbe non farlo, come quello dell’auto.
Lo studio di Deloitte, azienda di servizi, consulenza e revisione (https://www2.deloitte.com/it/it) , ha infatti messo nel mirino il “destino” che attende le auto a batterie, le BEV (Battery Electric Vehicle) nel post pandemia, dove il problema che sembra ergersi all’orizzonte non riguarda più, solo, la carenza strutturale di colonnine.
Come sottolinea Deloitte, mettendo in relazione Coronavirus e auto elettriche, non si può non pensare agli effetti economici che già stanno percuotendo il mondo industriale ancor prima che la pandemia sia finita. L’Unione Europea, inoltre, non si è ancora espressa circa i famosi limiti sulle emissioni: UNRAE, ad esempio, ha chiesto la creazione di una fascia più alta e di nuovi incentivi, così da permettere un aiuto economico ai player del segmento e a chi avrà necessità di cambiare auto nel medio termine.
Tutto ciò, illustra l’azienda che ha effettuato lo studio, creerà per forza di cose uno slittamento di breve-medio termine nella transizione globale verso la mobilità elettrica, improrogabile viste le previsioni realistiche sul calo della domanda e della stessa produzione industriale. Proprio su questo punto, si prevede quest’anno un crollo della produzione di veicoli leggeri, a livello globale, pari a circa 11 milioni di unità, dagli 88,9 milioni del 2019 ai 77,9 milioni per l’anno in corso. A tale conferma, basta osservare il dato relativo al mercato di marzo in Italia: con 28.000 immatricolazioni e un calo dell’85%, è facile prevedere risultati che potrebbero essere ancor più devastanti.
La transizione, sottolinea Deloitte, è ormai iniziata e costerebbe di più sospenderla più che prorogarla. Nel 2017 l’Unione Europea ha sovvenzionato con 3,2 miliardi di euro il progetto European Battery Alliance e altri progetti come Ionity, ossia una joint venture tra le case automobilistiche per impegnarsi nell’installazione di colonnine di ricarica, confermano questo trend.
Seppur i numeri siano ancora bassi, va riconosciuta una crescita del comparto elettrico, in Europa, dell’80,5% (dati ultimo trimestre 2019) ma, poco dopo, a inizio 2020, il castello di carte ha già mostrato segni di debolezza, e il motivo è presto detto. Là dove la pandemia ha avuto origine, in Cina, si producono più del 50% delle batterie che finiscono per equipaggiare le auto green della quasi totalità dei costruttori. Nel breve termine, significa quanto meno l’accumularsi di ritardi nella consegna dei materiali sulla filiera internazionale, con un aumento dell’incertezza sulle tempistiche di trasformazione del settore e sulle stime per il 2020.
Giorgio Barbieri, Partner Deloitte e responsabile italiano per il settore Automotive, ha commentato: “Il passaggio dei Paesi più avanzati verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili è un processo irreversibile, ma la complessità della tecnologia legata allo sviluppo della mobilità elettrica richiede enormi investimenti pluriennali, oggi poco compatibili con la contrazione dei margini di profitto e la crisi di liquidità delle imprese. A questa possibile contrazione degli investimenti, vanno aggiunti anche gli effetti dello slittamento del lancio di nuovo modelli elettrici, dovuti anche al rinvio dei principali eventi di settore”.
Come ben sa chi si vorrebbe avvicinare all’acquisto di un’auto elettrica, i modelli a batterie “pagano” prezzi ancora salati rispetto alla media del mercato, almeno se confrontati agli modelli simili, o addiritura uguali (come nel caso di Peugeot 208, Car of the Year 2020) dotati di motori endotermici, un aspetto rilevante, se non decisivo, in un contesto instabile caratterizzato dal prospettarsi di una crisi economica.
Infine, il crollo del prezzo del petrolio potrebbe, sempre secondo Deloitte, dirigere l’acquisto, almeno nel medio termine, ancora sui motori benzina e Diesel. Sul lungo termine, però, è la stessa Deloitte, attraverso il suo Global Automotive Consumer Study 2020, a confermare l’interesse per l’auto ecologiche: solo in Italia, l’interesse per veicoli a batteria è salito al 71% sul totale degli intervistati.
Continua Barbieri: “Con il crollo delle vendite, non è immaginabile una penalizzazione dei modelli benzina o Diesel che hanno maggior mercato. Inoltre, l’incertezza dell’effettiva ripartenza dei produttori asiatici di batterie e componenti elettrici potrebbe compromettere la supply-chain e la capacità produttiva dei veicoli elettrici in Europa”.
Come accennavamo, l’Europa svolgerà un ruolo fondamentale nel rilancio del settore automotive. Fra le possibili soluzioni ipotizzabili, vi è lo slittamento temporale dei target di almeno uno o due anni, che consentirebbe alle imprese di ritrovare l’ossigeno di cui hanno bisogno per tornare poi ad investire in innovazione. Infine, sarebbe altrettanto importante l’estensione dei super-crediti e l’introduzione di maggiori benefici fiscali relativi all’acquisto di auto nuove, armonizzando le aliquote fra i diversi Paesi dell’Unione per rilanciare l’industria automobilistica europea nel suo complesso.
Effetti della pandemia, direte voi, ma prima di pensare alle batterie ci sono da salvare le aziende e, soprattutto i posti di lavoro.
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