La Norvegia è uno dei paesi che crede di più nell’elettrico (e spinge verso una transizione ecologica su tutti i settori), tanto da aver stanziato un fondo di ben 2 miliardi di euro dedicato alle agevolazioni all’acquisto. La risposta dei norvegesi non si è fatta attendere, diventando così uno dei mercati più floridi per le BEV, che conquistano di fatto l’80 % delle immatricolazioni statali (86 % ad aprile e 74% a marzo).
Il perché è presto detto: le auto elettriche sono esenti IVA all’acquisto (in Norvegia pari al 25%) e le tasse che devono pagare sono dimezzate rispetto alle endotermiche. Per non parlare poi dell’esenzione dal pagamento dei pedaggi e dei posteggi.
La somma considerevole ha causato in primo luogo un grande calo del gettito fiscale, vista la mole di immatricolazioni, le quali rappresentano di fatto una mancata entrata in termini economici. La conseguenza poi si riflette sulla carenza di fondi per i progetti nel campo di infrastrutture e trasporti, il che ha fatto drizzare le antenne del relativo ministero.
In secondo luogo l’obbiettivo per cui erano stati pensati gli incentivi non è stato raggiunto. L’auto elettrica, nella visione del governo, avrebbe dovuto invogliare la popolazione a non usare la macchina per muoversi a piedi, in bus, in treno o in bici, decongestionando il traffico cittadino e allo stesso tempo usare le auto solo per gli spostamenti strettamente necessari.
La situazione ha destato l’attenzione anche del Fondo Monetario Internazionale, che avrebbe invitato Oslo a tassare almeno in parte le vetture elettriche, partendo da quelle di fascia alta, in modo da “tappare i buchi” del virtuoso ed ambizioso progetto di incentivi.
Per quanto si tratti solo di proposte sul tavolo di lavoro del governo norvegese, l’argomento è al centro del dibattito anche per altri paesi europei. La “questione norvegese” potrebbe fare da apripista per la revisione dello stanziamento dei fondi dedicato agli incentivi nel resto del vecchio continente.
Autore: Nicola Accatino
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