


“L’Italia condivide gli obiettivi della doppia transizione, ecologica e digitale, per consegnare alle generazioni future un modello di sviluppo intelligente e sostenibile. Ma la stessa parola ‘transizione’ presuppone un percorso cha va fatto con gradualità e realismo. Non si può assecondare un processo che, sull’altare della decarbonizzazione, ci conduce dritti alla deindustrializzazione e rischia di delocalizzare la produzione automobilistica in Paesi extra-UE dove quei prodotti, destinati a ridurre le emissioni di CO2, sono realizzati con impianti e processi altamente inquinanti. La stessa auto elettrica non è scevra da esternalità ecologiche negative perché andrebbero risolti i presunti problemi di smaltimento delle batterie e quelli che riguardano le estrazioni dei materiali necessari a produrle. Non ci siamo infatti limitati ad esporre le ragioni dell’inopportunità dello stop al 2035, ma abbiamo illustrato, dati alla mano, che è possibile conseguire gli stessi risultati impiegando altre tecnologie. Ci sono alternative significative per coniugare transizione e sostenibilità, come i biocarburanti, i carburanti sintetici e l’idrogeno; ambiti in cui l’Italia vanta tecnologie all’avanguardia. Inoltre moduliamo gli incentivi ad una varietà di tecnologie che garantiscono l’uscita dai carburanti inquinanti senza però un appiattimento acritico su strategie che privilegiano interessi di altre Nazioni e puniscono gli interessi dei nostri lavoratori. È un approccio di buon senso che ha portato i suoi frutti. Si è aperto un dibattito grazie all’Italia, che può essere capofila e protagonista. La presidenza svedese ha rinviato la decisione e noi siamo soddisfatti, perché il nostro obiettivo è consegnare una Terra più pulita, ma senza devastare il sistema produttivo e creare altri disoccupati. Questo non siamo disposti a farlo”.
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