
“Quello che sta succedendo in Europa ha dell’incredibile, si continua a perseverare nell’errore di confondere gli obiettivi con gli strumenti È solo una scelta ideologica, che oltre alla filiera dell’auto produrrà un impatto occupazionale molto forte anche sul nostro settore, che tra addetti diretti e indiretti occupa 150.000 persone. Decarbonizzare non significa necessariamente elettrificare tutti i trasporti. In questo modo non ci avviciniamo all’obiettivo, ce ne allontaniamo, tra l’altro con impatti economici e sociali devastanti. Sono anni che avvertiamo sui rischi di questa escalation dirigistica che punta a vietare ogni modalità di trasporto che non sia elettrica. Si è cominciato con le auto, ora tocca ai camion e poi sarà la volta di aerei e navi. Mi stupisce il fatto che solo ora qualcuno cominci a rendersene conto. Spero non sia troppo tardi e che il Governo italiano possa opporsi in qualche modo. Di recente abbiamo presentato uno studio che dimostra come l’obiettivo si possa raggiungere in modo più sostenibile economicamente e socialmente con una più realistica penetrazione del vettore elettrico e una valorizzazione dei LFC, di cui fanno parte i biocarburanti, oggi esclusi dai piani europei. Carburanti ‘neutri’ in quanto non aggiungono emissioni in atmosfera perché in fase di impiego emettono quanto assorbito in fase di produzione, che è poi l’obiettivo degli accordi di Parigi che puntano ad ‘emissioni zero nette’. I vantaggi sarebbero significativi ed immediati perché sono prodotti impiegabili nel parco auto in circolazione, e in grado di abbattere fino al 100% le emissioni di CO2 dei trasporti se calcolate sull’intero ciclo di vita. Non credo spariranno, caso mai si trasformeranno in punti vendita energie per la mobilità dove, oltre a biocarburanti, biometano e bio-gnl, carburanti sintetici ed anche energia elettrica, saranno disponibili vari servizi agli automobilisti. Quanto alla ristrutturazione della rete, sono anni che ne parliamo. Già 6-7 anni fa un nostro studio dimostrava che in Italia, pur tenendo conto delle peculiarità orografiche e ambientali, il numero ottimale dei punti vendita non avrebbe dovuto superare i 15.000 impianti. Figuriamoci oggi”.
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