In un’analisi del piano climatico 2030 dell’Italia (PNIEC, il piano con cui ogni Stato Membro identifica le politiche e le misure per il raggiungimento degli obiettivi di energia e clima 2030), Transport & Environment rileva che il Paese manca di una strategia efficace per evolvere verso un settore trasporti verde.
In attesa del feedback alla bozza di piano climatico italiano che la Commissione Europea dovrebbe rendere pubblico oggi, T&E invita il Governo a correggere alcune delle politiche più problematiche. Tra queste, il marcato impiego di biocarburanti che, secondo una nuova analisi del gruppo ambientalista, è particolarmente dipendente dall’impiego di “oli esausti” di importazione cinese, che costituiscono il 74% delle importazioni Italiane e il 60% di quelle UE.
L’Italia rischia di bucare l’obiettivo di riduzione di emissioni entro il 2030. Secondo la normativa europea, l’Italia dovrà ridurre le emissioni dei settori del trasporto terrestre, dell’edilizia, dei rifiuti, della piccola industria e dell’agricoltura (settori ESR) del -43,7% entro il 2030. Con le politiche attualmente pianificate il Paese mancherà il suo obiettivo al 2030 per un quantitativo pari a 23 Mt CO2eq, (il 12%, del totale delle riduzioni che dovrebbe conseguire) se non introdurrà misure climatiche aggiuntive.
In termini di emissioni cumulative, da qui alla fine del decennio, ciò significa emettere ulteriori 89 Mt di CO2 in atmosfera, per le quali il governo dovrebbe acquistare quote di emissione da altri Paesi dell’UE. Secondo l’analisi di T&E, anche ipotizzando un prezzo di appena 10 euro per ogni quota, le casse pubbliche subirebbero un buco di quasi 1 miliardo di euro che graverebbe sui contribuenti, per colpa della poca ambizione delle politiche climatiche italiane e di una programmazione sbagliata.
In Italia troppi biocarburanti e dipendenza dalla Cina
L’analisi di T&E rileva che la decarbonizzazione del settore dei trasporti, così come pianificata dal governo italiano, si basa in larga misura su vettori energetici inefficienti. Entro il 2030, quasi due terzi dell’energia “rinnovabile” totale nei trasporti dovrà essere fornita dalle bioenergie.
Un impiego così massiccio di biocarburanti espone l’Italia alla dipendenza dall’import di materie prime (che oggi garantisce il 94% del totale dei feedstock impiegati nel nostro Paese) e a potenziali frodi lungo le catene di approvvigionamento. Specialmente nel trasporto stradale, per cui l’elettrificazione è la soluzione più matura e meno emissiva, con la quale ridurre contestualmente la domanda di energia primaria e l’inquinamento atmosferico, risulta particolarmente problematico il forte utilizzo di biofuels.
Biocarburanti, il nodo degli oli esausti
Da una ulteriore analisi del mercato dei biocarburanti – pubblicata da T&E – emerge come l’Italia pianifichi di poggiare la sua strategia energetica su due principali categorie di biocarburanti: quelli a base di palma (olio di palma, POME, PFAD) fortemente legati alla deforestazione e per cui l’Italia è terzo consumatore europeo, e i biocarburanti avanzati ricavati prevalentemente da oli di cucina usati e da grassi animali.
Tuttavia, il problema degli UCO (Used Cooking Oil) è che l’Europa non è lontanamente in grado di raccogliere sufficienti volumi di oli esausti per soddisfare la sua domanda di trasporto. Infatti, rivela l’analisi, l’80% dell’UCO viene importato, principalmente da paesi Asiatici, con la Cina che – da sola – rappresenta il 60% delle importazioni UE. La dipendenza dagli import cinesi è ancora più spiccata per l’Italia, dove circa tre quarti (74%) degli oli esausti impiegati per la produzione di biofuels proviene dal paese del Dragone.
Poiché in UE mancano controlli e monitoraggi efficaci, è molto difficile garantire che oli vergini come quello di palma non vengano etichettati come oli esausti per poter beneficiare di doppi incentivi. Questo aumenta notevolmente il rischio di frodi, come già fatto notare da alcuni Stati Membri alla Commissione UE.
Gli e-fuel “sprecati” per le auto?
Del tutto simile il discorso sul ruolo previsto dal Piano per i carburanti sintetici. Sebbene il Governo ne riconosca il ruolo chiave nel futuro mix energetico, pianifica di assegnarli alle modalità di trasporto meno opportune. L’analisi di T&E rileva che il 93% degli e-fuels previsti dal piano verrà “sprecato” per la mobilità in auto, autobus, camion e treni, quando il loro uso andrebbe destinato all’aviazione e al trasporto marittimo, settori molto più difficili da elettrificare e per cui i carburanti sintetici offrono la strada più promettente per la decarbonizzazione.
Sono tuttavia appena 29 i ktep di carburanti sintetici che il Piano prevede per aerei e navi, un valore insufficiente a soddisfare i requisiti minimi fissati dalle leggi dell’UE sui carburanti verdi per l’aviazione e il trasporto marittimo.