Capita spesso a chi come noi ama le automobili con la stessa intensità e lo stesso brivido con cui si ama una bella donna, di guardarsi indietro e ripensare con non poca malinconia agli anni Ottanta.
Il decennio dell’automobilismo libero, della passione sfrenata e del “più è potente e meglio è”. Sono gli anni dei turbo spacca timpani in Formula 1 e dei sovrasterzi di potenza nelle speciali del Mondiale Rally. Sono gli anni in cui proprio i rally erano una delle massime espressioni dell’automobilismo, la specialità che i costruttori sfruttavano per mostrare di cosa erano capaci le vetture che vendevano al grande pubblico. Gli anni in cui migliaia di persone seguivano le corse su strada con infinita passione, arrivando pericolosamente a sfiorare le macchine in gara sulle speciali di tutto il mondo, creando delle vere e proprie ali di folla che si muovevano all’unisono ogni volta che un’auto gli passava accanto. Gli anni in cui tutti volevano sentirsi piloti e guidare i modelli portati in gara dai loro beniamini. Ed erano gli anni in cui, chi cullava tale desiderio, poteva sperare di realizzarlo.
Mostri da strada.
Tutte le Case, infatti, forti della risonanza che i rally avevano sul grande pubblico e agevolati anche da regolamenti e norme di omologazione che lasciavano molto più spazio alla passione, realizzavano versioni stradali dei loro bolidi da competizione. È così che sono nate le varianti da strada della Peugeot 205 T16, della Lancia S4, dell’Audi Sport Quattro, della Ford RS200 e di molte altre. Tutte quante erano accomunate da una particolare parola che caratterizzava il loro nome: “stradale”. Veri e propri mostri civili, con motore centrale (Audi a parte), trazione integrale e carrozzerie iper-vitaminizzate. Erano le varianti per il grande pubblico delle vetture che correvano nella serie iridata. Oddio, forse il termine grande pubblico non è dei più indicati dal momento che tutte vennero realizzate in poche centinaia di esemplari, giusto quelli necessari per omologare la versione da corsa. Ma il fatto è che grazie a questa piccola serie di modelli speciali, un selezionato e fortunato numero di clienti poteva vivere l’emozione di trovarsi al volante di una macchina quasi da corsa, mentre tutti gli appassionati che riuscivano a incrociarne una per strada potevano godere di quella vista mozzafiato e pensare che forse, quei mostri che saltavano sulle speciali del 1000 Laghi o derapavano sulla neve del Montecarlo non erano poi così lontani da loro.
La fine di un’era.
E oggi? Che cosa è successo? Per quale motivo nonostante la passione non sia assolutamente calata nel cuore degli appassionati, non esistono più auto del genere? Trovare una risposta a questo quesito è tutt’altro che semplice. Con gli anni sono cambiate le normative che regolamentano diversi aspetti degli sport motoristici e della circolazione automobilistica in generale ed è aumentata in maniera esponenziale l’attenzione per la sicurezza e per la tutela dell’ambiente. Viviamo il decennio del linguaggio “burocratese” in cui tutto deve essere giustificato da leggi, freddi numeri e statistiche di mercato. Il risultato? Ci dobbiamo accontentare delle più semplici varianti sportive dei modelli da competizione. Auto divertentissime e al passo con i tempi sia chiaro, ma ben lontane dal mondo delle gare.
Visto il recente successo nel Mondiale Rally, prendiamo ad esempio Volkswagen: per chi ama la Polo da competizione la Casa tedesca offre la versione GTI. Un bel giocattolo sicuramente, ora con il nuovo 1.8 probabilmente sarà ancora più brillante (e affidabile). Ma dov’è la pazzia? Dov’è l’amore? È vero, per i più esigenti Volkswagen propone anche la più esclusiva R WRC, che con il suo 2 litri da 220 cavalli promette prestazioni ancora più esaltanti. Ma di parafanghi allargati all’inverosimile, così come di interni ridotti all’osso e trazione sulle quattro ruote (o sulle sole posteriori, meglio ancora) nemmeno l’ombra. Sembra che senza gli interni in pelle, senza sofisticati sistemi di infotainment o mille controlli elettronici, oggi un’auto non possa essere sportiva. Beh, noi non la pensiamo così, e ci sentiamo fieri di questo. Fieri di essere portatori di quella gloriosa eredità sportiva lasciataci dai mitici anni Ottanta. Fieri di godere alla guida di un’auto dal comportamento sovrasterzante, fieri di esaltarci ascoltando il sound scoppiettante di un motore turbo, fieri di preferire la potenza e le prestazioni alla comodità. Fieri di essere Autoappassionati.
Di Mr. NasCar