Il design della Titania Veltro affonda le radici nel lungo percorso di ricerca portato avanti dal car designer Franco Scaglione nel campo dell’aerodinamica applicata all’automobile, tra scienza e intuito. Da sempre profondo studioso della materia (condusse studi di aeronautici purtroppo interrotti dalla seconda guerra mondiale) affrontò il tema con costante e attenta sperimentazione, arrivando a sovvertire con coraggio ciò che si conosceva al tempo nel campo del car design, sia dal punto di vista tecnico quanto stilistico, incrociando e approfondendo gli studi aerodinamici condotti da Paul Jaray (il profilo alare e a goccia) a partire dal 1922 e di Wunibald Kamm (la coda tronca) dal 1938.
La Titania Veltro venne costruita su iniziativa di Franco Scaglione nel 1966 con l’infaticabile collaborazione di Fausto Azori che ne battè le sottili e leggerissime lamiere in alluminio. Il motore selezionato con parte dei complessi meccanici fu il 4 cilindri da 1.498 cc della Ford Cortina GT (economico, semplice e affidabile) elaborato a 95 CV con due carburatori Weber; questo venne scelto probabilmente in quanto superquadro con testata molto bassa, perfetto per definire un cofano molto profilato e di ridotta altezza.
L’obiettivo di Scaglione non fu solo quello di mostrare ancora la sua vitalità progettuale, ma anche di far toccare con mano l’intreccio di possibilità che gli attenti studi aerodinamici e la costruzione leggera potevano generare dando forma a vetture sportive granturismo di nuova concezione che, per donare significative prestazioni non avevano più necessità di pesanti e sovradimensionati motori. Possiamo dire che la costruzione stessa della forma e dell’auto diveniva prestazione. Inoltre, l’intento dietro il progetto era anche quello di inaugurare una realtà produttiva capace di costruirla in piccoli serie.
Il fascino dell’innovazione

Il designer fiorentino si mise immediatamente al lavoro, rispetto al quale potè davvero esprimersi con estrema libertà, in quanto dal 1959 interrotta la collaborazione con la Carrozzeria di Nuccio Bertone portava avanti l’attività di libero professionista. Non avendo neanche vincoli di marchio poteva inventare qualcosa di completamente nuovo, disegnare la sua idea di sportiva Granturismo.
La Titania Veltro fu difatti un potente compendio di molti degli elementi caratteristici del design di Scaglione: le linee maestre sono estremamente dinamiche e fluenti, il bordo di attacco (detto “muso picchiante”) del frontale è molto basso, caratterizzato da una particolare presa d’aria ovale e molto pronunciata che Scaglione aveva già sperimentato per la prima volta sulla Fiat-Stanguellini 1200 Spider del 1957 e in particolare sull’Alfa Romeo-Abarth 1000 Berlinetta del 1958. Le fiancate sono molto ampie al punto da far rientrare le ruote perché in questo modo, insieme alle ampie scalfature, lavorano agevolando l’uscita dell’aria dai vani ruota anteriori, che altrimenti formerebbe una turbolenza uscente e perpendicolare al corpo vettura in grado di inficiare le prestazioni aerodinamiche e dinamiche dell’auto.
La forma del padiglione abitacolo rimodella il concetto del volume a goccia, più ampio al parabrezza e rastremato al lunotto, fluentemente raccordato al resto del corpo vettura; un trattamento che ricorda quanto fatto ad esempio sulla sua Alfa-Romeo Giulietta Sprint Speciale disegnata in Bertone nel 1959, dalla quale recupera anche il principio della coda tronca con bordo affilato per consentire l’efficace distacco dei flussi d’aria riducendo le turbolenze in coda, che tendono a risucchiare il veicolo in avanzamento. Il lavoro di battitura della carrozzeria (solo 730 kg) realizzato su telaio in acciaio a trave centrale misto con telaietti scatolari fu estremamente complesso, non solo per lo spessore esiguo del suscettibile alluminio selezionato, ma anche perché in alcuni punti di maggior sollecitazione questo venne necessariamente ripiegato e lavorato per creare punti di rinforzo, lembi scatolati e rigide curvature arrivando a generare quasi un sistema solidale tipo monoscocca.
Ennesimi tocchi tra tecnica e stile sono le griglie per l’uscita dell’aria calda dal vano motore organizzate in file e orientate seguendo l’ideale flusso d’aria che dall’anteriore scivola sul cofano, e i fari anteriori a scomparsa.
Sparita nei meandri della storia

Prevista anche in una seconda versione più estrema ulteriormente elaborata a 100 CV e alleggerita con l’impiego di una carrozzeria in lega di alluminio e magnesio (600 kg), esibiva infine un modellato quasi organico, di grande fascino forse penalizzato in parte nelle proporzioni dal passo molto lungo. Terminata appena in tempo per l’irrinunciabile vetrina del 48° Salone dell’Automobile di Torino del novembre 1966, il prototipo raccolse subito non solo pareri entusiasti e grande ammirazione, ma anche cinque ordini che però non si tradussero in altrettanti esemplari prodotti causa pesanti incertezze economiche, lasciando la Titania Veltro come esemplare unico. Rimane la straordinaria eredità di un progetto che nell’intenzione spinse al massimo la tecnica e l’estetica portandola in un contesto stradale che fino a quel momento non aveva mai visto nulla del genere.
Autore: Federico Signorelli