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Rover a turbina. Passione a reazione

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Nel settembre del 1949 la Rover lanciò sul mercato l’interessante berlina di medie dimensioni P4 progettata da Gordon Bashford, chiamata a sostituire l’ormai superata P3.

La nuova nata sfoggiava un disegno molto moderno rispetto a quello della progenitrice, di tipo ormai ponton e con un particolare frontale dominato da un grande faro centrale che venne subito chiamato “occhio del ciclope”; tra le altre caratteristiche interessanti troviamo cofano e portiere in lega di alluminio-magnesio, strumentazione interna rettangolare e un piacevole quanto brillante motore con sei cilindri in linea da 2.103 cc, 75 CV e 135 km/h di velocità massima (P4 in versione 75). 

rover jet t1

La vettura avrà grande fortuna, ma solo dopo aver eliminato alcuni elementi che la rendevano “troppo innovativa” agli occhi della clientela Rover, ristilizzando l’anteriore nel 1952 che perse il faro centrale e sostituendo il cruscotto con strumenti rettangolari per passare ai più rassicuranti circolari. Ma la “rassicurante” Rover durante la guerra accumulò molta esperienza con gli innovativi motori a reazione degli aerei Whittle, avendo al tempo ottenuto nel 1940 un contratto dal Ministero come principale fornitore; intravedendone possibili sviluppi nelle sue automobili decise di continuarne la sperimentazione, convinta dai pregi che consistevano in maggior leggerezza, miglior rapporto potenza-peso e la possibilità che potessero funzionare con diversi tipi di carburante.

Per economizzare l’impresa e spingere il modello, fu utilizzata la struttura della P4 alla quale venne asportato il tetto, eliminate le portiere posteriori e posizionato il motore (alimentato a gas) dietro i tre sedili anteriori, principalmente per ottimizzare il circuito di scarico. La carrozzeria venne modificata dalla storica Salmons-Tickford (che ne trarrà ispirazione per le versioni convertibili e coupé costruite per Rover) che aggiungerà lungo il corpo vettura anche diverse prese d’aria per raffreddamento e alimentazione, ma il progetto verrà interamente seguito da Charles Spencer King e Gordon Bashford.

Nel marzo 1950 l’auto fu mostrata al Comitato Tecnico RAC (Real Automobile Club) che nel gennaio 1951, con l’auto ancora in promettente fase di sviluppo, assegnerà il prestigioso Dewar Trophy per il lavoro pionieristico. Nel 1952 sull’autostrada Jabbeke in Belgio la Rover JET 1, dopo vari affinamenti raggiunse, con al volante Charles Spencer King e forte di circa 100 CV i 244 km/h conquistando il record di velocità mondiale per la prima automobile della storia spinta da un motore a reazione alimentato a gas.

Dalla T3 alla T4, ma senza futuro

Gli incoraggianti risultati spinsero Rover a continuarne la sperimentazione orientandola sempre più verso l’applicazione in automobili di serie. Nel 1956 venne infatti presentata all’Earls Court Motor Show la Rover T3, il prototipo di una piccola coupé con motore a turbina posteriore sempre alimentato a gas (Rover 2S/100) e progettata ancora da Charles Spencer King e Gordon Bashford. Qui i cavalli diventarono 110 per una velocità di 161 km/h. Per quanto il prototipo mostrasse linee curiose ma riuscite e prestazioni di sicuro rilievo, questa servì sopratutto per testare l’eventuale gradimento da parte del pubblico per un’automobile sportiva spinta da una tecnologia così d’avanguardia.

Difatti la Rover preferì andare ancora avanti nella sperimentazione con il modello T4 del 1961 che, se da una parte anticipò le linee della futura berlina P6 lanciata nel 1963, dall’altra non vide ancora una volta il via alla produzione a causa dei dubbi della dirigenza; l’aria di famiglia con la P6 risulta ulteriormente evidente in quanto la stessa venne progettata con un vano motore anteriore adatto ad ospitare la piccola unità a turbina, poi in seguito modificato quando venne deciso di posizionare un motore di tipo tradizionale.

Con BRM si punta alle corse

Durante gli anni Sessanta, la 24 Ore di Le Mans fu una vetrina tecnologica particolarmente suggestiva e importante; ogni fatto che vi si verificava godeva di un’evidente eco sulla stampa. Conscia di ciò, Rover decise di portarvi il suo motore a turbina trovando un’alleato speciale nel team BRM (British Racing Motors) che stava vivendo l’inizio di un periodo di successi. Ciò fu reso possibile grazie ad un’incontro cruciale quando casuale tra William Martin-Hurst, Amministratore Delegato di Rover e Sir Alfred Owen, fornitore di componenti per i costruttori di Formula 1, tra cui BRM.

La BRM montò il motore in posizione centrale posteriore su un telaio derivato direttamente dalle sue vetture di F1, che nello specifico era quello danneggiato in un incidente da Richie Ginther al Gran Premio di Monaco del 1962, avvolgendolo all’interno di una carrozzeria tipo “spider” molto aerodinamica realizzata interamente in alluminio

Duranti i test effettuati nell’aprile 1963, Graham Hill descrisse così l’esperienza: “Sei seduto in questa cosa che potresti chiamare un’auto, e un minuto dopo sembra che tu abbia un 707 proprio dietro di te, in procinto di risucchiarti e divorarti come un enorme mostro”. La velocità accreditata era di 229 km/h per un motore considerato l’equivalente di un 2 litri capace di 150 CV.

La Rover-BRM si presentò alla 24 Ore di Le Mans portando il numero di gara “00”, ovvero quello dedicato ai prototipi di categoria sperimentale con al volante Graham Hill e Richie Ginther: come unica auto della sua categoria non potè posizionarsi, ma a parità di prestazioni con un’auto tradizionale si sarebbe collocata all’ottavo posto assoluto.

Per quanto a causa di un’incidente la Rover-BRM non potè partecipare all’edizione 1964, l’anno successivo si presentò con una veste completamente rivista nel disegno della carrozzeria, adesso chiusa e molto affiliata nella forma generale, inserita con il numero “31” nella classe 2 litri e con al volante Graham Hill e Jackie Stewart. Presumibilmente a causa della sabbia presente ai lati del percorso risucchiata dall’auto quando Hill corse per primo, le pale della turbina vennero danneggiate in modo che, alcune ore dopo quando Stewart si mise alla guida, la punta di una lama della turbina si ruppe danneggiando parte del motore che comunque continuò a funzionare nonostante fu necessario monitoralo per il resto della gara a causa dei frequenti surriscaldamenti.

L’auto nonostante il danno si comportò bene, finendo decima in assoluto e settima nella classe dei prototipi. Nonostante le soddisfazioni, gli alti costi portarono Rover a chiudere la propria esperienza con i motori a turbina alimentati a gas, ma giusto in tempo per fare la storia.

Autore: Federico Signorelli

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