Continuiamo con questo secondo appuntamento la piccola serie di articoli (qui la prima puntata) che ripercorreranno alcuni dei più affascinanti e innovativi concept dello studio Fioravanti S.r.l., realtà fondata dall’ingegnere Leonardo Fioravanti che dal 1991 si pose in grado di progettare in autonomia automobili, seguendone per intero il processo di design.
Grazie al prezioso aiuto di uno dei suoi designer e modellisti Nicolò Azzara, conosciamo più da vicino la genesi e i perché di queste inventive, curiose e straordinarie automobili.
Fioravanti Nyce e Tris: invenzione e ottimizzazione
La Fioravanti Nyce venne presentata nel 1996 al Salone dell’Auto di Torino e sul cofano riporta il marchio a barrette inclinate allora utilizzato dalla FIAT. Il progetto nacque su iniziativa della Fioravanti con il fine di interpretare la nascente categoria dei SUV in maniera molto originale stimolando i vertici della FIAT a tentare di perseguire quella che già si intuiva sarebbe diventata una categoria di veicoli di gran successo. Questa era inoltre perfettamente in linea con lo spirito dei veicoli utilitari e multiuso della Casa torinese, non ultima la storica Panda del 1980.
Il progetto di Fioravanti tracciato dal designer Marco Taffetani (esterni e interni) per Nyce prese forma principalmente da due considerazioni, dove da una parte si diede forma ad un mercato allora di nicchia ma in continua evoluzione come quello dei veicoli per il tempo libero, dall’altra, approfondì la disciplina del disegno industriale portandolo all’ennesima potenza: produrre un oggetto costituito da poche parti perfettamente standardizzate, in grande serie e con costi estremamente bassi. All’aspetto giocoso e simpatico si accostarono ragionamenti seriali molto pragmatici: i paraurti ad esempio sono uguali tra anteriore e posteriore, stessa cosa per le portiere che mantengono un design perfettamente simmetrico, permettendo l’apertura da entrambe le direzioni adottando un sistema di cerniere brevettato appositamente. Anche le fanalerie sfruttano il medesimo principio di semplificazione delle parti da progettare e costruire, proponendo due soli elementi in luogo degli otto o più di un sistema convenzionale.
Pur essendo un modello, l’idea fu quella di costruire in materiale plastico colorato in massa i pannelli carrozzeria (in giallo), organizzati secondo il telaio nudo a contrasto (in grigio); a dimostrazione della volontà di farne un’automobile perfettamente producibile venne progettata pensando di basarla sul telaio della FIAT Punto (con adattamenti su passo e carreggiate), dunque con un’alta fattibilità ed economia industriale. L’interno è pensato per quattro persone con il sedile posteriore abbattibile, per ottenere un’ampio vano di carico ad un uso pick-up, così da poter stivare ad esempio biciclette, surf e snowboard.
Il quadro strumenti centrale ed il cruscotto sono organizzati con il minimo dei comandi e il massimo della semplificazione, in più, anche sedili e pannelli interni ripropongono la logica della simmetria e della semplicità, con nervature in mostra e componenti identici. È inoltre previsto sia un tetto in tela ripiegabile che uno rigido; al suo esordio ricevette pareri entusiastici, ma purtroppo non prese mai la via della produzione.
Nel 1998 la Fioravanti Tris, in qualche modo, proporrà parte di quei concetti, portandoli ad una ulteriore estremizzazione provando a studiare una possibile architettura della carrozzeria che consentisse di utilizzare i brevetti dello sportello simmetrico anche sul portellone posteriore.
Fioravanti F100: tributo al mito
Insieme a Sensiva, la Fioravanti F100 presentata al Salone dell’Auto di Torino del 1998 è uno dei progetti ancora oggi più apprezzati dell’esperienza aziendale della Fioravanti.
La F100 rappresenta la visione in senso futuribile delle berlinette di punta Ferrari, brand tanto amato da Leonardo Fioravanti e che lo ha visto tra i suoi grandi interpreti, nasce per ricordare il centenario della nascita di Enzo Ferrari. Le forme sono in particolare dovute, per gli esterni, alla matita del designer Marco Taffetani, che insieme al team e alle indicazioni di Fioravanti ne hanno confezionato inizialmente la versione a tetto chiuso e successivamente quella aperta chiamata F100R (ovvero roadster), qui con design di Nicolò Azzara.
Per quanto la proposta si sia fermata al modello, la Fioravanti proseguì sempre in ottica di produzione confezionando l’auto su un layout a motore posteriore centrale (preferibilmente a 10 cilindri), con telaio monoscocca: la leggerezza insieme all’aerodinamica sono i due elementi chiave di F100. I peculiari cerchi definiti dal designer Nicolò Azzara ripropongono l’iconica “stella” Ferrari con un design inedito e di rottura rispetto al criterio perseguito solitamente sulle supercar, infatti in questo caso si tratta di ruote in lamiera stampata, frutto di una progettazione molto sofisticata, che permisero la concezione e l’ingegnerizzazione di cerchi in acciaio particolarmente efficienti e di peso estremamente contenuto; la Fergat, leader europeo nella progettazione e produzione di ruote in acciaio collaborò con la Fioravanti per la costruzione del prototipo.
Una vera supercar in ogni dettaglio
All’anteriore spicca l’ampia calandra orizzontale che reinterpreta la classica trama a maglia rettangolare della Ferrari in maniera più tridimensionale e soprattutto in rilievo rispetto alle superfici della carrozzeria, i cui elementi verticali si aprono a ventaglio verso l’alto andando a definire ai lati la forma dei lunghi fari che donano un aspetto che, idealmente, richiama le berlinette approntate per l’endurance mantenendosi al contempo storicamente coerente con l’immagine Ferrari. Da questi parte il “guscio superiore” della vettura che, avvolgendosi sui fianchi arrivando fin sopra le ruote posteriori e generando parte del passaruota, compone il grande cofano motore (sormontato dall’ampio alettone). La fiancata è caratterizzata da un’altro taglio che scende verso il basso giustificando prese e sfoghi d’aria inferiori.
Sul padiglione troviamo due prese d’aria dinamiche di alimentazione, il cui condotto è ricavato sfruttando la cavità interna dello scatolato dei montanti, portando l’aria direttamente al vano motore. Elemento di forte innovazione è la fanaleria posteriore a neon circolari, minimale e completamente trasparente, formata da quattro semisfere che rinnovano la classica impostazione Ferrari.
La filosofia dell’interno disegnato dal designer Paolo Martini, è imperniata sull’esperienza di guida favorita dal cambio Ferrari F1: in continuità con il sedile si prolungano due elementi che culminano nei pedali, generando un blocco unico che, insieme al quadro strumenti posto sopra il piantone dello sterzo che protende il volante (dove sono sistemati quasi tutti i comandi) verso il pilota, da origine ad una sorta di cockpit che lo avvolge e invita alla guida. Ciò da sostegno alle gambe che vengono portate in totale relax muscolare fino ad appoggiarsi sui pedali di acceleratore e freno, quasi come in una Formula Uno.
La versione Roadster rispetto alla “Berlinetta” (che fece da base donatrice) si distingue nel disegno del parabrezza, che ripropone la forma dei cupolini/deflettori che si utilizzavano nelle barchette da corsa e nella copertura del motore, qui con un trattamento cromatico e formale specifico ottenuto attraverso l’uso di fori circolari che recuperano l’idea del cerchio ruota.
Autore: Federico Signorelli