Sono passati 130 anni da quel 1895, quando Michele Lanza donò all’Italia e a Torino un importantissimo risultato che proiettò ancor più il Paese tra i pionieri dell’automobilismo.
Michele Lanza fu erede e proprietario dell’affermata “Manifattura di Candele Steariche e Fabbrica di Sapone”, fondata nel 1832 a Torino dai suoi nonni. Come scopriremo Michele Lanza fu un’uomo dalle mille curiosità, e la prima la ritroviamo nel suo stesso cognome: i suoi bisnonni si trasferirono a Torino da Fobello (Alta Val Sesia), luogo dal quale venne anche Vincenzo Lancia, fondatore nel 1906 dell’azienda automobilistica omonima. Difatti in origine il cognome dei “Lanza” era “Lancia”, ma probabilmente una volta trasferiti a Torino, i bisnonni di Michele pronunciarono il proprio cognome (“Lancia”) all’impiegato dell’anagrafe esprimendosi in dialetto (“Lansa”), e questo lo trascrisse come “Lanza”.
Il nostro protagonista nacque nel 1868 crescendo come uomo ligio ai doveri e alle aspettative della sua famiglia, di cui ben presto iniziò a curarne gli interessi, ingrandendo e irrobustendo l’azienda; ma l’ormai appena trentenne Lanza apparteneva anche al vibrante mondo del suo tempo, fatto di arte, tecnica e automobili, contesto che ben si conciliava con la sua vena di spiccata curiosità e spirito di iniziativa. Profondamente affascinato da questa nuova invenzione chiamata “automobile”, iniziò a pensare di costruirne una lanciandosi in quel mondo di pionieristici tentativi.
Un pioniere dell’automobilismo italiano

Forte di una cospicua disponibilità economica, durante uno dei suoi viaggi d’affari a Parigi acquistò nel 1894 una Peugeot (probabilmente una Tipo 3) usata, che portò a Torino per adoperarla e studiarne ogni componente, pensando a come poter eliminare i difetti che via via riscontrava.
Nel 1895 costruì il suo motore a due cilindri orizzontali da 8 HP, con accensione a tubetti di platino, cambio a due velocità senza retromarcia, due pedali (per frizione e freno) e sistema frenante a ceppi guarniti di cuoio, che andavano a premere contro le ruote posteriori tramite un comando a manovella posto alla destra del guidatore. La sterzata si otteneva ruotando tutto l’avantreno con un volantino a manopola, installato su un piantone verticale dove erano situati i comandi delle marce e dell’acceleratore manuale.
L’auto venne progettata con la collaborazione dell’amico Giuseppe Stefanini, costruita (per parte motoristica e assemblaggio) presso l’officina meccanica dei fratelli Giuseppe e Giovanni Martina di Largo Vanchiglia a Torino con carrozzeria realizzata presumibilmente dalla Ernesto Ciocca: questa era del tipo detto “Wagonette”, e dalle pochissime immagini arrivate a noi poteva ospitare ben 6 persone (conducente incluso).
Per quanto nel 1894 l’ingegnere veronese Enrico Bernardi diede all’Italia la sua prima automobile, la Bernardi 3,5 HP costruita in seguito dalla “Miari & Giusti” di Padova, questa si caratterizzava per la presenza di tre ruote, mentre la Wagonette di Lanza ne aveva quattro; possiamo dunque dire che Lanza donò al Paese la prima automobile italiana con quattro ruote, oltre che la prima costruita a Torino.
Incontentabile perfezionista

Michele Lanza non si fermò qui, perché nel 1896 realizzò sempre con la collaborazione dei Martina, una tipo “Duc” a 2/3 posti mossa dal motore che aveva collaudato sul precedente modello. Ma Lanza era un perfezionista incontentabile, e richiedeva continue modifiche ai Martina, facendoli probabilmente stancare; nel 1898 chiuso il contratto con i Martina, Lanza fondò la “Fabbrica Automobili Michele Lanza” coinvolgendo nell’avventura Luigi Damevino, che sarà fra i fondatori della Fiat, Giovanni Ceirano, altro pioniere italiano dell’automobile, Giuseppe Stefanini e i fratelli Martina, affascinati dall’idea di essere soci.
Nello stesso anno, come riportava la rivista “L’Automobile” (fondata da Lanza stesso), partecipò alla “Esposizione Generale Italiana” di Torino esponendo una “Phaeton” con 4 posti e con la quale gareggiò alla corsa “Torino-Asti-Alessandria-Torino”, quale evento conclusivo dell’Esposizione. Nel frattempo, fondò, il 1° dicembre 1898, insieme a Roberto Biscaretti e Goria Gatti, l’Automobile Club.
Per quanto le proposte fossero tecnicamente valide e forti di una costruzione completamente italiana, il perfezionismo spasmodico di Lanza ne limitò moltissimo la diffusione: gli acquirenti premevano e sollecitavano per ricevere la vettura ordinata. Ma lui studiava, provava, riprovava… e cominciava da capo, troppo esigente e perfezionista per accontentarsi del risultato raggiunto, qualunque esso fosse. Come scritto dalla rivista L’Automobile: “egli non è un costruttore-commerciante, è uno studioso, un costruttore-artista”.
Passione per il motore

I primi a stancarsi di questo modo di procedere furono nuovamente i fratelli Martina che, accettando l’offerta di collaborazione dalla neonata Fiat (1899) per costruirne i primi motori, se ne tirarono definitivamente fuori lasciando a Lanza i macchinari sino ad allora utilizzati. Questo attrezzò uno dei capannoni della sua azienda di candele e saponi in via Ospedale 14 a Torino, come officina di costruzioni insieme ad alcuni operai fidati.
Nel 1899 costruì altri due modelli, una “Vis-à-Vis” a quattro posti da 10 HP ed una “Victoria” a 2 posti da 5 HP, rilanciando l’anno successivo con una vetturatta da 1 posto e 3 HP e nel 1901 con un’altra “da viaggio” con 8 HP, costruita inizialmente per un nobile romano ma poi divenuta l’auto personale di Lanza. Nel 1902 realizzò un ennesimo prototipo, la 20 HP, utilizzando il telaio e la trasmissione della Fiat 12 HP da corsa in produzione, con carrozzeria realizzata dalla torinese Alessio, e montando però un motore di propria concezione, anteriore a 4 cilindri verticali. Tutti questi tentativi concentrati specialmente sul motore, dimostrano quanto il suo interesse non fosse tanto fondare un’industria automobilistica su modello ad esempio della Fiat, ma di sperimentare nuove soluzioni motoristiche.
Un posto nel mondo

Nel 1903 la sua avventura automobilistica terminò, diviso tra l’azienda di famiglia e la sensazione che non fosse più il tempo del pionierismo ma bensì della grande industria; ad oggi non è chiaro se Lanza abbia mai venduto e consegnato un solo modello.
Due altri exploit di Michele Lanza si avranno rispettivamente nel 1921, con una spider due posti in alluminio con motore di origine Temperino, due cilindri a “V”, circa mille di cilindrata con 20 CV e nel 1925, con un’automobile caratterizzata da una carrozzeria di suo esclusivo disegno e realizzata da Viotti, dalle forme aerodinamiche e avveniristiche, montata su un telaio Fiat 501 con motore francese CIME da 1,5 litri: chiamata “La Bizzarra”, fu utilizzata personalmente da Lanza per alcuni anni per poi sostituirne l’originale carrozzeria con una normale Coupé Royal nel 1929.
Nulla rimane delle vetture costruite da Lanza, morto nel 1947, che a quanto sembra fece distruggere quanto aveva realizzato, non per gelosia ma sempre per quel suo incontentabile perfezionismo. Di se stesso scrisse all’amico Carlo Biscaretti di Ruffia, che tentava di mettere insieme per il suo costituendo Museo dell’automobile un po’ di notizie sulla sua attività: “Tu esalti troppo la mia modestissima opera svolta in tal campo. Ti prego di non esaltare l’opera mia più di quel che si merita: solo mio vanto è quello di aver potuto dare a Torino un primato che altri ambirebbero avere”. Oggi, un’immagine plastica di quella prima Wagonette del 1895 è possibile ammirarla attraverso un modellino in scala realizzato da Biscaretti, ed esposto al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino.
Autore: Federico Signorelli