La crociata anti auto in Italia è un flop totale: meno vetture vogliono gli estremisti-talebani dell’anti mobilità libera, e più macchine viaggiano nel nostro Paese. A dirlo sono i numeri recenti. Nel 2023, circolano dalle Alpi alla Sicilia 700 mila vetture in più rispetto al 2022, sfiorando quota 41 milioni di unità. Eppure, qualcuno aveva pronosticato la fine del mezzo a motore a favore dei veicoli pubblici come tram e bus, uniti ai monopattini elettrici e a una spruzzata di ebike in sharing.
Clamorosamente smentiti anche coloro che vedevano per il 2023 da noi quasi solo auto elettriche. Infatti, la somma delle Euro 5 e delle Euro 6 rappresenta per la prima volta la maggioranza del circolante (52,3% rispetto al 49,6% del 2022). Stessa fine per chi sognava solo veicoli privati ultra moderni, da unire alla micromobilità urbana in condivisione: il parco circolante italiano è sempre più vecchio. L’età media schizza a 12 anni e 6 mesi: 4 mesi in più rispetto al 2021. Il 17% del totale le Euro 0-1-2, che hanno almeno 19 anni.
Stando al Pniec, Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, predisposto dai ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture, si arriverà nel 2030 in Italia a un circolante di 4,3 milioni di elettriche, più 2,3 milioni di ibride plug-in. Paiono numeri, quelli forniti dal governo Meloni, che non stanno né in cielo né in Terra. Esattamente come quelli degli esecutivi precedenti.
D’altronde, se l’italiano è sempre più innamorato dell’auto, specie termica (a benzina, diesel o ibrida), le regioni ci sono. Primo: il trasporto pubblico nostrano retrocede in termini di qualità ed efficienza. A fronte di un aumento delle tariffe. Greenpeace ha stilato una classifica del trasporto pubblico nei Paesi europei, in base a prezzi, efficienza, modulazione dell’offerta, ma anche accessibilità alla mobilità pubblica. Noi siamo ventunesimi, in piena zona retrocessione, senza prospettive. Non abbiamo un sistema unificato che gestisca i biglietti del trasporto pubblico, e pertanto ogni azienda fa da sé, rendendo difficilissima la vita dell’utente.
Ci riferiamo a mezzi pubblici vecchi, inquinanti, in ritardo. Tanto che in piena pandemia ci è stato detto: mai in tram, bus e metro, tutti gli italiani in auto per salvarsi dal Covid. In particolare, l’80% degli autobus del nostro Paese è stato immatricolato entro il 2012.
Secondo fattore: la comodità e la velocità dello spostamento con l’auto, che ti rende libero, indipendente, senza stress da ritardo. Da sfatare anche il mito dell’italiano sempre in macchina: le percorrenze medie nostrane sono le più basse fra i grandi mercati europei, con una media di 684 vetture ogni 1.000 abitanti, più che accettabile sotto ogni profilo. E considerando il boom degli esami per le patenti, l’amore per l’auto crescerà: il numero delle prove (teoria e pratica) ha superato quota 2,22 milioni l’anno scorso, dice il report del Centro elaborazione dati del ministero delle Infrastrutture. Ossia ai livelli del 2010. Altro che crollo dell’auto post pandemia.
Autore: Mr. Limone