Era stato annunciato come il carburante del futuro, la chiave per una mobilità sostenibile e per l’indipendenza energetica. Ma oggi l’idrogeno sembra arrancare. Tra ritardi industriali, ridimensionamenti degli obiettivi e fallimenti di progetti pilota, la filiera si trova a fare i conti con una realtà ben più complessa di quella immaginata solo pochi anni fa.
Produzione in calo, aspettative riviste
Le ambizioni iniziali prevedevano una crescita esplosiva della capacità produttiva di idrogeno a basso contenuto di carbonio tramite elettrolisi. Ma i piani stanno cambiando. Alcuni governi europei, che miravano a installare oltre 6 GW entro il 2030, stanno già rivedendo questi numeri al ribasso, tagliando anche del 30% le proiezioni. E il trend prosegue anche oltre il 2035.
Le cause? Una combinazione di ritardi tecnologici, difficoltà industriali e scarsa maturità del mercato. A queste si aggiunge una crescente attenzione verso l’elettrico a batteria, che sta assorbendo gran parte degli investimenti pubblici e privati nel settore della mobilità sostenibile.
I trasporti restano il principale fronte di sviluppo
Nonostante il rallentamento generale, l’idrogeno conserva un ruolo strategico in ambiti specifici della mobilità, soprattutto per il trasporto pesante, aereo e marittimo, dove le batterie al momento non offrono alternative praticabili su larga scala.
In quest’ottica, si stanno lanciando nuovi bandi per supportare l’acquisto di veicoli commerciali a idrogeno e per sviluppare tecnologie fondamentali come celle a combustibile e serbatoi ad alta pressione. L’obiettivo è mantenere una competitività industriale e ridurre il gap tecnologico con i principali concorrenti internazionali.
È previsto anche un meccanismo di sostegno economico su 15 anni, per un valore complessivo di 4 miliardi di euro, destinato a rendere l’idrogeno competitivo rispetto alle fonti fossili.
Il sogno industriale si scontra con la realtà
Lanciata nel 2020 con promesse di decine di migliaia di posti di lavoro, la strategia sull’idrogeno si trova ora in fase di revisione. I numeri sono molto più modesti: solo poche migliaia di impieghi diretti effettivamente generati e numerosi progetti già abbandonati.
Tra i segnali di difficoltà:
- La liquidazione di joint venture e start-up del settore.
- La messa in vendita di gigafactory dedicate alla produzione di elettrolizzatori.
- La crisi di aziende simbolo, come l’unico costruttore nazionale di autobus a idrogeno, oggi a rischio chiusura.
Questi eventi mostrano quanto sia ancora fragile l’intera filiera, nonostante il continuo sviluppo di prototipi promettenti: basti pensare al Mercedes-Benz GenH2, in grado di percorrere oltre 1.000 km con un solo pieno di idrogeno liquido. Un risultato tecnico rilevante, che però da solo non basta a colmare il divario tra innovazione e sostenibilità economica.