La Regione Piemonte nel 2007 propose lo sviluppo di un progetto di ricerca industriale per un veicolo-laboratorio in grado di rispondere in modo efficiente e innovativo ai bisogni di mobilità sostenibile urbana, tenendo in considerazione le problematiche che affliggono le città (inquinamento, rumore, congestione del traffico e vincoli sempre più stringenti per l’accesso ai centri cittadini) e pensata in ottica d’uso individuale, condivisa e professionale (località turistiche, aziende, aeroporti, stazioni, ospedali).
L’iniziativa partì coinvolgendo diverse aziende, enti e realtà piemontesi in grado di rispondere a questa sfida. Nello specifico, la Regione Piemonte si pose come sponsor e finanziatore del progetto, il Politecnico di Torino come gestore complessivo del progetto e coordinatore dei partner coinvolti e il Centro Ricerche Fiat in qualità di vehicle project leader al quale vennero demandate le scelte tecniche e l’architettura per lo sviluppo del prototipo marciante.
Insieme anche molti altri collaboratori, come Camera di Commercio di Torino, Environment Park – Hysylab, Istituto Europeo di Design (IED), Istituto di Arte Applicate e Design (IAAD), BEESTUDIO, Novamont, Proplast, Sydera, CRP, En.e.com, B.emg e Pirelli.
Phylla: l’avanguardia possibile
I primi studi effettuati in CRF portarono a definire un’automobile ecologica con posti “2+2” lunga meno di tre metri (lunghezza di 2995 mm, larghezza di 1610 mm e altezza di 1500 mm e peso finale di 750 kg): una scelta determinata dalle necessità di rispetto ambientale e dal fatto che questa viene utilizzata in ambito urbano e da un singolo utente per la gran parte del tempo. Le scelte però non dovevano limitare il principio di usabilità estesa della vettura, puntando dunque a mantenere una buona configurabilità al bisogno secondo utente e necessità d’uso.
Da questi presupposti si definirono ulteriori elementi quali la motorizzazione di base elettrica, il corpo vettura realizzato con materiali ecologici e riciclabili, l’economia d’uso nel rapporto costo-chilometro e la connettività (navigazione, assistenza nel parcheggio e così via): la realizzazione delle caratteristiche elencate si sarebbe raggiunta attraverso la sperimentazione e applicazione di un sistema combinato di accumulo e uso dell’energia, l’applicazione di materiali innovativi, lo sviluppo di architetture e contenuti tecnologici inediti, e il contenimento di costi e peso (senza venir meno al comfort generale da offrire). Sostanzialmente, un modo nuovo di pensare l’automobile.
Phylla è basata su un telaio modulare in alluminio detto a “skateboard” pesante solo 100 kg, recuperando l’idea della scocca separata in modo da poter, a seconda delle esigenze, articolare una gamma di carrozzerie abbassando i costi. Nello stesso pianale vengono ospitate le 90 batterie (Li-ion) a “sandwich” e il powertrain elettrico con generatore elettrico ausiliario a idrogeno (Fuel-Cell Range Extender) composto da quattro motori, ottimizzando bilanciamento, trazione e controllo del veicolo: 10,2 kg/CV capaci di 130 km/h di velocità massima e 145 km di autonomia, proporzionata considerando che il 91% degli europei usa l’auto su una percorrenza giornaliera inferiore a 100 km, e che il 75% la usa per fare meno di 50 km.
Tra le altre applicazioni tecnologicamente più affascinanti, l’uso degli pneumatici con rinforzo biofiller della Novamont derivato dalla lavorazione dell’amido di mais.
L’automobile “stampata”
La tecnica d’avanguardia si ritrova anche nello sviluppo della carrozzeria, realizzata in poliuretano rigido RIM riciclabile, capace di rispettare tutte le normative di sicurezza e prodotta con l’uso di stampi chiusi (rotomoulding) che messi in rotazione permettono la produzione di elementi cavi depositando la plastica liquida su ogni parete in modo efficiente, economico, preciso e senza scarti, consentendo di ottenere l’intera carrozzeria in un unico resistente blocco, irrigidito da un roll bar incorporato nello stampo.
Elemento chiave che collega la parte tecnica del telaio con quella tecnico/estetica della carrozzeria è rappresentata dalla necessità di fondere la presenza di diverse celle solari, utili all’alimentazione dei sistemi di bordo e ad aggiungere una percorrenza di 12/18 km/giorno.
L’attività di definizione del design planning fu affidata al dipartimento di Advanced Design del CRF guidato da Pietro Camardella, che si avvalse della collaborazione del BEESTUDIO di Emanuele Nicosia e Anna Visconti, per individuare il target, attraverso l’attenta analisi degli aspetti che caratterizzano la vita quotidiana dell’utente cittadino.
Camardella fu inoltre incaricato del coordinamento generale della ricerca di stile, dei tre gruppi di lavoro: AD CRF e le scuole di design IAAD e IED di Torino. Da cui scaturirono tre proposte realizzate in modelli scala 1:5. Da questi fu scelta la proposta ideata da Pietro Camardella, che sviluppò in 3D con i suoi collaboratori Paolo Tadini e Raffaele Vergano, in un confronto continuo coi dipartimenti di progettazione e aerodinamica computazionale.
Il design come traduzione estetica della tecnica
La Phylla presenta un inedito e originale disegno reticolare e asimmetrico, bianco e verde, che fonde in modo efficace le possibilità del rotomoulding e della tecnologia a celle solari che qui diventa caratterizzazione estetica in grado di connotare il progetto: questa ricorda le venature delle foglie con riferimento al processo della fotosintesi clorofilliana (da qui il nome Phylla) di ispirazione per le celle fotovoltaiche. Tecnologicamente fanno il debutto le fanalerie Led appositamente progettate che “emergono” dal fondo scuro.
L’interno dal disegno organico è pensato per essere configurabile a piacimento tramite accessori, poco invasivi nelle dimensioni e in grado di far risaltare la grande spaziosità e luminosità dell’interno. Anche qui la sperimentazione abbonda: il piantone dello sterzo è autoportante (senza traversa) e per questo estremamente compatto, i sedili sono realizzati in tubolare con elementi di lamiera stampata e un fondello di materiale termoplastico che consente di ridurre lo spessore del cuscino che viene rivestito con tessuto antimacchia. Il sedile passeggero può essere sganciato mentre quelli posteriori sono abbattibili per configurare l’abitacolo a piacimento.
Particolare il materiale scelto per il rivestimento del pavimento, chiamato Nomad Terra (3M) e caratterizzato da buone doti di calpestabilità e pulizia. Alla presentazione il 23 maggio 2008 negli spazi del Palavela di Torino e all’interno dell’ampia manifestazione “Uniamo le Energie”, Phylla fece scalpore tra autorità, addetti ai lavori e pubblico ma nonostante le grandi potenzialità effettive del progetto non ha poi visto la luce del sole come prodotto.
Davvero un’occasione persa, in quanto Phylla ha dimostrato ancora una volta le preziose capacità progettuali e organizzative del Centro Ricerche Fiat, di tutti gli attori in campo e la necessità di fare rete. Phylla fu un inedito modo di definire la mobilità, e che oggi non sfigurerebbe in strada.
Autore: Federico Signorelli