A voler vedere i fatti sotto una nuova luce, visto che si parla di elettricità e ora che la nuova legge lo permette, sono ancora pochi i comuni in Italia ad essere a norma. Tra gli altri Milano, Torino, Bologna e pochi altri risultano essere già corsi ai ripari. Di cosa stiamo parlando? Della nuova norma nel Testo Unico dell’Edilizia che impone, entro il 31 dicembre 2017, agli edifici sopra i 500 mq e di nuova costruzione di dotarsi delle famose colonnine di ricarica per le auto elettriche.
La norma si adegua alla direttiva europea 2014/94/UE che stabilisce i nuovi requisiti minimi per la costruzione degli immobili, comprendenti una specifica parte per i punti di ricarica delle auto elettriche. La notizia riprende i recenti proclami di Bruxelles sull’abbattimento delle emissioni inquinanti: entro il 2030 i costruttori dovranno per forza di cose ridurre del 30% le emissioni nocive, e uno dei modi per farlo è appunto quello di sviluppare modelli totalmente elettrici.
La norma prevede l’obbligo di predisporre l’infrastruttura adeguata per l’installazione di colonnine di ricarica su tutti gli edifici residenziali con almeno 10 unità abitative e per gli edifici sottoposti a un restauro di primo livello, ovvero che coinvolga almeno il 50% della superficie lorda.
Il 31 dicembre si avvicina e poche sono le amministrazioni comunali ad aver preso seriamente la nuova norma, perse come sono tra inefficaci blocchi contro gli Euro 4 e grandi confusioni sul traffico e su come gestirlo al meglio. Per curiosità basta andare sui regolamenti edilizi pubblicati sui siti dei singoli comuni per capire se il vostro comune si è già mosso in tal senso.
Ad esempio Milano, che si dimostra ancora una volta sensibile al tema della mobilità sostenibile, prevede già per tutti i nuovi interventi di costruzione/restauro di primo livello l’installazione nei box auto della relativa presa per la ricarica con tanto di contabilizzazione dei consumi. Milano si è quindi già adeguata, come lei Torino e Bologna, mentre per vedere tutti i comuni italiani recepire formalmente la nuova norma ci vorrà ancora del tempo.
Chi non si adeguerà, potrà cadere nel cavillo che impone alla Regione preposta, nel caso in cui le norme non vengano attuate, di intervenire in vece ai comuni e di poter seguire i lavori secondo le proprie regole, ovviamente consone alla normativa italiana.