Dalla fine del secondo conflitto mondiale l’Italia ne uscì distrutta in ogni direzione, dalle infrastrutture alle abitazioni, dalle industrie ai beni artistici e storici. Anche l’animo del paese ne uscì a pezzi, ma è proprio nelle sue profondità che si nascondeva la forza per ricostruire e ricominciare nuovamente a vivere.
Tra le prime urgenze vi fu quella di rimettere in piedi l’apparato industriale, necessario a far girare nuovamente l’economia attraverso il lavoro e di riconvertire dalla produzione bellica le poche fabbriche che si salvarono fortunatamente da bombardamenti e raid nazi-fascisti per produrre qualcosa di utile alla ripresa. Ma riattivare il circuito economico significa permettere ai lavoratori (e non solo) di spostarsi nel modo più efficace possibile, ovvero rapido, sicuro e sopratutto economico. Alcuni risolvono faticosamente con la bicicletta, chi può si rivolge al nascente mercato degli scooter o dei “micromotori”, mentre altri tentano di rimettere in sesto una vecchia Fiat 500 “A” Topolino oppure riescono ad acquistare la serie “B” lanciata nel 1948. Questa però per quanto aggiornata è piccola, con solo due posti veri ed un’estetica ormai superata; serve qualcosa di nuovo.
L’idea di una semplice ed economica vetturetta non tenne occupati solo gli uffici tecnici di case automobilistiche e simili, ma anche realtà insospettabili come la nota fabbrica di armi Beretta. Un’interesse maturato da diverse riflessioni: dopo la guerra il mercato delle armi era poco “ben visto” e non strategico per il paese, la fabbrica e gli operai non potevano fermarsi e il settore dei veicoli faceva chiaramente prevedere margini di guadagno di sicuro interesse, che le ruote fossero due o quattro. Casi emblematici furono quelli della Ducati che passò dalle radio alle motociclette, la Piaggio dagli aerei alla Vespa e la Iso di Bresso che dal mondo degli elettrodomestici si spostò nel 1949 a quello degli scooter con L’Iso 125 “Isoscooter” per poi nel 1953 lanciarsi sul mercato delle microvetture con l’innovativa Iso Isetta.

Moderna e promettente
L’erede di famiglia Pietro Beretta decise di entrare nel settore auto diversificando la produzione pensando ad un modello economico, in grado di trasportare quattro persone e facile da costruire, ma che fosse avanzato come i tempi richiedevano. Ma per un’impresa di buona riuscita occorrevano le giuste teste e i necessari capitali.
Beretta propose l’iniziativa (siamo nel 1946) a Giuseppe Benelli progettista di grande livello che guidava insieme ai fratelli una delle più celebri ed importanti aziende motociclistiche italiane e il conte Guglielmo Castelbarco Albani, possidente e amico dei due. L’idea era semplice: Beretta avrebbe messo a disposizione la struttura organizzativa ed industriale, Benelli le sue grandi doti di progettista e Castelbarco avrebbe messo insieme i capitali.
Nei primi mesi del 1947 il progetto venne avviato ad opera di Benelli sia per il motore anteriore, un bicilindrico a “V” quattro tempi, raffreddato ad aria, 530 cc e 21 CV a 4.000 giri/min, velocità massima di 100 km/h e consumo di 24 km/l che per il telaio, organizzato per ospitare la trazione anteriore e le sospensioni anteriori indipendenti. Il cambio era un quattro marce più retro. Anche la carrozzeria fu definita nel disegno dallo stesso, proponendo una moderna berlinetta a due porte con linea “ponton” con grande abitabilità per quattro, spazio per i bagagli e dimensioni contenute in 4,01 metri di lunghezza, 1,53 di larghezza e 1,46 di altezza; si nota come si fece di tutto per distanziare la nuova nata dalla Topolino di Fiat.
“Invasione di campo”
Vengono predisposti tre telai motorizzati per effettuare i primi test (andati avanti senza intoppi) per allestirli con altrettante vetture differenti per tipologia di carrozzeria: una avrà forme da piccola berlina, un’altra da Giardinetta e la terza da Cabriolet.
I lavori procedono lentamente, ma nel 1950 i prototipi marchiati BBC (dalle iniziali dei tre soci) sono completi e Carrozzati dalla carrozzeria Alberto Rosso di Torino, che segue i disegni di Benelli consegnando la berlina a Beretta, la Giardinetta a Benelli e la Cabriolet a Castelbarco.

Ma la produzione di un così promettente progetto non partì, Beretta sfuggì ad alcune pressanti richieste di Castelbarco a quanto pare messo in guardia da un altolà della Fiat che non vedeva di buon occhio l’invasione di campo. Di fatto il progetto si avviò bene ma proseguendo stancamente e con un interesse calante da parte di Beretta, forse assorbito da una ripresa a pieno ritmo della produzione d’armi e scoraggiato da costi di produzione più alti del previsto. Benelli fece ancora un tentativo al Salone dell’Automobile di Torino del 1952, presentando la sua BBC in versione giardiniera e sotto il marchio F.A.M (Fabbrica Auto Motoveicoli), che aveva fondato insieme ai figli. Ma anche qui l’impresa si fermò.
Dei tre prototipi costruiti rimangono la berlina ancora oggi di proprietà di Beretta e la Giardinetta recuperata dal Museo Morbidelli, della cabriolet invece sopravvive solo il nudo telaio motorizzato.
Autore: Federico Signorelli
One Ping
Pingback:BBC. L’utilitaria tra armi e motociclette – Tutto auto web di Giuliano Latuga