Dopo mesi di polemiche, tavole rotonde e trattative, i sindacati confederali Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm dicono basta e proclamano lo sciopero auto in Italia, previsto il 18 ottobre 2024. Si fermeranno i lavoratori (operai e impiegati) di Stellantis e della filiera automobilistica del nostro Paese. Escluse dall’iniziativa sia Ferrari sia le imprese non legate al Gruppo euro-americano. In parallelo, ci sarà un corteo a Roma che si concluderà a Piazza del Popolo. Obiettivi, difendere occupazione e lavoro, ma anche rilanciare il futuro dell’industria dell’auto nella nostra nazione.
Situazione critica
Si teme il peggio: tagli profondi, disoccupazione dilagante. I sindacati denunciano una situazione sempre più critica: una prospettiva industriale e occupazionale che rischia di essere irrimediabilmente compromessa. In una sorta di effetto domino, le brutte novità provenienti dal Germania e Belgio (che riguardano specie il Gruppo Volkswagen) potrebbero causare uno tsunami per l’industria automotive del Vecchio Continente. Impantanatosi nel bando termico 2035, che non ha creato nuovi posti di lavoro legati all’elettrico, mentre la domanda delle full electric crolla. “Servono investimenti e nuovi modelli. Senza nuovi ammortizzatori sociali per molti stabilimenti di Stellantis e dell’indotto, il rischio di licenziamenti potrebbe investire 25.000 lavoratori”: la denuncia della Fim Cisl.
Le richieste
I rappresentanti del lavoratori chiedono interventi sulle scelte strategiche del settore da parte della Ue, ma anche politiche industriali del governo, nonché impegni industriali seri e coraggiosi di Stellantis e delle aziende della componentistica.
- Le sigle auspicano che Bruxelles stanzi le risorse necessarie per proteggere il settore e accompagnare la transizione con un serio e deciso piano di salvaguardia occupazionale: formazione, ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, sostegno alla riduzione dell’orario.
- I sindacati si rivolgono al governo Meloni, affinché attui un piano strategico con azioni mirate anche per le aziende della componentistica. Sarebbe opportuno che l’esecutivo metta “a disposizione risorse pubbliche, vincolate a precisi impegni di tenuta occupazionale da parte delle imprese. Risorse che non devono essere limitate agli incentivi per l’acquisto di auto, i quali, tra l’altro, nel 2024 non hanno dato benefici alle produzioni nel Paese”.
- Per le sigle, il piano Stellantis dovrebbe prevedere “missioni produttive sufficienti a saturare tutte le fabbriche, nonché investimenti negli enti di ricerca e, più in generale, negli enti centrali”.
- Le tre organizzazioni chiedono a Bruxelles e a Roma di affrontare il problema del costo dell’energia. In quanto ai cinesi che vengano a costruire auto in Italia, è “un’opportunità, se concepito in aggiunta e non in sostituzione dell’attuale presidio industriale. Come avviene in altri Paesi europei, dovrà essere vincolato anche alla partecipazione diretta dello Stato negli asset societari” rispettando i contratti nazionali.
Quel vecchio progetto del governo Meloni
Traballa un po’ il piano dell’esecutivo, per via di mille fattori (fra cui inflazione e mercato al ribasso): far produrre a Stellantis un milione di veicoli l’anno in Italia per il 2030, cui aggiungere 400.000 mezzi di una Casa cinese che costruisca direttamente nel nostro Paese. Dal 2007 al 2024, denunciano i sindacati, la produzione di auto in Italia di FIAT (FCA e Stellantis) è crollata del 70%. Quest’anno, risulta in fortissimo calo: nel primo semestre il 30% di vetture in meno rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. Mentre l’idea della Gigafactory di Termoli è stata accantonata, complice l’andamento del mercato e il dirottamento dei fondi PNNR.
Autore: Mr. Limone