Quale è la Fiat di serie più potente di sempre? Se avete pensato la Coupé avete sbagliato, perché lo scettro appartiene alla Freemont e ai 280 CV del 3,6 litri V6 Pentastar. Ma a parte questo record “scippatogli” dalla fu Dodge Journey, la Fiat Coupé rimane una delle auto del Marchio italiano più belle e affascinanti di sempre.
Era il maggio 1992 e in edicola comparve, sulla copertina di una delle storiche riviste di settore, una ricostruzione veritiera pressoché al 90% della nuova sportiva Fiat disegnata da Chris Bangle che sarebbe poi diventato famoso come capo del design della BMW.
Io ero solo un bambino che amava le auto pur senza capirne granché, ma intuii subito che quella sarebbe stata un’auto dirompente. La Coupé arrivò nelle concessionarie nel febbraio del 1994 e fu subito un successo. Il pianale era quello della Tipo – vero jolly di tutto il Gruppo Fiat per venti anni – la produzione era curata dalla Pininfarina, mentre i motori erano i 2.0 16V Lampredi montati sulle Lancia coeve: aspirato da 140 CV e 180 Nm, turbo da 190 CV e 290 Nm.
Con quasi 14 quintali di massa e la trazione anteriore, pur con l’ottimo lavoro del differenziale anteriore Viscodrive, l’accelerazione da 0 a 100 km/h richiedeva rispettivamente 9,2 e 7,5 secondi, mentre le velocità massime erano di 208 e 230 km/h. Nel 1996, però, arrivano i nuovi 5 cilindri 2 litri e il 4 cilindri da 1,8 litri. Nasce così il mito della Fiat Coupé T20, la cui scheda tecnica recitava 220 CV e 250 km/h di velocità massima, senza dimenticare i soli 6,3 secondi necessari per passare da 0 a 100 km/h.
Insomma, non è la Fiat più potente di sempre, ma è certamente la più veloce, con un minaccioso fondoscala a 280 km/h. Il nuovo 5 cilindri “Pratola Serra” è un vero gioiello: albero di equilibratura controrotante, fasatura variabile delle valvole lato aspirazione, accensione con una per ogni cilindro. Così i 310 Nm di coppia massima arrivano già a 2.500 giri, perché la turbina Garrett TB2810 entra in gioco presto, mentre la potenza massima è a 5.750 giri. Quasi come su un turbo moderno figlio del downsizing.
Anche rispetto alle concorrenti dell’epoca, la Fiat Coupé T20 non sfigurava, anzi. Nelle comparative era più veloce e scattante della prima Porsche Boxster 2.5 e dell’Audi TT quattro da 225 CV, anche se in pista era più lenta di entrambe, sia per la trazione anteriore che per una distribuzione dei pesi sbilanciata oltre il 65% sull’anteriore. Il motore però era davvero una bomba. Aveva anche un tromboncino di aspirazione ad effetto Venturi che partiva della scatola filtro e ad alta velocità creava un effetto di sovralimentazione dinamica. Ma il bello di questo 5 cilindri era anche la rotondità di funzionamento, simile a quella di un 6 cilindri.
Nell’ambiente del tuning, tuttavia, il preferito restava il T16 di derivazione Delta perché più semplice e solido, quindi più adatto alle elaborazioni pesanti, quelle oltre i 300 CV. Il T20 era molto più raffinato ed aumentarne di molto la potenza voleva dire intervenire in profondità e spendere molto, senza contare che in alcuni casi la lubrificazione del quinto cilindro non era perfetta, ma stiamo parlando di potenze oltre i 300 CV.
Tornando alle Fiat Coupé T20 di serie, sono rimaste sul mercato fino all’agosto del 2000 e negli ultimi tre anni di produzione ci sono state altrettante serie speciali. La più affascinante è senza dubbio la Limited Edition del 1998 che è anche numerata: aveva il cambio a 6 marce e l’impianto frenante Brembo con dischi forati e pinze a 4 pistoncini rosse, la barra duomi Sparco, la pedaliera e il poggiapiede in acciaio, i cerchi bruniti e un allestimento interno in pelle nera e rossa traforata che rivestiva il volante, il cambio e i pannelli porta, senza dimenticare i sedili sportivi Recaro e il kit aerodinamico con minigonne e splitter anteriore.
Le altre due sono la 20V Turbo Plus del 1999 e la 20V Turbo M.Y. ’99 sempre del 1999, tutte due sostanzialmente simili alla Limited Edition ma non numerate e senza dettagli rossi. Dopo il 2000 la Coupé è rimasta senza eredi, un vero peccato considerato il suo carico di originalità fatto dalla somma di tanti dettagli, alcuni che sarebbero poi diventati un must della produzione globale, come il pulsante di avviamento.