MotoGP. E’ questa l’attuale frontiera tecnologica della motocicletta. Leghe speciali, elettronica sofisticata, sospensioni intelligenti, prestazioni esagerate. Eppure, analizzando il cuore pulsante delle moto più moderne ed evolute, esso è pur sempre basato sul principio di un cinematismo che trasforma il moto lineare in moto rotatorio sfruttando l’energia di un’esplosione quanto più possibile adiabatica. Alternative ne esistono, ma i costi di sviluppo e poi di produzione, l’indispensabile certezza di successo di un progetto e talvolta cause esterne estranee alla pura tecnica portino le vere innovazioni, tranne casi particolari, ad arenarsi in qualche laboratorio.
Il motore endotermico rotativo, noto come Wankel, ha sicuramente delle enormi potenzialità. Pochi organi meccanici in movimento, tutti rotanti, vibrazioni pressoché nulle e regimi di rotazione elevatissimi sono le chiavi del successo dei motori elettrici oggi tanto di moda. Oggi il Wankel avrebbe vita dura ad affermarsi, certamente più di quasi quarant’anni fa, quando un gruppo di tecnici appassionati e un finanziatore si misero in testa di portare a compimento un’impresa che alla gloriosa Norton, prima della chiusur definitiva, non era riuscita.
L’avventura della Norton Wankel ebbe inizio tanti anni fa, quando la BSA era ancora un colosso nel mondo delle due ruote e poteva permettersi di sviluppare nuovi progetti. La partenza fu un motore Wankel monorotore di 300 cc di cilindrata geometrica prodotto dalla Fitchel&Sachs tedesca, che nel 1960 aveva acquisito i diritti per produrre motori rotativi di bassa e media potenza, raffreddati ad aria. Alla BSA iniziarono a studiare quel motore cercando di ottimizzarne il raffreddamento per aumentare le prestazioni con una buona stabilità termica. Si passò presto a un raddoppio della cilindrata accoppiando due rotori e raggiungendo prestazioni assai promettenti.
Purtroppo l’ambizioso progetto, passato nel frattempo nelle mani della Norton, di produrre una moto di alte prestazioni col motore Wankel da contrapporre ai giapponesi si arenò per effetto del collasso dell’industria motociclistica inglese, avvenuta alla metà degli anni ’70. Tuttavia un piccolo ma tenace gruppo di tecnici, pur con pochissime risorse a disposizione portò a compimento la realizzazione di un interessante prototipo di una Norton con motore rotativo raffreddato ad aria, destinata alla forze di polizia inglesi. Tra il 1979 e il 1983 oltre un centinaio di Interpol entrarono in servizio fornendo utili indicazioni ai progettisti sulle possibili difettosità e i punti deboli di un motore da molti considerato non industrializzabile. Alla versione per la polizia fece seguito quella stradale, la Classic, che costruita in soli 100 esemplari fu commercializzata tra il 1987 e il 1988 ed è oggi un ambito pezzo da collezione.
La sfida scende in pista
Fu Brian Crighton che per primo intuì le potenzialità del Norton Wankel su una moto da corsa. Senza preoccuparsi troppo del calcolo della cilindrata (che è stato da sempre oggetto di accese discussioni che, pur sacrosante, all’epoca non esistevano nel confronto tra un quattro tempi e un due tempi di pari cilindrata) e a titolo pressoché personale Crighton partì da una Interpol incidentata per testarne le potenzialità in assetto sportivo. Per aumentare ancora la potenza, egli inventò un ingegnoso sistema di circolazione forzata dell’aria di raffreddamento che anziché essere aria fresca destinata ai carburatori (e che riscaldata diminuiva il rendimento del motore) era aspirata dalla depressione generata in un tubo venturi ricavato nella parte terminale del tubo di scarico.
L’alimentazione dei carburatori tornava ad essere convenzionale, con l’aria fresca prelevata nella parte frontale della carenatura tramite due prese dinamiche che sortivano anche un leggero effetto di sovralimentazione. Queste modifiche consentirono di raggiungere la potenza di 120 CV, sufficiente a convincere i responsabili della Norton ad autorizzare il proseguimento di questa promettente ricerca. Il motore su montato in un moderno telaio Spondon d’alluminio che sostituì l’originale monoscocca in lamiera stampata derivato dal modello stradale. Al timido debutto sportivo del 1987 seguì, la stagione successiva, un impegno più consistente grazie anche al supporto di sponsor tecnici come la Duckham Oil, la Renold Chain, la Dymag Wheels, la Dunlop e la Amal.
Ma l’impulso decisivo al progetto venne quando la John Player Special, sponsor tabaccaio della Lotus, vide in quella moto un buon mezzo pubblicitario. La livrea nera, argento e oro simile a quella che aveva reso famose le Lotus di Mario Andretti ed Emerson Fittipaldi negli anni ‘70, fino alle prime vittorie del grande Ayrton Senna nel biennio 1985/86 apparvero sulle moto di Crighton, che ebbe un budget tale da creare un vero reparto corse, strutturato e con un preciso programma di lavoro. Le quattro RCW588 (questa la sigla delle nuove moto) dei piloti Steve Spray e Trevor Nation erano seguite da un paio di meccanici e ben presto il motore può finalmente essere raffreddato a liquido.
Nel maggio del 1989 arriva la prima importante vittoria per la Norton. A Mallory Park, presente una folla record (incluso il sottoscritto) l’attesa è massima per la gara di campionato inglese F1 dove il favorito è il pilota del mondiale Superbike Terry Rymer con la Yamaha YFZ1000. In una gara epica, col pubblico in delirio a ogni passaggio, la Norton di Steve Spray taglia per prima il traguardo, compiendo veri e propri miracoli per tenere dietro Rymer. Quella vittoria non fu però casuale. Delle cinque corse seguenti la Norton ne vinse quattro portando alle stelle l’interesse del pubblico e della stampa su questo piccolo team. Dopo un TT sottotono, la rivincita a Donington, con Spray davanti a Fogarty e Jamie Whitham, e Nation quarto. A fine stagione la Norton di Steve Spray domina il campionato inglese F1 davanti a Yamaha (T. Rymer), Honda (C. Fogarty) e Suzuki (J. Whitham). La Norton domina anche la Shell Oils Supercup con Steve Spray che precede Rymer e Fogarty con Trevor Nation quarto.
Questi successi danno grande impulso alla squadra che per il 1990 compie l’importante passo di cambiare il fornitore di pneumatici. La Dunlop viene sostituita dalla Michelin i cui radiali soddisfano subito i piloti, e anche il telaio subisce una buona messa a punto grazie alle cure di Ron Williams, uno specialista proveniente dalla Honda Britain, portato alla Norton dal nuovo team manager Barry Symmons. Trevor Nation vince il campionato inglese di F1 e al TT si classifica sesto nella F1 e secondo alle spalle di Fogarty nel Senior, la gara più prestigiosa.
Nell 1991 Brian Crighton lascia la squadra per dedicarsi allo sviluppo della Roton: evidentemente, come tutte le persone speciali, non riesce a convivere in una organizzazione in cui tutti i ruoli sono ben definiti. Con lui lascia la squadra Steve Spray, rimpiazzato da Ron Haslam. Dopo i primi test nasce così la NRS588, la cui ciclistica, realizzata dalla Harris, consiste in una struttura a doppio trave di alluminio disegnata da Ron Williams seguendo le indicazioni di Haslam. La forcella anteriore è una White Power, i cerchi PVM da 17”, le pinze freno Lockheed a quattro pistoncini agiscono su dischi di diametro 310 mm. Il motore resta ancora il birotore raffreddato ad acqua ma la trasmissione primaria passa da catena a cinghia dentata.
I carburatori, originariamente Amal e poi Mikuni, diventano dei Keihin da 35 mm a valvola piatta. C’è anche un sistema di acquisizione dati. Sella e carenatura sono in fibra di carbonio; il peso complessivo, intorno ai 135 kg è vicino al limite delle 500 GP.
Nel 1992 continua la collaborazione con la John Player che però ha in programma la partecipazione al campionato F1 ma non al TT. Per fare questo ci pensa Steve Hislop che con uno sponsor (la ABUS) prepara una moto sia per la F1 sia per il Senior TT dove incontrerà il favorito di entrambe la classi Carl Fogarty. Il capolavoro di Hislop è nel Senior, dove batte Foggy per soli 4,4 secondi a media record. Una vittoria entrata nella storia del TT.
Nel 1993 la John Player esce di scena e le sorti del team sono affidate a Colin Seeley, il famoso ex sidecarista e costruttore di telai, che trova nello sponsor Duckhams il supporto per proseguire l’avventura. Pilota di punta è Jim Moodie. I successi non mancano, ma i giorni per il motore rotativo sono contati. Il regolamento inglese, fino ad allora piuttosto permissivo riguardo il calcolo della cilindrata del Wankel non può a lungo non considerare il fatto che le 750 giapponesi sono indubbiamente svantaggiate rispetto al birotore inglese.
Per il 1995 la ACU adotta il regolamento internazionale della Superbike. E le Norton sono fuori. Seeley continua la sua carriera di team manager alla Honda, per guidare il team Castrol nel campionato Superbike con le RC45.
Così il motore Wankel torna nei ranghi, ma saranno proprio i giapponesi, stavolta su un’auto da corsa, a riscoprire le sue potenzialità. Ma la storia del birotore Mazda ve la racconteremo un’altra volta…